Il Mio Corpo Che Cambia

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    Il Mio Corpo Che Cambia



     

     

    È il mio corpo che cambia

    nella forma e nel colore è in trasformazione

    È una strana sensazione

    In un bagno di sudore è il mio corpo che cambia

    e cambia... e cambia... e cambia...e cambia

     

    Il ritornello di questa splendida canzone dei Litfiba, anche se è "solo" di vent'anni fa, è praticamente perfetto come incipit per questa storia che sto per raccontarvi. Mi chiamo Alfredo. O almeno, un tempo mi chiamavo così. Confusi? Lasciate che vi spieghi. Ehm-ehm... dicevo, mi chiamo/chiamavo Alfredo ed ero un ragazzino come tutti gli altri. Andavo a scuola, amavo le stesse cose dei miei coetanei e tutte quelle cose lì. Un mese dopo il mio quattordicesimo compleanno, però, accadde qualcosa perfino peggiore di quello che succede al signor Gregor Samsa nel libro La Metamorfosi. Sì esatto. Trovarsi una mattina trasformati in uno scarafaggio lo trovo molto più normale di quello che è successo a me. Rendetevi conto. Sì, scusate, sto divagando. Dicevo, quella mattina mi svegliai come al solito e mi diressi al bagno. Feci le mie cose quando a un certo punto, dopo essermi lavato la faccia e guardato allo specchio, notai qualcosa di molto strano. Due vistosi bozzi all'altezza del mio petto. Senza pensarci due volte, sollevai la maglia del pigiama e lo vidi. Era un seno. era palesemente un seno. Da quattordicenne, ok, ma sempre un seno. La prima cosa che mi venne in mente fu una battuta di Homer Simpson quando vede Üter a petto nudo:

    "Ah, ah, ah, ah, ah! Quel bambino ha le tettine! Chi ha un asciugamano bagnato?"

    C'era solo un piccolo problema. Le "tettine" di Üter erano chiaramente indice di grassezza. Invece io non ero affatto grasso. Ero snello e di aspetto ricordavo vagamente l'attore di Harry Potter, soprattutto a causa degli occhiali e il taglio di capelli. La battuta di Homer, tuttavia, mi rimase in testa come un chiodo fisso. Il timore che sarebbe successa la stessa identica cosa, compreso l'essere rincorso nello spogliatoio dagli altri ragazzi armati di asciugamani, mi terrorizzò. Poi, però, realizzai che la scuola era finita da pochi giorni, e infatti era giugno e non mi ero svegliato al solito orario scolastico, ma erano le 9:10, per cui tirai un enorme sospiro di sollievo. Che durò pochissimo, non appena pensai che tutto ciò sarebbe potuto accadere a settembre, durante il primo giorno di scuola superiore.

    -M... mamma!- dissi con un filo di voce.

    Dato che non ottenni risposta, dovetti vestirmi e andai in cucina. Mamma mi salutò, dopodiché anche i suoi occhi caddero inevitabilmente su quei maledetti bozzi così dannatamente visibili. 

    -Cosa hai messo lì davanti? Vuoi fare uno scherzo ai tuoi amici?-

    -Ehm... veramente... ehm...-

    -Cosa?-

    Senza dire nulla, sollevai la maglia. M'immaginai mia madre esclamare un "ma che ooooh" in puro stile Germano Mosconi e invece non disse assolutamente nulla. La sua espressione facciale, però, parlava chiaramente da sola.

    -Quelle... quello... quello è un seno?-

    -Così sembra...- dissi io.

    Si avvicinò e si mise a palparlo per un attimo. Vi dirò, nonostante fosse mia madre a farlo, la sensazione era particolare.

    "Forse è così che si sente Ranma, quando diventa femmina!"

    -Abbiamo bisogno di aiuto! Il dottor Belli ci aiuterà!- disse mia madre.

    -Dici?-

    -Dico!-

    -Vabbè! Andiamo!-

    Lo studio del dottor Paolo Belli, omonimo di un buffo cantante, era al piano terra del nostro palazzo. Che fortuna, vero? Quando arrivammo c'erano già tre persone in attesa.

    -Torna a casa. Quando ti faccio uno squillo al cellulare, significa che la strada è libera e quindi puoi venire!-

    Mia madre era molto comprensiva e aveva capito subito il mio disagio. Quando, appunto, la sala d'attesa si svuotò, ricevetti lo squillo, potei scendere ed entrai in studio con lei.

    -Buongiorno Laura e Alfredo!- disse il dottore.

    Ci chiamava per nome perché ormai ci conosceva da anni. Era calvo e con il pizzetto grigio.

    -Buongiorno dottore!- dicemmo io e mamma all'unisono.

    -Ditemi!-

    -Ecco... abbiamo un problema!- disse mamma.

    -Sono qui per questo, no?-

    -Sì, beh, non è un normale malanno, dottore!-

    Mamma si girò verso di me e mi fece cenno con la testa. Io deglutii e alzai la maglia. Anche il dottore rimase con gli occhi sbarrati. Ebbe praticamente la stessa espressione che aveva fatto mia madre. In fondo, come cantavano sempre i Litfiba: non è facile guardare in faccia la trasformazione.

    -Com'è possibile una cosa simile, dottore?-

    -Mmmmh... avete mai letto il romanzo Niente Di Vero, Tranne Gli Occhi di Giorgio Faletti?-

    -Ce l'ho, ma ancora non l'ho fatto! Perché?-

    -Nel libro c'è un personaggio, non è tra i protagonisti, ma ha comunque a che fare con uno dei due principali, chiamata Lysa Guerrero. A un certo punto, "lei" narra che a quattordici anni inizia a crescergli il seno e, a causa della natura bigotta del padre, viene cacciato di casa perché considerato un grave peccato!-

    Nel sentire questo, mi chiesi se quel bastardo di mio padre, che aveva abbandonato mia madre dopo che gli disse di essere incinta, mi avrebbe trattato allo stesso modo. Anzi, credo che avrebbe fatto proprio così, data la sua natura bastarda. Se uno nasce tondo, non può morir quadrato, dice il detto, per cui se uno nasce maledetto, non può morire santo.  

    -Allora è davvero una cosa fattibile! E io che credevo che Ermafrodito fosse solo una figura mitologica. Ma le cause? Cioè... cosa scatena tutto ciò?-

    Il dottore rimase in silenzio a lungo. Come se cercasse una risposta, ma senza successo.

    -Mi spiace... non so darti una risposta! O comunque una risposta valida!-

    -Va bene, allora... cosa suggerisce di fare?-

    Il dottore tornò a riflettere. Ci mise molto meno tempo a rispondere stavolta.

    -Ridurre il seno non si può, purtroppo. L'unica soluzione che ho in mente, però, non vi piacerà!-

    -Siamo tutte orecchie, dottore!- intervenni io.

    Quando ci disse la sua idea, io gridai il mio dissenso così forte che credo si sia sentito perfino in Cina.

    -Hai altre idee?- domandò il dottor Belli.

    Io non gli risposi. Mi ritrovai ad abbassare lo sguardo.

    -N... no...- dissi amareggiato.

    -Mi dispiace, ma dovrai dire addio alla vita che conducevi un tempo! Purtroppo, non ci sono altre alternative!-

    -In pratica… dovremo trasferirci!- disse mia madre.

    Il dottore annuì. Io la guardai con aria supplicante, ma non servì a niente. Il giorno dopo, così, rapidamente come una passata di spugna, ci ritrovammo in macchina diretti verso Roma lasciandoci Morlupo, in cui ho vissuto per quattordici anni, alle spalle. Trovare un appartamento fu piuttosto semplice. E anche trovare lavoro, per mia madre, fu piuttosto facile. E io invece fui costretto a restare tappato in casa per non essere visto dagli altri condomini. Almeno, finché l’idea del dottor Belli non si fosse concretizzata. Qual era questa, aggiungiamo folle, idea? Avrei dovuto cominciare a vestirmi, muovermi, comportarmi, e perfino parlare, come una ragazza. I miei capelli erano già un po’ lunghi, quindi a settembre sarebbero cresciuti quel tanto che bastava per creare la giusta illusione, senza dover ricorrere ad inutili parrucche. Fin lì c’eravamo, ma il pensiero di dovermi vestire da ragazza, comportarmi e parlare come loro, m’inquietava.

    -Lo so caro, ma è per il tuo bene! Viviamo in un mondo schifoso, purtroppo, in cui i diversi vengono scherniti!- disse mamma.

    Che rabbia che mi faceva questa cosa. E così, mi ritrovai a passare l’estate a guardare tutorial su tutorial in cui insegnavano a “femminilizzare” la voce e altri per capire bene gli atteggiamenti femminili. Per tutto luglio imparai bene e, quando i capelli arrivarono fino alle scapole, diventai una ragazza a tutti gli effetti. Con un qualcosa in più, ok, ma sempre femmina ero. Il sosia di Harry Potter era completamente sparito. Imparai perfino a fare sempre la pipì da seduto e cambiai il mio nome in Irene. Una volta detto addio ad Alfredo, e assunta questa nuova identità e quindi iniziando a farmi vedere dagli altri inquilini, io e mia madre partimmo per passare tutto agosto in montagna. Giunto settembre, iniziò scuola. Il mio primo anno di superiori, non più come maschio, ma come “femmina”. Tra virgolette perché non lo ero, ovviamente, al 100%. Fortunatamente, non dovetti mai mettere gonne, a scuola non erano permesse, quindi tirai un sospiro di sollievo per questo. Il primo giorno di scuola passò bene. Certo, per un paio di volte entrai per sbaglio nel bagno dei maschi, uscendone subito, ma per fortuna nessuno notò i miei sbagli. Passarono due anni. Ormai ero un sedicenne. No, scusate, volevo dire che ormai ero una sedicenne. Come era già accaduto all’asilo, alle elementari e alle medie, anche alle superiori mi feci molte amiche. Non so come mai, ma ho sempre avuto più amiche che amici. Il mio compleanno cascava in aprile, quindi passato maggio, giunse la fine della scuola e l’inizio dell’estate. Il mio appartamento si trovava a pochi passi da Via Ottaviano dove spesso andavo a La Feltrinelli a fare acquisti di CD o libri, ma soprattutto CD, perciò anche quel giorno decisi di farci un salto come al solito. Mi misi dei pantaloncini jeans, i sandali, una maglia a maniche corte dell’Adidas nera e non appena uscii, la porta di fronte a me si aprì e uscì Marco, mio coetaneo e compagno di scuola. Lui era di un’altra classe ed era corvino con gli occhi verdi. Il primo giorno di scuola, quando uscii di casa, lui uscì contemporaneamente dalla porta di fronte e quando mi vide arrossì. Capii subito che era una ragazzo molto timido. Infatti, era proprio così, ma lo era soprattutto con le ragazze, perché con i maschi, invece, parlava tranquillamente. Ci ritrovammo a dirigersi insieme verso la fermata dell’autobus praticamente senza dirci una parola. Fu una volta saliti sul mezzo che lui aprì finalmente bocca.

    -C… ciao! Mi… mi chiamo Marco. Tu?-

    Gli sorrisi.

    -Irene!-

    Non dicemmo altro e ognuno andò nella propria classe. Ci rincontrammo a ricreazione, ma a causa della timidezza non riuscì a spiccicare una parola. Solo quando tornammo sull’autobus riprese coraggio e chiacchierammo un po’ del più e del meno. Sapete, le solite cose che si dicono per rompere il ghiaccio: che musica ascolti, ti piacciono i videogiochi ecc. ecc. Insomma, diventammo subito amici.

    -Ciao, Marco!- lo salutai.

    -C… ciao Irene!- disse arrossendo.

    Indossava pantaloncini neri e una maglia bianca a maniche corte della Puma. Sorrisi pensando che entrambi indossavamo due capi d’abbigliamento dei due fratelli Dassler.

    -Dove… dove vai di bello?- mi domandò.

    -A La Feltrinelli! Vuoi venire con me?-

    Se prima era arrossito leggermente, quella domanda lo fece diventare un peperone e un pomodoro fusi insieme.

    -V… volentieri!-

    Come avevo detto, Via Ottaviano era a pochi passi dal nostro palazzo, quindi andammo a piedi. Una volta lì, ci separammo. Io andai al reparto musica, mentre Marco andò nella sezione libri. Non trovai molto, perché io tutt’ora non seguo le mode del momento, ma gruppi di nicchia e non sempre si riescono a trovare nei negozi. E non parliamo di Amazon. Se si trovano, i prezzi sono davvero da denuncia. Comunque, mi avvicinai a Marco che stava ancora cercando un libro. Non appena i suoi occhi incrociarono i miei arrossì inevitabilmente.

    -Hai… hai trovato quello che cercavi?-

    -Qualcosa sì!- dissi mostrandogli tre CD, che avevo in mano, degli Ancient Bards.

    -Che genere fanno? Scommetto Metal!-

    -Hai indovinato, amico mio!- dissi sorridendo.

    -Capisco! E da dove vengono? Svezia? Norvegia o…?-

    Sorrisi.

    -Italia!-

    -Eh? Sono italiani?-

    -Sì!-

    -Wow!-

    Sorrisi di nuovo. Comunque, al contrario di me, Marco non trovò nulla e tornò a  casa a mani vuote. Mentre eravamo nell’ascensore mi domandò:

    -Cos’altro farai oggi?-

    -Che giorno è?-

    -Mercoledì!-

    -Guardo il wrestling allora. Come ogni mercoledì! Dovresti saperlo ormai!-

    -Già è vero!-

    Eravamo quasi arrivati al nostro piano, quando Marco fece un sospiro.

    -Posso… posso chiederti una cosa?-

    Era diventato rosso in volto come suo solito.

    -Certo!- risposi.

    -Vuoi… ehm…-

    -Mh? Cosa?- 

    -Vuoi… vuoi essere…-

    Fece una pausa, sospirò di nuovo, chiuse gli occhi, mi prese la mano sinistra e disse:

    -Vuoi essere la mia fidanzata?-

    Quelle parole mi fecero rabbrividire. Era un brivido ovviamente di pura paura, ma al tempo stesso anche di piacere perché avvertii il mio pisello eccitarsi un po’. Non così tanto da indurirsi, ma comunque si stava svegliando piano piano.

    -Sono…-

    Deglutii.

    -Sono lusingata. Dico davvero! Ma… non posso essere la tua fidanzata!-

    Marco riaprì gli occhi e, dopo avermi lasciato la mano, la delusione si dipinse in un attimo sul suo volto.

    -P… perché? Sono brutto come pensavo, vero?-

    -Ma no! Non è per quello. Poi, perché dici di essere brutto?  Sei molto carino, invece!-

    lo rassicurai.

    E in fondo era vero. Lo trovavo molto carino. Esatto. Mi piacciono molto i maschi. Ora vi spiego come lo scoprii. Quando ero  ancora Alfredo, e avevo dodici anni, un giorno non andai a scuola a causa di un’influenza. Per ammazzare il tempo, decisi di riguardarmi qualche vecchia videocassetta, sì all’epoca esistevano ancora, e scelsi Bianca E Bernie Nella Terra Dei Canguri. All’inizio del film, si vede Cody, il bambino protagonista, a petto nudo e quella visione, benché fosse semplicemente un cartone animato, mi provocò un’erezione. Mi ritrovai così a riavvolgere la scena, mettere pausa e restare con lo sguardo fisso su quel petto che trovavo molto eccitante. Successivamente, quando andai in vacanza in Sardegna, vedere gli altri miei coetanei in costume mi eccitava moltissimo e fu così che capii qual era il mio orientamento sessuale. 

    -E allora perché…-

    -Perché ho un problema, d’accordo? È questo il motivo!-

    Marco rimase un attimo in silenzio. Poi disse:

    -Sei… sei malata?-

    -No, sono sana come un pesce!-

    Tornò a riflettere.

    -Ah, ho capito! Avrei dovuto pensarci!-

    -Eh?-

    -Sei lesbica. Ecco perché sei sempre circondata da ragazze!-

    Notai che la sua delusione stava crescendo sempre più. A me, invece, stava seriamente per scappare da ridere, ma riuscii miracolosamente a restare serio. L’ascensore si fermò e le porte si aprirono. Uscii di corsa dirigendomi alla porta di casa seguito da Marco che si fermò davanti alla sua.

    -Non mi hai risposto… significa che ci ho preso?-

    -Non sono lesbica!- gli dissi, dopodiché entrai in casa velocemente e chiusi la porta senza neanche salutarlo.

    -Sono gay, però!- dissi sussurrando.

    Rimasi con la schiena poggiata alla porta. Tremavo come una foglia e sentivo il pisello ingrandirsi.

    -Bentornata!- disse mamma.

    Ormai anche lei si era abituata a rivolgersi a me al femminile.

    -Ciao, mamma!- dissi io raggiungendola in cucina.

    -Hai fatto compere?-

    -Già! Ora vado a vedere se funzionano, altrimenti li restituisco!-

    -Hai incontrato Marco?-

    Sussultai, ma siccome era intenta a tagliare le verdure non lo notò.

    -Certo e siamo anche andati alla Feltrinelli insieme!-

    Mia madre mi sorrise e tornò alle sue faccende. Io mi diressi in camera mia e mi misi a testare i CD appena comprati. Una volta finito il test, prima di guardare il wrestling su internet, andai in bagno e, mentre ero seduta sul water, tornai a pensare a Marco che mi teneva la mano. Il pisello si eccitò e iniziai a masturbarmi pensando a lui.

    “Chissà se sta facendo anche lui la stessa cosa pensando a me… ma ne dubito. Era davvero molto deluso! Non oso pensare a come reagirebbe se solo sapesse…” pensai.

    Il giorno dopo uscii e andai a fare una passeggiata. Inevitabilmente, dopo quello tornai alla Feltrinelli, anche se stavolta non avrei comprato nulla dato che non avevo soldi con me. Fui fortunato, comunque, perché non trovai niente d’interessante. Mi diressi verso l’uscita, quando mi si parò davanti Marco. Quel giorno, io indossavo una maglia estiva color verde acqua e dei pantaloncini blu, mentre lui aveva una maglia estiva rossa e pantaloncini bianchi.

    -Marco! Scusa se ieri sono andata via senza salutarti…- dissi subito.

    -Non importa! Senti… possiamo parlare?-

    Avevo già capito dove voleva andare a parare.

    -D’accordo, ma in un posto più tranquillo!-

    -Vieni a casa mia! Non c’è nessuno. Sai che mia mamma lavora!-

    -Perfetto!-

    Così andai a casa sua. Una volta dentro ci sedemmo sul divano nel salone.

    -Vuoi qualcosa da bere?- mi domandò.

    -Acqua del sindaco, grazie!-

    -Arriva subito!-

    Si alzò e andò in cucina. Tornò con due bicchieri pieni d’acqua del rubinetto. Una volta seduto di nuovo, bevemmo e poi rimanemmo zitti per non so bene quanto tempo. Quando decisi di parlare, lui mi anticipò  rompendo per primo il silenzio.

    -Stanotte non ho chiuso occhio! Ho continuato a  pensare a quello che mi hai detto! Se non sei lesbica e non mi trovi brutto, quale altro motivo c’è? Sei anche tu una di quelle da “Friendzone”? Cioè mi vedi solo come un amico?-

    Scossi la testa.

    -Niente di tutto ciò! Solo che… è difficile da spiegare! O meglio, non so come reagiresti se…-

    -Se? Cosa?-

    Mi morsi la lingua mentalmente. La frittata ormai era fatta.

    -Se sapessi che io ho un segreto?-

    -Uh? Un segreto?-

    -Conosci quella canzone che dice: Donne, oltre le gambe c’è di più? Ecco, quello è il mio caso!-

    -E cosa c’è di più? Hai per caso il pisello?-

    Lo disse ridendo, chiaramente per fare una battuta. Peccato che aveva indovinato in pieno e infatti io non risi affatto e continuai a guardarlo con serietà. A quel punto smise di ridere. Così, presi la mia decisione, con tutti i rischi del caso: mi alzai, gli diedi le spalle, mi abbassai leggermente i pantaloncini e le mutande, quel tanto che bastava per liberare il pisello e mi rigirai mostrandoglielo. Lui rimase a guardarlo, ovviamente, a bocca aperta, ma ciò che disse mi sorprese:

    -Lysa Guerrero!-

    Anche lui aveva letto Niente Di Vero Tranne Gli Occhi, ma non si sarebbe mai aspettato gli capitasse una cosa simile a quella del protagonista del romanzo. Un po’ come me, del resto.

    -Quindi… sei come “lei”? Cioè che ti sei svegliato una mattina che eri un maschio… ma con il seno?-

    Annuii e, nel mentre, risistemai le mutande e i pantaloncini.

    -È stato il nostro medico, il dottor Paolo Belli, a consigliarmi di dire addio ad Alfredo e diventare Irene. Il nome, ovviamente, l’ho scelto io!-

    -Tua madre come la prese?-

    -Non bene, all’inizio. L’idea di farmi cambiare identità non le piaceva affatto. Neanche a me, ovvio, ma purtroppo fummo costretti dalla necessità e dovemmo anche trasferirci!-

    -Dove vivevi prima?-

    -Morlupo!-

    -La conosco di nome. Non ci sono mai stato!-

    -Comunque, questo è quanto!- conclusi.

    Rimanemmo in silenzio per circa un minuto, poi Marco mi chiese:

    -Secondo te, se tuo padre non se ne fosse mai andato, come avrebbe reagito a tutto ciò?-

    -Conoscendolo, sarebbe scappato come il coniglio senza palle che è!-

    -Mpf! Già! Ho fatto una domanda sciocca! Scusa!-

    -Nessun problema, amico mio!-

    Tornammo a restare in silenzio. Nessuno dei due sapeva più  che cosa dire. Dopo aver riflettuto un po’, decisi di dire una cosa, ma Marco mi anticipò:

    -Ho un’ultima domanda!-

    -Ok!-

    -Ti piacciono i maschi o le femmine?-

    La domanda mi fece sorridere. Era proprio quella che volevo fargli io.

    -A te?- chiesi.

    -L’ho chiesto prima io!-

    -Giusto!- dissi ridendo.

    Decisi di dargli una degna risposta. Mi avvicinai a lui e lo colsi di sorpresa con un bacio. La sua espressione fu, ovviamente, di sorpresa e pian piano si lasciò trascinare dal piacere chiudendo gli occhi e rilassandosi completamente. Una volta finito, mi accarezzò i capelli.

    -Mi togli una curiosità?- mi chiese.

    -Certo!- dissi io.

    -Hai mai pensato di metterti una gonna?-

    Sorrisi divertito.

    -No! E non m’importa se, come dice Timmy Turner di Due Fantagenitori, è comoda! Preferisco i pantaloni!-

    -Capisco!-

    Detto questo, tornammo a baciarci con ancora più passione di prima. Era bellissimo. Così bello che sentii il mio pisello gonfiarsi sempre più. A un tratto, sentii la mano di Marco sul mio membro, e iniziò a massaggiarlo. Perciò anch’io, istintivamente, iniziai a fare lo stesso.

    -È molto… eccitato!- disse.

    -Anche il tuo!- dissi sorridendo.

    -Posso… ehm…-

    -Mh?-

    -Posso rivederlo?-

    Senza dire niente, mi tolsi i sandali seguiti dai pantaloncini, le mutande e rimasi in piedi davanti a lui con il pisello, bello dritto e pulsante, al vento. Il suo sguardo era colmo di fascino. Lo stesso che si ha quando si guarda un concerto o una qualunque cosa di meraviglioso. Sì, anche le partite di calcio, ma non avrei dovuto dirlo. Io odio il calcio. Comunque, Marco tornò sulla Terra dopo circa un paio di minuti in cui era rimasto fisso a guardarmi e mi chiese:

    -Posso toccarlo?-

    Io sorrisi ed annuii. Marco allungò la mano, che era un po’ tremante per l’emozione, afferrò il mio gingillo e iniziò a masturbarlo. Io ebbi un brivido e gemetti per l’eccitazione. Non durò molto la cosa, però, perché s’interruppe abbastanza in fretta.

    -P… perché ti sei fermato?-

    La cosa mi fece subito pensare male. Credevo avesse avuto un rapido ripensamento.

    -Andiamo in camera mia! Penso sia meglio!- mi disse.

    Sospirai mentalmente e poi presi sandali e indumenti.

    -Rimettiteli. Voglio ricominciare da capo, e soprattutto, come si deve!-

    Sorrisi e mi rivestii. Una volta in camera sua, tornammo a baciarci appassionatamente e ci buttammo sul letto proprio come due innamorati. Mentre eravamo intenti nelle nostre effusioni, Marco infilò la mano destra nella mia maglietta e una volta raggiunto il seno iniziò a palpare. Mugugnai di piacere e, soprattutto, tutto ciò mi rendeva molto felice. Dopo poco, smise di palpare, mi sollevò la maglietta togliendomela di dosso e, dopo avermi sorriso, iniziò a succhiarmi il capezzolo sinistro. Inutile dire che la cosa mi eccitò così tanto che il gemito che ne seguì fu molto acuto. Ma proprio tanto. Se fossimo stati in una grotta, probabilmente, si sarebbe sentito l’eco. Lo fece per alcuni secondi, dopodiché passò anche all’altro.

    -Uh… aaaah…-

    Smise di succhiare e mi leccò un po’ l’ombelico, dopodiché rimase a fissare il bozzo che vedeva nei miei pantaloncini.

    -È ora di liberare il prigioniero. Sei d’accordo?- mi chiese.

    Io non gli risposi perché ero impegnato ad ansimare.

    -Chi tace acconsente!-

    Mi sfilò via pantaloncini e mutande e rimase a contemplare il mio attrezzo.

    -Bellissimo!- disse.

    Iniziò a leccarlo, insieme ai testicoli, come si fa con il gelato, dopodiché se lo mise in bocca. Inutile dire che questo mi fece alzare la testa al cielo ed emettere un piccolo urlo.

    -Scu… scusa… ti ho fatto male?- disse togliendoselo velocemente.

    Io lo rassicurai sorridendogli.

    -Non era un grido di dolore, ma di sorpresa! Continua pure e… scusa per lo spavento!-

    -O… ok… grazie!-

    Riprese da dove aveva lasciato e il piacere crebbe sempre di più. Pochi minuti dopo, avvertii lo stimolo.

    -M… Marco… sto per ve…-

    Eiaculai nella sua bocca e lui ingoiò sorridendo felice.

    -G… grazie! Tocca a te, ora!- mi disse.

    Io gli sorrisi. Gli sfilai i pantaloncini, le mutande e la maglia e rimasi a guardargli un po’ il pisello, poi iniziai anch’io a leccarglielo, esattamente come aveva fatto lui, e poi anch’io me lo misi in bocca. I suoi gemiti erano la miglior musica che avessi mai sentito. Non passò molto che, all’improvviso, Marco mi sorprese:

    -Fermati!- mi disse.

    Io sorpreso, incuriosito, ma soprattutto preoccupato da questa richiesta, ma comunque mi fermai e tolsi il pisello dalla bocca.

    -Che… che succede?-

    -Posso… posso metterti il pisello in mezzo al tuo seno?-

    Gli sorrisi, mentre la preoccupazione che mi aveva assalito mi scivolò di dosso, e mi stesi supino in attesa che lui posasse il suo pisello tra le mie tette. Lui si avvicinò a me gattonando dopodiché posò il suo bel pisello in mezzo al mio seno. Mi stavo per preparare a farlo godere, quando mi fece notare una cosa giusta:

    -Togliti gli occhiali! Rischi di sporcarli!-

    -Hai ragione!- gli dissi sorridendo e li tolsi poggiandoli sul comodino accanto al letto.

    Fatto questo, finalmente tutto fu pronto e iniziai a strofinare il suo pisello con il mio seno.

    -S… stupendo… Al… I… Irene…- disse gemendo.

    Mi scappò da ridere, ma non dissi nulla sul fatto che mi stava per chiamare Alfredo.

    -Sono davvero felice ti piaccia!-

    Marco continuò a gemere per alcuni minuti, quando mi disse:

    -Sto… venendo… Irene…-

    -Vieni pure! Voglio vederti, mentre lo fai!-

    Il suo pisello schizzò e il suo caldo sperma, così caldo che mi sembrò quasi scottare, mi finì in faccia e iniziai a leccarlo o a prenderlo con le dita e mettendomele in bocca.

    -Mmmh… buono!- dissi.

    Marco mi sorrise e tornammo a baciarci con passione. A un tratto, le sue mani iniziarono a palparmi il sedere e m’infilò il dito indice nel foro facendomi sussultare.

    -Ah! Porcellino!- gli dissi ridendo.

    Marco mi guardò arrossendo come suo solito. Io capii al volo, gli diedi un bacino sulla guancia e mi stesi supino davanti a lui allargando bene le gambe.

    -È questo che vuoi, no? Allora non indugiare!- gli dissi.

    Marco deglutì e tremò per l’emozione.

    -V… veramente?-

    Io annuii sorridendo. Marco avvicinò il pisello al foro, ma senza penetrarmi.

    -A… allora… allora vado?-

    Gli sorrisi di nuovo.

    -Vai!-

    Marco, allora, mi penetrò e io emisi un urlo a denti stretti.

    Cos'è cos'è questa sensazione, è come un treno che mi passa dentro senza stazione!” pensai citando di nuovo la canzone dei Litfiba.

    -I… incredibile… è caldo… dentro…-

    -Ora… muoviti!-

    -O… ok…-

    Marco iniziò a muoversi avanti e indietro, mentre gemevamo entrambi. Non credo affatto esista il paradiso, ma quel giorno sentivamo proprio di essere lì. Pochi minuti dopo, Marco mi abbracciò. Così, ci ritrovammo seduti, a  muoverci su e giù, mentre lui mi palpava il seno, ci baciavamo e mugugnavamo. Non appena il mugugno del mio amato si fece più acuto, capii subito che stava per venire e, infatti, venne dentro di me e contemporaneamente anche il mio pisello schizzò e ci ritrovammo a gridare all’unisono. Una volta finito, eravamo entrambi stesi supini sul letto a guardare il soffitto e mano nella mano.

    -È stato… è stato bellissimo!- dissi dopo lunghi minuti di silenzio in cui solo il nostro respiro affannoso faceva da sottofondo.

    -Stavo per dirlo io!-

    Ci guardammo, sorridemmo e ci baciammo.

    -Domani è il mio turno, ok!- gli domandai.

    -Non ti va di farlo adesso?-

    -Cosa c’è, ci hai preso gusto? Comunque non è il caso. Sono un po’ stanchino! Tu no?-

    -In effetti… però è incredibile. È meglio della palestra!-

    Ridemmo come due matti, ma poi io mi feci triste.

    -Avrei voluto farlo a  casa mia, ma purtroppo mamma non lavora come la tua!-

    Marco fece spallucce e sorrise.

    -Torni da me. Dov’è il problema?-

    -Sicuro? Non vuoi cambiare… ehm… “ambientazione”?-

    -Ma va là! Va bene così!-

    -Ok… allora a domani!-

    Il giorno seguente, dopo una nottata insonne fatta solo di “pensieri sporchi” e qualche sporadica masturbazione, tornai a casa del mio amico nello stesso orario, e con gli stessi indumenti addosso, del giorno precedente. Marco mi accolse calorosamente, anche lui vestito allo stesso modo del giorno precedente, dopo esser andati in camera e aver chiacchierato un po’, cedemmo agli impulsi e ci baciammo con passione. Mentre eravamo stesi sul letto a baciarci, iniziamo a  spogliarci e una volta completamente nudi afferrai il pisello, carico e duro, del mio amico e me lo misi in bocca. Lui rise un po’, prima di lasciare il posto ai gemiti.

    -Questa volta lo vuoi assaggiare come si deve, eh?-

    Io annuii mugugnando e muovevo la testa su e giù. Quando Marco raggiunse l’apice, emettendo un gemito piuttosto acuto, sentii la mia bocca riempirsi di caldo sperma e ingoiai con piacere.

    -Confermo! È molto buono!-

    Marco mi sorrise, dopodiché si mise carponi. Mi stava offrendo il suo bel culetto.

    -Ti voglio… Alfredo!-

    Io sorrisi.

    -Ho detto addio ad Alfredo molto tempo fa! Devi chiamarmi Irene!-

    -Hai ragione, scusa! Ti voglio… Irene!-

    Sorrisi di nuovo e poi lo penetrai. Entrambi stringemmo i denti per l’eccitazione.

    -Meraviglioso! E avevi ragione! Qui dentro è incredibilmente caldo!- dissi.

    Detto ciò, iniziai a muovermi avanti e indietro, mentre i nostri gemiti facevano da colonna sonora.

    -È stupendo, Irene! Co… continua! Continua!- disse Marco.

    Così feci. Continuai aumentando sempre più la velocità. In maniera lenta e costante, naturalmente. Quando avvertii, dopo diversi minuti, un brivido, dissi ansimando:

    -Sto… venendo… Marco!-

    -Riempimi… riempimi tutto!- disse lui.

    Gli eiaculai dentro, e contemporaneamente anche il suo pisello schizzò, e urlammo all’unisono. Una volta finito ci ritrovammo di nuovo stesi l’uno accanto all’altro, ma stavolta proni.

    -Ti amo Alfredo… scusa… volevo dire Irene!-

    -Ti amo anch’io, mio amato Marco!-

    Ci baciammo con passione. Dopo queste “avventure”, il tempo passò, ma il nostro amore dura ancora oggi. Siamo felicemente sposati e viviamo la nostra vita. Non Italia, ovvio. Dopo aver passato qualche anno prima in Australia, poi nella Terra Di Mezzo, in Nuova Zelanda insomma, ora viviamo in Inghilterra.

       

    Edited by Forever Prog I Wanna Be - 20/6/2019, 01:18
     
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  2. Piccola alce
     
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    Mi piace questa storia grazie
     
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    Piccola alce Grazie a te per averla letta! :)
     
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  4. Marcos41
     
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    Ciao io sono nuovo ma non ci sono racxonti nuovi sono sempre gli stessi
     
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  5. giorgino63
     
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    >Complimenti una storia stupenda, ... non so cosa aggiungere, tutto è superfluo. GRANDE STORIA!!!
     
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  6. Marcos41
     
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    Ma non ci sono racconti nuovi lo letti tutti
     
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    giorgino63 Grazie mille. Son contento ti sia piaciuta.

    C'è un motivo ben preciso se non ci son più racconti, caro Marcos41. Strano ti sia sfuggito (eppure mi sembra tanto grande il banner... anche uno come Matt Murdock lo vedrebbe!). In ogni caso, ecco il motivo! https://yaoi.forumcommunity.net/?t=61224612
     
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6 replies since 7/6/2019, 23:30   3473 views
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