Il sapore delle fragole [Scolastico][Romantico]

Contest di Racconti - Natale 2016

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  1. Krakòw
     
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    Hai ragione, è un po complessa da seguire...purtroppo adesso sono influenzato e quindi non riesco a seguirla come si deve..quando mi riprendo la leggo, mi hai incuriosito...tu pubblica ewe
     
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    Oggi pubblico un capitolo abbastanza corto per introdurre i due capitoli finali del racconti, i quali saranno abbastanza complessi da comprendere. Domani sarà una giornata di pausa, il settimo capitolo verrà pubblicato durante la Vigilia.


    CAPITOLO 6


    GIACOMO
    24 dicembre – Ore 20.00


    Il soggiorno era un’orchestra di rumori e confusione: tutti i suoi parenti riuniti che discutevano tra di loro, il televisore acceso che parlava ad orecchie non attente, i piatti e le pentole in cucina che intonavano gli ultimi accordi durante la preparazione delle pietanze, i suoi cuginetti che correvano per casa urlando. Odiava il caos.
    «Giacomo, prendi quei piatti e portali a tavola!» dispose la madre, ancora indaffarata tra i fornelli. Rimanendo in silenzio per non contribuire ad aumentare il frastuono, Giacomo obbedì. Quando gli altri videro che gli antipasti erano pronti, si riunirono attorno al tavolo, decisi ad iniziare il primo cenone delle feste natalizie.
    Dopo aver apparecchiato, Giacomo andò in bagno per lavarsi le mani. Chiuse la porta e rimase un minuto fermo, assaporando il silenzio. Quando dal corridoio giunsero le acute voci odiose dei bambini, capì che anche lì non aveva pace, doveva affrontare quella serata. Uscì e notò i suoi due cugini piccoli intenti a giocare con le palle dell’albero di Natale.
    «Io sono qui!» gracchiò la cuginetta indicando una pallina con il suo nome, sotto a quelle con i nomi dei genitori di lei. «E io sono più in alto di te!» replicò il fratellino toccando la sua. I due si accorsero della sua presenza e, urlandogli contro, domandarono: «Giacomo, tu dove sei?». Entrambi esaminarono le decorazioni dell’albero, senza trovare la risposta che cercavano.
    «Dove sei?» ripeterono insieme. Giacomo sorrise e indicò loro la sua pallina rossa, isolata dalle altre e quasi nascosta dalla parete. «Sono lì!».
    «Non l’avrei mai vista, cuginone!» esclamò il bimbo. Poi entrambi i piccoli, chiamati dai genitori, fuggirono verso il soggiorno. Giacomo rimase un attimo a guardare l’albero, e le parole di suo cugino gli risuonarono in testa: “Non l’avresti mai vista. Nessuno l’avrebbe mai vista! Tranne Simone, l’unico che sia riuscito a trovarla...”
    Driiin. Qualcuno suonò al campanello. Giacomo trasalì e si diresse verso il soggiorno, chiedendosi chi fosse. “Non aspettiamo nessun’altro. Chi sarà?”
    Quando arrivò in sala, suo padre stava scrutando attraverso l’occhiello della porta per capire chi fosse. Dopo qualche secondo, si voltò verso di lui e riferì: «Giacomo, credo sia per te!».



    FILIPPO
    24 dicembre – Ore 19.00


    Simone era ritardatario, Filippo lo sapeva bene. Era fermo di fronte al cancello in ferro che permetteva l’accesso al parco cittadino, sotto la neve che, senza sosta, continuava a cadere dal cielo.
    Osservava quei pochi motorini che transitavano per le vie imbiancate sperando di vederlo arrivare. Una parte di lui, però, sperava che non arrivasse mai, in modo tale da risparmiarsi l’atroce confessione che doveva affrontare; non voleva raccontargli quello che aveva fatto, ma doveva.
    Finalmente lo vide arrivare. Respirò a pieni polmoni e ricacciò tutta l’aria in uno sbuffo, cercando di sciogliere la tensione. “È giunto il momento di dirti tutto.”
    «Che cosa devi dirmi di così importante da farmi arrivare fin qua?» domandò incuriosito Simone, dopo essersi seduto su una panchina vicino alla fontana del parco, ormai ghiacciata.
    Filippo era rimasto in piedi e guardava distrattamente nel vuoto. Doveva solo trovare il coraggio di aprire la bocca. “Ormai non ho nulla da perdere.”
    «Simone, io so che sei gay.» dichiarò. Aveva provato ad essere il più calmo e amichevole possibile. Il silenzio di risposta gli fece comprendere che aveva colpito il suo interlocutore.
    Dopo qualche secondo, sentì Simone chiedergli in tono ironico: «E cosa mai te lo farebbe pensare?». Le sue orecchie avevano percepito la sensazione di paura sotto al sottile velo beffardo. Filippo gli raccontò delle ricerche che aveva effettuato con il suo cellulare. Simone provò a replicare, ma la sua voce ormai non aveva più nulla di scherzoso: il tono era colmo della consapevolezza di essersi rivelato a qualcuno. «Sono ricerche che un mio amico idiota ha fatto per scherzo sul mio telefonino! Credi veramente che io guardi quelle cose?».
    Filippo finalmente si sedette al fianco dell’amico. Lo guardò negli occhi, pieni di paura. Ribatté: «Ho notato come guardi Giacomo. Lo fissi sempre quando lui ha lo sguardo altrove e, quando ti parla, hai sempre un volto sognante. Se tu fossi un personaggio di un fumetto e io l’artista, ti disegnerei con gli occhi a cuoricino mentre parli con Giacomo!». Simone provò ad aprire bocca per controbattere nuovamente, ma riuscì solo a far tremare il labbro inferiore. Si portò la testa dorata fra le mani, facendo cadere la neve che si era posata su di lui e finalmente ammise tutto: «Sì, è vero. Ti prego, non dire niente...».
    «Non ti preoccupare, per me non c’è alcun problema e se non vuoi farlo sapere a nessuno, rimarrò in silenzio» lo consolò Filippo, che poi proseguì: «Ma non ti ho fatto venire fin qui solo per dirti ciò. Devo dirti altro.»
    Simone rialzò il capo. Era curioso, Filippo lo poteva capire dalle fini sopracciglia chiare incurvate e dagli occhi, quasi spalancati, fissi su di lui. Senza mai distogliere lo sguardo dall’amico, gli raccontò tutto: il segreto di Giacomo, la sua convinzione che insieme sarebbero stati benissimo, le sue strategie per farli conoscere e per far nascere un’amicizia solida, in attesa che si trasformasse in qualcosa di più forte; infine, gli rivelò il motivo del litigio tra lui e Giacomo.
    «Lui crede, giustamente, che io abbia manipolato le vostre vite per tutto questo tempo perché avevo deciso che voi due vi sareste dovuti innamorare. Per questo motivo l’ho deluso, ed ora non mi vuole più parlare.» concluse.
    «Beh, effettivamente anche io mi sarei incazzato.» ammise Simone, alzandosi e cercando qualcosa in tasca. «Ma, nonostante tutto, mi hai riferito una notizia che per me è il più bel regalo di Natale che potessi mai farmi!».
    Filippo non stava capendo. Simone, afferrando il casco del suo motorino, affermò: «Devo andare a casa di Giacomo, ho un regalo da consegnargli e non avrei mai trovato il coraggio di farlo se tu non mi avessi raccontato tutto ciò!». Filippo esplose in un sorriso di sollievo: c’era ancora la possibilità di sistemare tutto. Raccolse il casco e disse: «Vengo anche io!».
    Uscirono dal parco, montarono sui loro motorini e, nonostante la neve, sfrecciarono nelle vie notturne della città.




    SIMONE
    24 dicembre – Ore 20.00


    Si sfilò il casco jet dalla testa e si aggiustò i capelli, guardando il proprio riflesso sullo specchietto della moto. Stava per rivedere Giacomo, voleva essere perfetto.
    «Vuoi anche truccarti?» lo schernì Filippo incitandolo a far veloce. «Sì, eccomi, arrivo!» rispose.
    Entrarono nel vialetto del giardino condominiale e raggiunsero il portone d’ingresso del palazzo; era aperto, come sempre. Si ripulirono dalla neve che si era depositata sui loro giubbini e salirono le scale.
    Giunti davanti alla porta, il suo naso percepì i profumi della cena che si celava dentro quell’appartamento. Simone temporeggiò; sentiva il cuore battere ad un ritmo infernale. Prese dalla tasca un pacchetto di caramelle al sapore di fragola e ne mise una in bocca.
    Pigiò il campanello. Driiin.
    Mentre attendeva, si voltò verso Filippo, dietro di lui, e si scambiarono un cenno d’intesa. Dopo una ventina di secondi, che a Simone sembrarono interminabili, la serratura della porta cigolò.
     
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  3. § Elena §
     
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    Ok penso che ti ucciderò... founder o meno ti ucciderò... eh ma cazzarola sul più bello...!!!
     
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  4. GhostPervyCrow
     
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    CITAZIONE (§ Elena § @ 22/12/2016, 13:31) 
    Ok penso che ti ucciderò... founder o meno ti ucciderò... eh ma cazzarola sul più bello...!!!

    Ma veramenteeeee :O_O:
    Odio dover aspettare... Però è veramente stupendo :sparkle:
     
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    CAPITOLO 7


    GIACOMO
    24 dicembre – Ore 20.00


    “Chi è che mi cerca all’ora di cena del ventiquattro dicembre?” si domandava Giacomo mentre attraversava il soggiorno per raggiungere la porta d’ingresso. Il padre si defilò e lo lasciò da solo, di fronte alla soglia.
    Abbassò la maniglia ed aprì la serratura tirando la porta a sé. Dall’altra parte dell’uscio, ritto di fronte a lui, c’era Simone. Sorpreso per questa visita inattesa, istintivamente Giacomo si portò una mano tra i capelli, lasciando ricadere i riccioli ribelli sulla fronte e davanti agli occhi, cercando di mascherare lo stupore e la gioia di quell’incontro inatteso.
    «Giacomo...» balbettò Simone. Stava boccheggiando, non era il solito. Lo osservò meglio: il volto stanco ed impaurito, gli occhi fissi verso di lui, colmi di lacrime, le labbra tese in una smorfia di dolore; aveva il cappotto bagnato dalla neve ormai sciolta e le maniche sporche... di sangue.
    «Cosa è successo?» ansimò impaurito Giacomo, dopo aver visto le macchie rosse sul vestito. «Stai bene?».
    «Sì, sì...» bisbigliò Simone. Le sue gambe cedettero alla stanchezza e Giacomo lo raccolse al volo, abbracciandolo. Lasciò che poggiasse la testa sulla sua spalla.
    «Cosa è successo?» ripeté sussurrandogli all’orecchio. Simone iniziò a piangere e Giacomo lo strinse ancora di più in un tenero abbraccio, sorreggendolo. «Stavo venendo con Filippo in motorino...» raccontò Simone tra i singhiozzi. «Un incidente... l’ambulanza...».
    Giacomo sperava di aver capito male, ma un peso opprimente alla bocca dello stomaco gli confermava ciò che aveva sentito. «Filippo ha avuto un incidente? Quindi quel sangue...» si interruppe, schiaffeggiato dalla realtà che si stava delineando.
    «L’hanno portato velocemente in ospedale, non so più nulla...» concluse Simone, che rinunciò a qualunque tentativo di trattenere le lacrime. Anche Giacomo sentiva i propri occhi lucidi, ma non era il momento di piangere. Non poteva rimanere lì, senza conoscere la sorte del suo migliore amico. “Nonostante tutto quel che è successo, sei sempre la mia spalla destra.”
    «Andiamo al pronto soccorso!» suggerì. Simone si asciugò le lacrime dal volto e annuì con la testa. “Non ti lascio da solo, Filippo...”



    FILIPPO
    24 dicembre – Ore 19.30


    Erano, ormai, quasi a casa di Giacomo. Ci stavano impiegando più tempo del previsto a causa della neve, che continuava a ricoprire le strade di una coltre bianca e scivolosa. Accelerò con il suo motorino e si affiancò a quello di Simone. Filippo sapeva che era brutto chiederlo, ma era troppo curioso di sapere quale regalo avesse preparato Simone per il suo migliore amico.
    «Cosa regalerai a Giacomo?» gli domandò, distogliendo gli occhi dalla strada. «Lo vedrai!» urlò Simone per farsi sentire. La gelida brezza satura di fiocchi di neve, che contrastava il loro movimento, ululava nelle loro orecchie.
    «Eddai, dimmelo!» piagnucolò insistendo. Vide Simone rallentare lentamente, e quando Filippo riportò l’attenzione alla guida, si accorse che stavano per raggiungere un incrocio. Frenò anch’egli, ma con troppa forza: perse il controllo della ruota posteriore e sentì il motorino scivolare lateralmente.
    Senza quasi rendersene conto, Filippo urtò contro lo strato nevoso che lo separava dall’asfalto; gli fece male. A causa della velocità, slittò sulla strada assieme al motorino, ormai non più tra le sue mani. L’attrito con il terreno aumentava il dolore. Mentre roteava senza riuscire a bloccarsi, con lo sguardo analizzò velocemente l’ambiente attorno a sé: era entrato nell’in- crocio, alcune macchine erano ferme dall’altro lato della strada. Ruotò ancora e vide di sfuggita Simone sul suo motorino; probabilmente stava urlando, ma non riusciva a sentirlo. Si girò ancora di qualche grado e vide del metallo, che si avvicinava velocemente a lui con un rumore assordante. Fu travolto da una tempesta di neve. Prima di chiudere gli occhi ed essere sopraffatto dal dolore, Filippo poté ammirare solamente il turbine nevoso abbracciarlo: dal bianco accecante sprofondò nel nero della paura.




    SIMONE
    24 dicembre – Ore 20.00


    La porta si aprì e fu inondato dalla luce che si rifletteva sul pavimento in marmo. Guardò la figura che si stagliava di fronte a lui e, prima ancora di focalizzare il suo viso, riconobbe quelle crespe ciocche castane che dalla testa crescevano in tutte le direzioni senza alcuna logica. Era di fronte a lui, finalmente.
    «Ciao, amore...» lo salutò. Giacomo, di fronte a lui, esplose in un sorriso. «Buon Natale, amore!» esclamò. Simone lo abbracciò, senza curarsi della maglietta sporca di sugo di Giacomo, e lo baciò.
    «Buon Natale anche a te!» rispose.
    Si staccarono dall’abbraccio e vide Giacomo scrutare oltre la sua figura. Si spostò e lasciò che fosse in grado di guardare Filippo.
    «Non è colpa mia se siamo in ritardo, lo sai anche tu chi è che fa sempre tardi!» esordì Filippo indicando Simone. Giacomo rise e confermò spiritosamente: «Lo so, lo so!».
    Simone, stando al gioco, provò a replicare: «Ehi, non è colpa mia se qualcuno decide di andare dall’altra parte della città la sera della vigilia, quando gli autobus di linea terminano le corse in anticipo!».
    Risero insieme, poi Simone osservò Giacomo abbracciare Filippo ed arruffargli scherzosamente i capelli. «Buon Natale, papo!» sussurrò.
    «Buon Natale anche a te, papo!» rispose Filippo.
     
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    È vero che è un racconto un po' difficile da seguire, ma mi piace molto
     
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  7. § Elena §
     
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    Ok due diverse linee temporali... resta da vedere come proseguirai :hm:
     
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    CAPITOLO 8


    GIACOMO
    25 dicembre – Ore 00.00


    In lontananza, nell’atmosfera notturna della città, le campane delle chiese erano intente ad annunciare festosamente l’inizio del Natale. Giacomo poteva sentirle, soffuse nel silenzio che regnava nella sala d’attesa del pronto soccorso.
    «È mezzanotte, e non ci fanno sapere ancora nulla...» borbottò Simone, seduto accanto a lui. Erano entrambi molto tesi e preoccupati.
    Si erano fatti accompagnare al pronto soccorso in macchina da suo padre ed avevano chiesto informazioni ma, non essendo parenti di Filippo, non avevano ricevuto alcuna risposta. Erano riusciti a capire che era un codice rosso solamente con l’arrivo dei genitori, informati dell’accaduto dai soccorritori.
    Prima di entrare nei corridoi vietati ai visitatori, il padre di Filippo, con le lacrime agli occhi, lo aveva voluto abbracciare. Giacomo si era sentito a disagio, ma aveva ritenuto giusto non opporre resistenza e ricambiare il gesto. «Vi farò sapere non appena saprò qualcosa anche io!» aveva detto loro prima di sparire oltre una porta scorrevole.
    Erano passate ore da quel momento e non avevano ricevuto alcuna novità. «Più passa il tempo, meno probabilità ci sono di sentirsi dire brutte notizie!» gli aveva detto speranzoso Simone. Giacomo non trovava una logica in quelle parole così ottimiste, ma lo facevano sentire meglio.
    La porta si aprì nuovamente e Giacomo vide il padre di Filippo: era visibilmente stanco, ma sembrava leggermente più rilassato. Si alzò e gli andò incontro, seguito da Simone.
    «Novità?» domandò, avido di aggiornamenti, una volta arrivato di fronte al padre.
    «Non è in pericolo di vita» li informò in un sospiro di sollievo. «Anche se ha riportato delle lesioni alla colonna vertebrale. I dottori stanno valutando l’entità del danno, c’è la possibilità che Filippo non riuscirà più a muoversi normalmente come prima...» il padre scoppiò in un pianto silenzioso e, di nuovo, abbracciò Giacomo che non trattenne le lacrime.
    «Vi riporto a casa?» chiese il padre, asciugandosi gli occhi con la manica del cappotto. Giacomo si voltò verso Simone e capì dallo sguardo che era d’accordo con lui.
    «Non si preoccupi, lei vada dentro da Filippo, noi aspetteremo qui ulteriori notizie!» rispose Simone. Il padre voleva ribattere, ma non aveva le forze. Sorrise e, voltandosi per rientrare nell’area riservata, disse: «Filippo è fortunato ad avere due amici magnifici come voi!».
    Giacomo si sedette nuovamente sulle panchine lungo il corridoio e Simone si accomodò al suo fianco. Si sentiva più tranquillo, sapendo che il suo amico non era in pericolo di vita.
    “Filippo oggi sarebbe potuto morire e le ultime parole che gli ho detto sono state ‘Buonanotte, stronzo’ quella sera quando abbiamo litigato. No, lui si merita ben altre parole da me...”. In quel momento, nella mente di Giacomo, riecheggiarono le parole di Simone, sull’uscio di casa sua, sporco di neve, lacrime e sangue: “Stavo venendo con Filippo in motorino”.
    «Perché stavate cercando di arrivare a casa mia questa sera?» domandò in un sussurro. Simone si strinse nel suo giubbino, nascondendo la faccia tra le pieghe della sciarpa. Vide una sua mano giocare nervosamente con qualcosa in tasca.
    «Dopo il tramonto Filippo mi aveva chiesto di vederci» confidò, cercando di asciugarsi gli occhi arrossati. «Ci siamo incontrati in piazza e mi ha spiegato il vero motivo per cui voi due avete litigato.» Si interruppe, indirizzò lo sguardo verso di lui e lo fissò.
    Nella testa di Giacomo riecheggiarono i battiti accelerati del suo cuore, scandendo ritmicamente l’ultima frase detta da Simone, un’eco perpetua nella sua mente. “Sa tutto. Cosa dovrei fare ora?” Il panico e la vergogna presero il sopravvento; si accorse di essere rosso e sudato in faccia e, istintivamente, si portò i capelli davanti al volto, abbassò lo sguardo ed interruppe il contatto degli occhi con quelli di lui.
    Passarono alcuni secondi di silenzio. Stava cercando di calmarsi quando una mano gli accarezzò le crespe ciocche sulla fronte e le spostarono verso l’alto, costringendo i suoi occhi a confrontarsi nuovamente con la realtà: due celesti e profondi laghi ghiacciati all’interno di innevate pianure primaverili, rigonfie d’acqua cristallina appena disgelata e rivoli torrentizi che per gravità scorrevano fino alle colline chiare e lisce dei suoi zigomi. Simone era di fronte a lui, ma sembrava diverso.
    «Se non fosse stato per Filippo, non ti avrei mai potuto conoscere» continuò Simone in un sussurro, mentre con la mano dalla fronte scese ad accarezzare una guancia. Con l’altra mano, prelevò dalla tasca un piccolissimo pacco regalo e lo porse a Giacomo. «Se non fosse stato per Filippo, non avrei mai trovato il coraggio di darti questo regalo. Non avrei mai preso il motorino per venire fin da te, lui non mi avrebbe mai seguito e, ora, sarebbe al sicuro a casa sua...»
    Giacomo, senza dire una parola, prese il regalo e lo scartò. Dentro la scatolina di cartone, trovò una piccola pallina decorativa in vetro rosso con un gancio. La prese in mano e notò su di essa la scritta “Simone”.
    «Sul tuo albero di Natale, la tua pallina è nascosta e separata dagli altri... Ho pensato che, forse, avresti desiderato un po’ di compagnia lì, a ridosso della parete. Non voglio obbligarti a posizionare veramente la pallina sull’albero; voglio solamente farti capire che io sono più vicino a te di quanto tu immagini...»
    Il cuore di Giacomo continuava a battere ad un ritmo infernale. Pensò nuovamente “Cosa dovrei fare ora?”. Questa volta, però, aveva la risposta: posò la pallina, si fece forza ed avanzò col volto verso Simone, tuffandosi in quei due limpidi laghi che lo guardavano emozionati.
    Le sue labbra sapevano di fragola.

    In quel momento Giacomo capì che amava il sapore delle fragole.



    PIPPO
    25 dicembre – Ore 00.00


    Le campane lo infastidirono. “Sì, è Natale, lo so, non dovete farmi diventare sordo per ricordarmelo!”
    Filippo odiava il Natale. Non solo per quello che gli era successo, ma odiava qualsiasi festa. Tutti erano felici, si prendevano le ferie e si organizzavano per andare in un posto o in un altro con gli amici o con i parenti. Lui, invece, era costretto a rimanere sempre lì, disteso su quel letto tanto odiato in quella camera tanto odiata.
    “Certo, i miei genitori ed i miei amici non mi hanno mai fatto mancare il loro affetto e la loro presenza” stava riflettendo per distogliere la mente dal frastuono delle campane “però sono esattamente venticinque anni che sono in questo stato... Questo non è vivere.” Si rese conto di stare piangendo, ma non poteva asciugare le lacrime. Non poteva fare nulla, gli unici muscoli che riusciva ancora a controllare erano quelli facciali. Il resto del corpo era ormai un fardello inutile per lui, si sentiva una marionetta senza più fili.
    Il suono metallico delle campane si affievolì. “Domani verranno a trovarmi Giacomo e Simone, spero mio padre abbia preso i regali che avevo detto di comprare!” pensò. Era tentato di chiamarlo per averne conferma, ma si rese conto che suo padre era ormai vecchio, non poteva farlo venire in camera sua per una sciocchezza del genere. “Però è strano che sia ancora in piedi a quest’ora... Come mai?” si chiese, sentendo chiaramente il televisore del soggiorno ancora acceso.
    Driiin. Il citofono all’improvviso squillò. “Chi sarà mai a quest’ora?” Filippo sentì suo padre rispondere: «Chi è? Oh certo, certo! Vi aspettavo!».
    «Pa’, chi è?» rantolò. Nessuna risposta. Dopo un minuto, sentì il vociare di alcune persone; stavano facendo gli auguri a suo padre che, dopo aver gentilmente ricambiato, disse: «Non credo che Pippo stia dormendo!».
    Pochi secondi e Filippo vide Giacomo oltrepassare l’uscio della sua camera, seguito da Simone. Dietro di loro, spuntò anche il piccolo Filippo. “Beh, piccolo... Ormai è un adolescente!” si corresse osservandolo.
    «Buon Natale!» esordirono i suoi due amici. Filippo serrò le labbra e provò a sorridere, per far capire loro quanto fosse felice di quella visita a sorpresa.




    SIMONE
    24 dicembre – Ore 22.00


    Nonostante fosse appena tornato da un viaggio di lavoro, Giacomo aveva preparato una cena squisita, come al suo solito. Erano seduti attorno al tavolo da pranzo addobbato con candele e piccole ghirlande natalizie. Solo loro tre, nessun parente: l’atmosfera familiare più intima che potesse immaginare, in compagnia del suo compagno e di suo figlio.
    «Questo dolce è delizioso!» si complimentò Simone poggiando la forchetta sul piatto ormai vuoto. «Anche se l’avrei preferito con un leggero strato di zucchero a velo» ammise infine.
    Giacomo, immediatamente, si voltò verso Filippo seduto dall’altro lato del tavolo e replicò rimproverando: «Due giorni fa, dopo essere partito, avevo chiamato un ragazzo qui seduto e gli avevo chiesto di ricontrollare la lista degli ingredienti per la cena. Se avesse veramente fatto il suo dovere, si sarebbe accorto che mancava lo zucchero a velo dalla dispensa e sarebbe andato a comprarlo!».
    Filippo si portò la mano alla fronte e si scusò: «È vero! Mi sono completamente dimenticato! Perdonami papo!». Giacomo, che stava recitando la parte del finto offeso, accettò le scuse: «Ti perdono solo perché è Natale!».
    «È buonissimo anche senza!» concluse Simone divertito: era felice che fossero riusciti a festeggiare tutti e tre insieme. Improvvisamente si ricordò della lettera: «Ah, amore! Oggi è arrivata la risposta!»
    «Veramente? E cosa aspettavi a dirmelo?» esclamò sorpreso Giacomo.
    «Ho provato a chiamarti oggi, ma la linea non prendeva bene!» si giustificò mentre si alzava dal tavolo per andare a prendere dal giubbino la lettera, che poi consegnò a Giacomo.
    «Non riesco ad aspettare domani per darla, andiamoci stasera!» propose fremente Giacomo. Simone concordò che fosse una buona idea: «Possiamo andare in macchina tutti e tre, però dobbiamo avvisare il padre di restare sveglio ancora un po’ per attenderci!»
    Giacomo si alzò dal tavolo raccogliendo qualche piatto sporco e organizzò le mansioni di tutti: «Bene, è deciso. Mentre io e papo sparecchiamo e laviamo i piatti, tu chiami il padre di Filippo!»
    «Ma non voglio lavare i piatti!» si lamentò il ragazzino sbuffando.
    «Hai dimenticato lo zucchero a velo, devi subirne le conseguenze!» ribatté scherzosamente Giacomo.
    Mentre gli altri erano intenti a rimettere in ordine la cucina, Simone si diresse al telefono. Digitò il numero e attese.
    Con il cadenzato sottofondo degli squilli, lo sguardo vagò per la stanza e si posò sull’albero di Natale, addobbato con due palle di vetro rosso, una vicino all’altra. Tuu... Tuu...
    Sulla prima vi era scritto il nome “Giacomo” ed era la pallina che, ormai venticinque anni prima, Simone aveva scovato sull’albero di casa del suo compagno, solitaria e nascosta vicino la parete. La seconda era quella con cui aveva trovato il coraggio di dichiararsi. Tuu... Tuu...
    Sotto la coppia un’altra pallina, dorata e luccicante, era esposta alla stanza con impressa la scritta “Filippo”, loro figlio. Tuu... Tuu...
    Sopra, invece, su una palla più grande, c’era scritto ancora “Filippo”, ma si trattava del loro amico, grazie al quale la loro storia ebbe inizio; senza di lui, loro figlio non sarebbe mai nato. Simone e Giacomo erano talmente grati al loro amico per ciò che aveva reso possibile che avevano deciso di chiamare loro figlio come lui. Tuu...
    «Pronto?» chiese una voce rauca proveniente dal telefono.
     
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    EPILOGO


    PAPO
    25 dicembre – Ore 00.00


    Filippo non desiderava passare la notte di Natale andando in casa dell’amico dei suoi genitori, ma si sentiva in dovere di accompagnarli.
    Gli avevano raccontato tutta la storia, ma si sentiva comunque a disagio nell’osservare quell’uomo disteso sul letto completamente paralizzato, in grado di muovere solamente gli occhi e parte dei muscoli facciali. Ma era il migliore amico dei suoi genitori, i quali non lo avevano mai abbandonato e lo avevano sempre aiutato in ogni occasione.
    Quella sera i suoi genitori erano agitatissimi ed emozionati. Dopo cena si erano messi in macchina ed erano giunti fino a casa del loro amico per consegnare un regalo. Erano stati accolti da un vecchietto che puzzava di naftalina ed aveva dovuto fare il sorriso da bravo ragazzo e augurargli un sereno Natale.
    Quando entrò nella stanza da letto, Filippo si sentì osservato e cercò di concentrarsi sulla trama del parquet per non rischiare di incrociare lo sguardo del suo omonimo.
    «Buon Natale!» salutarono all’unisono i suoi. Poi Giacomo mostrò una lettera e spiegò: «Non riuscivamo ad aspettare domani per consegnarti il nostro regalo, eravamo troppo emozionati, quindi te lo abbiamo portato ora!». Filippo vide consegnare la lettera al vecchio, il quale la aprì e lesse con un filo di voce il testo. Era qualcosa in inglese e l’anziano stava storpiando troppe parole, Filippo non aveva compreso nulla.
    Alla fine della lettura, dato che nessuno aveva capito molto, suo padre Simone chiarì: «È una lettera proveniente dal Massachusetts General Hospital di Boston, in America. Eravamo venuti a conoscenza di un trattamento sperimentale per la cura della tetraplegia, così ti abbiamo inserito in lista tempo fa. Oggi, finalmente, ci hanno risposto: ti hanno ammesso nel gruppo dei pazienti che usufruiranno del trattamento. Perciò, preparate i bagagli, presto vi chiameranno in America!»
    Il vecchietto scoppiò a piangere continuando a ringraziarli. «Come posso ripagarvi? Quanto avete pagato?» chiese tra i singhiozzi.
    «Non è importante» risolse suo padre Giacomo.
    “I miei genitori sono fantastici!” pensò con orgoglio Filippo. In quel momento si sentiva meglio e, facendosi forza, osservò l’uomo sul letto: era immobile come sempre, ma dagli occhi le lacrime stavano straripando su tutto il viso. Guardava i suoi genitori con un’espressione così nitida che sembrava parlasse. A Filippo sembrò di sentire un flebile “Grazie!”.

    Appena rientrarono in casa, a notte fonda, Filippo si diresse immediatamente verso camera sua.
    «Non vuoi il tuo regalo?» gli chiese papà Simone. Aveva molto sonno, ma la curiosità era più forte. Si voltò e tornò in soggiorno, raccogliendo un piccolo pacco posato sotto l’albero.
    «Scusaci se non abbiamo potuto spendere molto quest’anno, ma abbiamo dovuto pagare due stipendi per far rientrare Filippo nel gruppo sperimentale. Spero tu possa comprendere, ormai sei grande abbastanza!» disse papà Giacomo. Filippo annuì, sapeva quanto fosse importante il loro amico e sapeva che sarebbe finalmente tornato a vivere una vita normale.
    Mentre scartava il pacco, osservò in silenzio i suoi genitori scambiarsi i loro regali: un semplice bacio. Sentì suo padre Giacomo sussurrare all’orecchio di suo padre Simone: «Le tue labbra sanno di fragola!». Sentiva ripetere questa frase tantissime volte, ma Filippo non riusciva proprio a capire... “Cosa avrà di così speciale il sapore delle fragole?”
     
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  10. § Elena §
     
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    Ti sto odiando...
     
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  11.  
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    thank u, next

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    Mio personale - e breve - commento.
    Innanzitutto hai sfruttato benissimo la tecnica dell'intreccio e per questo meriti i miei più sinceri complimenti. La trama è semplice, ma non per questo banale: in questa storia sento emergere tanta creatività che non giunge da una trama articolata a cui molti scrittori oggi aspirano, bensì dallo stile, il tuo stile. Si tratta di uno stile pulito, lineare, ma pieno di sfumature.
    Sicuramente è un racconto che necessita di più letture. La storia di Filippo, Simone e Giacomo è da un lato toccante, dall'altro profondo spunto di riflessione; non solo nel contenuto ma anche nella forma. Ogni tanto è bene leggere pagine che ti spingono ad una seconda, terza, quarta lettura, poiché spesso fermarsi ad una comprensione parziale delle cose non basta. È bello potersi trattenere più a lungo su qualcosa e gustarsene i particolari.

    In bocca al lupo per il contest!
     
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  12.  
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    Ehi, it's me: PICTURE

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    Infatti personalmente ritengo che il racconto debba essere letto due volte: la prima volta in un modo, la seconda volta con una chiave di lettura totalmente diversa, conoscendo già il finale e l' "artefatto narrativo" utilizzato e svelato solamente negli ultimi due capitoli. In questa seconda lettura si potrebbero notare tutti piccoli "indizi" che sin dalle prime righe potevano indurre il lettore a dubitare della semplicità di ciò che si stava leggendo.

    So che è una storia molto difficile da leggere, a tratti dura, pesante e che di erotismo non ha praticamente nulla. Ma ritenevo la mia idea di questo artefatto narrativo troppo bella (sebbene non apprezzabile da tutti) per poter rimanere tra i miei documenti e non essere pubblicata.

    Ti ringrazio per il commento e per esser riuscito a comprendere così a fondo gli obiettivi che mi ero prefissato con la stesura di questo racconto.
     
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  13.  
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    stefanoroma

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    bel racconto continua
     
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