Quousque?

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    Uso il sarcasmo solo perché uccidere è illegale

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    Quousque?



    CATEGORIE:Young, Romantico, Scolastico


    Capitolo primo: prologo

    "I tried so hard and got so far, but in the end it doesn't even matter.
    I had to fall to lose it all, but in the end it doesn't even matter..."


    Ci sono tanti motivi per cui una persona decide di togliersi la vita: il sentirsi solo, incompreso, deriso, inadeguato sono solo alcuni esempi.
    Quella mattina per Damian era una mattina come tante altre, eppure c'era qualcosa di diverso, qualcosa che lo aveva spinto ad un gesto estremo e sprovveduto.
    Era stanco, stanco di tutto.
    Basta poco per porre fine a tutto, pensava probabilmente.
    È difficile decifrare la mente di un sedicenne tormentato.
    E lui non voleva che qualcuno lo capisse o forse sì, ma tanto nessuno ci riusciva mai.
    E così cominciò a salire.
    Uno scalino dopo l'altro, sempre più su, finché non arrivò alla terrazza: da lì poteva vedere tutto dall'alto.
    C'era il sole quel giorno, ma lui sentiva freddo come se fosse inverno.
    Erano tutti lì quei burattini tirati da fili invisibili, tutti troppo impegnati su loro stessi per vedere gli altri.
    Damian non voleva arrivare a tanto, ma ormai era troppo tardi.
    Si avvicinò al cornicione, chiuse gli occhi e aprì le braccia come se fossero delle enormi ali prima di lasciarsi cadere nel vuoto.
    Un salto e sarebbe finito tutto.
    Un salto e sarebbe cambiato tutto.
    Un salto e sarebbe stato libero.

    Damian riaprì gli occhi dopo il salto e si ritrovò in un lettino d'ospedale.
    Ancora vivo.
    Ancora in catene.
    Era attaccato a dei macchinari ed era coperto da bende e ingessature varie, ma era ancora lì.
    Cacciò un urlo agghiacciante che allarmò il personale medico che cercò di sedarlo.
    Dormì per un po' e quando si svegliò era nuovamente solo nella stanza.
    La puzza di disinfettante gli aveva invaso le narici in un attimo e sentì un forte senso di nausea.
    Gli girava un po' la testa e ancora non si capacitava del fatto di essere ancora lì.
    Vivo.
    Entrò un'infermiera con una cartellina in mano e gli fece una smorfia che doveva essere per lei un sorriso.
    «Gran bel salto, eh?!» disse sarcastica.
    Damian la ignorò.
    Era impossibile che fosse riuscito a sopravvivere, eppure era davvero lì in quel letto d'ospedale con quell'infermiera antipatica che scribacchiava qualcosa sulla cartella.
    E per il resto non c'era nessuno, come sempre dopotutto.
    Nessuno aveva mai tempo per lui.
    Quando l'infermiera uscì dalla stanza, Damian cercò di alzarsi per mettersi a sedere sul letto e guardare fuori per distrarsi un po'.
    Era al pianoterra, quindi non poteva tentare un altro salto.
    Sospirò.
    Non aveva nulla da fare e si stava annoiando a morte (e la cosa aveva un che di ironico), ma cosa peggiore era arrabbiato per essere ancora vivo.
    Era tutto calcolato da mesi e non si aspettava un risultato così pessimo.
    Voleva andarsene con tutto se stesso e invece la vita era stata nuovamente ingiusta con lui.
    Prese la sua flebo e iniziò a punzecchiarsi il braccio come se fosse un pugnale.
    Inutile dire che l'infermiera se ne accorse e chiamò aiuto.
    Nuova dose di sedativo.

    Quando riaprì di nuovo gli occhi era notte ormai e si sentiva parecchio debole.
    La stanza era ovviamente vuota, ma stavolta non tentò di fare altro: era davvero stanco.
    Ai piedi del letto c'era un vassoio con quello che doveva essere una specie di pasto: una fettina di carne, qualcosa che sembrava purè di patate e una mela.
    La carne sembrava truciolato, il purè sapeva di polistirolo e la mela era marcia per metà.
    Wow, una cena da re, Damn!, pensò.
    Buttò a terra il vassoio noncurante e si strinse in se stesso piangendo. Non doveva andare così, si ripeteva tra sé e sé.
    Era di nuovo solo col suo dolore lancinante che non lo lasciava mai in pace: nessuno sarebbe venuto in suo soccorso, doveva farcela da solo.

    Qualche giorno dopo i suoi genitori andarono a prenderlo all'ospedale appena fu dimesso: nessuno disse nulla e a Damian andò bene così, perché non aveva alcuna intenzione di spiegare ciò che aveva fatto e soprattutto il perché.
    E i suoi genitori non sembravano nemmeno interessati a saperlo.

    L'unica cosa buona che fecero fu di cambiare scuola al figlio, ma non era tanto per lui quanto per non fare brutta figura e quindi salvare la faccia: alla fine, era solo per interesse personale che facevano determinate scelte.

    Capitolo secondo

    "Quando si sente la fine bisogna piantare un inizio.”

    La nuova scuola non sembrava molto diversa dalla precedente: soliti ragazzi annoiati e snob, professoroni grigi con occhiali spessi e sguardo severo, bidelli simpatici ma non troppo.
    Benvenuto di nuovo all'inferno, pensò prima di entrare.
    Lì nessuno lo conosceva ancora, ma sicuramente non ci avrebbero messo molto a ricollegarlo al famoso 'incidente del cornicione' di cui parlava il giornale locale da due mesi ormai.
    Damian aveva le stampelle e già pensava a quanto si sarebbero divertiti i bulli a farlo cadere in terra o a rubargli le stampelle.
    Ormai ogni cosa nella sua vita era un tremendo cliché tedioso che non aveva mai fine.
    «Serve una mano?»
    Damian si girò in direzione della voce e si ritrovò un ragazzo alto vestito in maniera gotica con i capelli lunghi e lisci biondo platino (ovviamente tinti) e gli occhi ambrati che si erano piantati nei suoi e attendevano una risposta.
    «Ah, no grazie...» disse.
    «Adam comunque.» disse il ragazzo allungandogli una mano.
    «D-D-Damian...» rispose stringendogliela un po' goffamente per via delle stampelle.
    «Molto piacere D-D-Damian.»
    «Idiota.» bofonchiò.
    «Come scusa?!»
    «Ho detto che sei un idiota.»
    «Capisco...»
    «Be', non ti incazzi? Non mi picchi, non fai nulla?»
    Lo guardò un attimo e poi scoppiò a ridere di gusto.
    «Ma perché dovrei farlo?!»
    «Non sei uno di quelli che hanno le catene punk abbestia che si divertono a fare scherzi e malmenare chi li "insulta" o semplicemente chi respira nella loro area circoscritta?»
    Rise ancora più forte.
    «Cazzo, sei uno spasso.»
    «Sono serio.»
    Adam tirò fuori dalla tasca un pacchetto di sigarette e ne prese una per sé, per poi offrirne anche una a Damian che però rifiutò.
    «Non sono quel tipo che dici tu...» l'accese e fece un tiro. «Ma qualcuno potrebbe dire il contrario.»
    «Quindi devo starti alla larga?»
    «Dipende da te...»
    «Cosa?»
    Adam gli si avvicinò facendo un altro tiro per poi buttargli fuori il fumo in faccia.
    «Quello che vuoi con me.»
    Damian deglutì.
    «I-io...»
    «Dai, sto scherzando. Sei sicuro che non vuoi fare un tiro?»
    «Non fumo.»
    «Fai bene, è un vizio del cazzo.»
    «E perché tu fumi?»
    «Ottima domanda...» fece un tiro più lungo dei precedenti per poi ributtare il fumo dal naso. «Principalmente perché ti uccide lentamente, come tutto in questa vita dopotutto.»
    «Dipende dalla vita...»
    «In che senso?»
    La campanella dell'inizio delle lezioni suonò e la folla di studenti assonnati/snob iniziò a muoversi in blocco per entrare come un gregge di pecore.
    «Direi che è ora di entrare...» disse Damian sistemandosi lo zaino sulle spalle.
    «Vorrei che non lo fosse...» fece un ultimo tiro prima di spegnere la sigaretta sotto la suola dei suoi anfibi sotto lo sguardo incredulo di Damian.
    «Andiamo, non guardarmi così. Sono eco-friendly.»
    «Davvero?!»
    «Facciamo finta che sia così.»
    Damian fece spallucce e iniziò a muoversi in mezzo alla folla.
    «Aspetta eh!» fece Adam afferrandolo per un braccio.
    «Ma cos...»
    «Fate largo, disabile in arrivo. Avanti, spostatevi. Non vedete che ha le stampelle e non riesce a camminare?»
    Damian soffocò una risata e continuò ad avanzare per i corridoi ormai mezzi sgombri grazie all'intervento di Adam.
    «Prego, non c'è di che.» fece un mezzo inchino.
    «Sei assolutamente un idiota.»
    «Un idiota simpatico però. Ci vediamo in cortile a ricreazione.»
    «Non credo che...»
    «Non era una richiesta: era un ordine.»
    «V-va bene...»
    «Ci conto allora.»
    «Certo.»
    Damian proseguì verso la bacheca per trovare l'aula di letteratura senza accorgersi di avere un sorriso idiota stampato sulla faccia. Sperò che nessuno ci avesse fatto caso e continuò a vagare ancora un po' nei corridoi prima di arrivare nella sua aula.
    Era da tempo che non riusciva a sorridere in quel modo, senza dover essere torturato/forzato ed era una sensazione davvero bella.
    Quel ragazzo aveva una buona influenza su di lui nonostante sapesse ben poco sul suo conto.
    Non aveva mai avuto amici e Adam era la cosa più simile ad un amico che potesse avere, anche se non era sicuro che la cosa potesse andare granché avanti.
    Solitamente rovinava sempre tutto in un modo o nell'altro e per questo preferiva tenersi lontano dalle altre persone.
    Forse avrebbe dovuto impegnarsi un po' di più per costruire solidi legami e magari non si sarebbe nemmeno buttato dal tetto.
    Insomma, una persona amata e stimata da qualcuno che motivo avrebbe di farla finita?
    Ma probabilmente anche in quel caso la situazione non sarebbe stata diversa, ma almeno a qualcuno sarebbe importato.

    Si trovava talmente immerso nei suoi pensieri che non si accorse che era già suonata la ricreazione e che tutti erano usciti fuori nel cortile per parlare o fumare.
    A volte invidiava quelle persone, ma il più delle volte li disprezzava perché erano persone vuote senza ambizioni, sogni, speranze.
    Burattini tirati da fili invisibili.
    Raccolse le sue cose e uscì in cortile: camminava in mezzo a tutte quelle persone che lo ignoravano completamente e che non si staccavano da quello che stavano facendo.
    Ma a lui non importava se lo guardassero o meno, tanto non sarebbe cambiato nulla.
    «Ehi Damn!»
    Vide Adam seduto in un angolo da solo che gli faceva cenno di avvicinarsi.
    Ma aveva sentito bene?
    Lo aveva chiamato 'Damn'?
    Scosse la testa e lo raggiunse.
    «Giornata dura?» chiede Adam aiutandolo a sedersi vicino a lui.
    «E non è ancora finita...»
    «Già, una gran rottura.»
    «Dillo a me che devo spostarmi con quei così come se avessi quattro gambe.»
    «Invece ti invidio parecchio. Chissà quante ragazze ti hanno già lasciato il loro numero di telefono perché hai fatto loro pena.»
    «Tipo... Zero?!»
    Adam rise scuotendo la testa.
    «Era per tirarti un po' su.»
    «Ah, ahm...»
    «Non dev'essere facile con quegli affari.»
    «Non era facile neanche prima senza.»
    «Lo sai perché mi sono fermato per parlarti stamattina?»
    Damian scosse la testa.
    «Perché non avevi lo stesso sguardo di questa gentaglia: avevi lo sguardo spaesato e spaventato.»
    «Oh.»
    «Sei nuovo anche tu, non è vero?!»
    «Già...»
    «Lo sapevo.» estrasse una sigaretta dal pacchetto e se l'accese. «E come sei finito in quest'inferno?»
    «I miei.»
    «Allora andrebbero d'accordissimo coi miei...»
    «Immagino.»
    «Non sei un gran chiacchierone, eh?! O forse sono io che parlo troppo.»
    «No, colpa mia.»
    «Tranquillo.» aspirò e buttò fuori il fumo ridendo. «Almeno mi hai detto più cose di tutti i miei nuovi compagni messi assieme.»
    «Im...»
    «Ah no! Se ripeti le stesse cose non ci intendiamo.»
    «Scusa...»
    «Va tutto bene, non devi sempre chiedermi scusa.»
    «È più forte di me...»
    «Fattela passare.» aspirò ancora e ributtò il fumo. «Perché ormai nessuno chiede più scusa.»
    «Mhm.»
    «Davvero eh. Sono tutti bravi a sbagliare, ma nessuno chiede mai scusa e da una parte è un bene, credimi. Immagina un tipo che tradisce la sua ragazza e poi le fa: "scusa". Ecco, io se fossi la ragazza gli caverei tutti e due gli occhi.»
    Rise.
    «Wow, sono riuscito a farti ridere. Un punto per me!»
    «Non vantartene troppo ora...»
    «Volevo solo urlarlo a tutti.»
    «Che scemo...»
    «Ma stamattina cosa intendevi dire con "dipende dalla vita"?»
    «Ahm, non so... L'ho detto così per dire.»
    «Non vuoi parlarne, lo rispetto.»
    «N-non è per quello...»
    «Senti, mi sta bene così. Dopotutto nemmeno ci conosciamo.»
    «Lo so...»
    «E io sto correndo come un matto.»
    «Mhm...»
    Suonò la campanella.
    «Ah cazzo.» imprecò facendo l'ultimo tiro alla sigaretta prima di spegnerla.
    «Si ricomincia...» sbuffò.
    «Vieni, ti aiuto.»
    Lo aiutò a rialzarsi e Damian gli finì addosso.
    «Attento!»
    I loro visi erano vicinissimi e Damian si sentì avvampare: gli occhi di Adam da vicino sembravano dorati.
    «Froci!» gridò qualcuno.
    Damian si sentì avvampare ancora di più per la vergogna.
    «Meglio froci che con la faccia di merda come la tua.» rispose Adam mostrando il medio.
    «Hai sempre una risposta per tutto, eh?!»
    «Assolutamente, non sarei altrimenti.»
    «Già...»
    Rientrano insieme prima di separarsi nei corridoi: aveva biologia in quel momento e la sua voglia di conficcarsi un pugnale nel petto stava prendendo il sopravvento.
    Aveva sempre odiato la scuola perché si annoiava e soprattutto odiava condividere una stanza con altre persone che odiava.
    Era una cosa molto logica del resto.
    L'unica cosa positiva di quel giorno era l'aver conosciuto Adam che sì, correva come un matto, ma non sembrava evitarlo come facevano tutti gli altri, compresa la sua famiglia.
    Lui non lo rifiutava e anzi, lo forzava in un certo senso ad affidarsi a lui.
    E Damian non sapeva se fidarsi o meno, però dopotutto si era buttato dal tetto della sua vecchia scuola, quindi perché non fidarsi di quel ragazzo?

    Capitolo terzo

    "Ogni storia ha una sua fine, ma non è la fine della vita, è solo l'inizio di esperienze nuove.”

    Dopo una settimana in quel nuovo inferno climatizzato, Damian si stava adattando come meglio poteva: aveva conosciuto alcuni suoi compagni di corso e si era organizzato con loro per studiare qualche pomeriggio.
    Ma niente di esaltante.
    A volte la notte si svegliava di colpo dopo aver sognato di cadere nel vuoto e iniziava a piangere dal nulla e non capiva se tutto quello che stava vivendo in quel momento fosse un incubo o meno.
    Voleva ancora non essere più lì, ma si era lentamente distaccato dall'idea del suicidio.
    Almeno momentaneamente.
    «Damn!»
    La voce di Adam lo destò dai suoi pensieri e fece un sorrisetto per salutarlo.
    «Oh, frena l'entusiasmo che altrimenti mi emoziono troppo.»
    «Scusa...»
    «Giornataccia?»
    «Come tutti i giorni.»
    «Già, uno schifo. Ti capisco.»
    «Non credo.»
    «Siamo più simili di quello che credi...»
    «Forse.»
    «Io ne sono sicuro.»
    «Mh.»
    «Ho notato che stai cominciando ad ambientarti: è già una cosa positiva.»
    «Ma se mi stanno tutti sul cazzo.»
    «Quindi anche io?»
    «No!» arrossì. «Cioè... Te non sei come loro.»
    «E menomale direi.»
    «Io invece li invidio...»
    «E perché?»
    «Non so... Sono parte integrante della società mentre io ne vivo ai margini.»
    «Ed è un male?»
    «Secondo me sì.»
    «Perché?»
    «Mi sento costantemente solo ed incompreso.»
    «Come tutti gli adolescenti. Non mi dici nulla di nuovo.»
    «Mh.»
    «Non è male stare ai margini, osservi tutti da fuori. Loro sono le scimmie in gabbia allo zoo, noi siamo il pubblico.»
    «E questa da dove ti è venuta?»
    «Saranno state quelle due ore di chimica che mi hanno bruciato i neuroni.»
    «Secondo me li avevi già bruciati.»
    «È possibile.»
    «Comunque mi piace parlare con te. C-credo che possa considerarti un amico.»
    «Credi?!»
    «Be', non ne ho mai avuto uno. Devo abituarmi all'idea.»
    «Felice di essere il tuo primo amico allora.»
    Damian si sdraiò sul prato e chiuse gli occhi per qualche istante.
    «Com'è?» chiese Adam.
    «Com'è cosa?!»
    «Chiudere gli occhi e sperare di non riaprirli mai più...»
    Damian si rimise a sedere e lo fissò un po' irrequieto.
    «Perché questa domanda?»
    «Non so, ci penso da ieri.»
    «Forse è meglio pensare ad altro, non credi?!»
    «Forse sì.»
    «Meglio che inizi ad avviarmi ora in classe, almeno non vengo assalito dalla folla.»
    «Ti aiuto...»
    «No grazie, faccio da solo.»
    «Ci vediamo all'uscita allora.»
    «Sì, ciao.» e se ne andò.
    Forse Adam aveva scoperto che era lui quello dell'incidente del cornicione.
    D'altronde lo sapeva già che qualcuno lo avrebbe scoperto prima o poi, ma non si aspettava che fosse proprio Adam.
    Sospirò e salì i gradini che lo separavano dalla sua meta: l'aula di storia.
    Probabilmente gliene avrebbe parlato più avanti, con più calma, quando e se il loro rapporto fosse stato più forte.
    Ma ovviamente non era stato così, perché nulla nella sua vita andava mai come sperava.
    Prese dallo zaino un flaconcino da cui estrasse una pillola che mandò giù: avrebbe dovuto calmarlo per un po' in teoria.
    Ma in quel momento neanche la medicina più potente del mondo lo avrebbe aiutato.

    Capitolo quarto

    “Tutte le storie che amiamo hanno una fine, ma è proprio perché finiscono che ne può cominciare un'altra.”

    Passò un'altra settimana e Adam non aveva più fatto domande strane in riferimento (anche se in modo non proprio esplicito) alla storia del cornicione e per Damian fu un vero e proprio sollievo perché non sapeva davvero cosa dire.
    Lo aveva colto alla sprovvista, ma se fosse ricapitato l'argomento sicuramente avrebbe vuotato il sacco.
    Ormai era da un po' che passavano del tempo insieme prima di entrare e durante l'intervallo e anche se il più delle volte si lamentavano degli altri studenti, parlavano anche di altro come i loro hobby o le canzoni che preferivano.
    Però non parlavano mai di cose troppo personali o del perché si fossero trasferiti in quella scuola.
    Ma forse quello sarebbe stato il giorno perfetto per sapere più cose l'uno dell'altro.

    «Ti va di venire da me dopo la scuola?» esordì Adam.
    Damian lo fissò per qualche secondo prima di rispondere.
    «D-da te?!» balbettò.
    «Sì, sai. Casa mia...»
    «M-mi piacerebbe, sì.»
    «Bene, fantastico. Tanto i miei non ci sono.»
    «Oh, come mai?»
    «Mio padre si starà sbattendo qualche segretaria e mia madre starà salvando vite ad Haiti o giù di lì.»
    «Capito.»
    «I tuoi che fanno?»
    «Oh, ehm... M-mio padre è il proprietario di una banca e mia madre è un architetto.»
    «Figlio di papà anche tu, eh?!»
    «A quanto pare...»
    «Sai, mi sei davvero simpatico Damn.»
    L'aveva fatto di nuovo.
    Ogni tanto lo chiamava 'Damn' e faceva davvero strano.
    «Anche tu.»
    «Questo già lo sapevo, grazie.»
    «Guarda che ritiro subito quello che ho detto, eh.»
    «Too late.»
    «Io dico di no.»
    «Ah, comunque ti lascio il mio numero.»
    «S-sì, va bene.»
    «Dammi il telefono che te lo segno.»
    Gli porse il telefono e lui iniziò a digitare il suo numero sulla tastiera sorridendo dopo averlo salvato.
    «Posso farti una domanda?»
    «Ma certo.»
    «Perché parli con me?»
    «Damn, la vera domanda è perché tu parli con me.»
    L'aveva fatto nuovamente.
    «Perché mi chiami 'Damn'?»
    Si morse subito la lingua dopo aver fatto la domanda mentre Adam inclinò leggermente la testa.
    «Non posso?!»
    «N-no, cioè sì... È che mi fa strano.»
    «Perché?»
    «Nessuno mi chiama così a parte... Me.»
    «E me ora. Condividiamo qualcosa.»
    «Te però sei solo 'Adam', è triste come cosa...»
    «Posso essere un 'Damn' anche io se non consideriamo la mia iniziale.»
    «Non ci avevo pensato...»
    «Siamo due dannati allora. Sai, un po' come le anime dell'Inferno.»
    «Già...»
    «Siamo sul set di 'Angeli e Demoni'.»
    «A me sembra più quello di 'The Walking Dead'.»
    Adam scoppiò a ridere e per poco non cadde all'indietro.
    «Cazzo, sei uno spasso.»
    «Se lo dici tu...»
    «Lo dico eccome.»
    «È il fine settimana e mi sento uno schifo...»
    «Motivo in più per venire da me.»
    «Giusto.»
    Suonò la campanella.
    «Ecco il segnale.»
    «Mi aspettano due ore di matematica ora.»
    «Due ore di siesta, Damn. Due ore di siesta.»
    «Ma magari...»
    «Pensa a come ci divertiremo oggi pomeriggio.»
    «Oh, certo. Lo farò.»
    «Ci vediamo dopo.»
    «A dopo.»

    Dopo la fine delle lezioni, Adam lo aspettava vicino al cancello d'ingresso e appena lo raggiunse, gli mostrò la sua macchina.
    «Chissà perché immaginavo fosse nera...» disse Damian.
    «Allora sai già tutto di me.» disse aprendogli la portiera e aiutandolo a salire.
    «Immagino che ora metterai Marilyn Manson a palla.»
    «Nah, al massimo metto qualche gruppo mezzo sconosciuto svedese o islandese.»
    «Ascolti gruppi svedesi e islandesi?»
    «Ascolto parecchia roba.»
    «Wow.»
    «Te che ascolti?»
    «Dipende dal mio umore.»
    «Davvero?!»
    «Sì.»
    «Tipo, quando sei felice cosa ascolti?»
    Damian iniziò a giocherellare con le dita: non aveva una playlist 'felice'.
    «Ho detto qualcosa di sbagliato?»
    Scosse la testa.
    «Non sei spesso felice nemmeno tu, vero?!»
    «Non proprio...»
    «So cosa si prova.»
    «Non credo.»
    «Mettimi alla prova.»
    «Hai detto due volte "prova".»
    «È vero.» rise.
    «Comunque adesso va meglio, nel senso che prendo delle medicine per stare meglio...»
    «Antidepressivi?»
    «Qualcosa del genere.»
    «Ti va di fermarci al drive di qualche fastfood?»
    «V-va bene.»
    «Ovviamente offro io.»
    «Non c'è bisogno...»
    «Insisto.»
    «Vuoi sempre comandare tu, eh?!»
    «Come sempre.»
    Arrivati al drive Adam ordinò due panini, due porzioni di patatine giganti e due bibite.
    «Buon appetito.» disse allungando un panino a Damian.
    «Buon appetito.» ripeté.
    Addentò il suo panino: era buonissimo.
    Ma dopotutto dopo il cibo dell'ospedale qualsiasi cosa sarebbe stata più che ottima.
    «Ti piace?»
    «Moltissimo.»
    «Comunque ti ho inviato da me per conoscerti meglio...»
    Deglutì.
    «C-conoscermi meglio?!»
    «Ci vediamo solamente a scuola... Mi piacerebbe vederti anche al di fuori della scuola.»
    «Sono sempre lo stesso...»
    «Nah. Siamo tutti diversi al di fuori delle quattro mura dove ci rinchiudiamo ogni volta.»
    «Mhm.»
    «Non ti convince?»
    «No, è che non ci ho mai pensato...»
    «È per questo che hai conosciuto me. Ti indicherò la via, mio discepolo.»
    «Non fare il coglione...» rise.
    «Ma io lo sono, non posso non fare il coglione.»
    «Almeno ne sei consapevole...»
    «Mi sento offeso perché avresti dovuto smentirmi.»
    «Nah, è giusto così.»
    «Che impertinente...»
    «Comunque grazie per questo.»
    «Il panino?»
    «No. Cioè anche, ma non dicevo il panino...»
    «E cosa?»
    «Questo. Il passare del tempo insieme, essere mio amico e...»
    «Dovrei essere io a ringraziare te.»
    «N-non penso...»
    «Comunque siamo arrivati.»
    «Tu abiti qui?»
    «Già... Pazzesco, eh?!»
    «Ma allora sei ricco da fare schifo.»
    «Abbastanza.»
    Adam parcheggiò davanti al vialetto della sua villa e sorrise.
    «Ora ci si diverte sul serio.»

    Capitolo quinto

    "Su di un cerchio ogni punto d’inizio può anche essere un punto di fine."

    Damian non riusciva a credere ai suoi occhi: quella villa era ancora più enorme vista da dentro.
    «Ti piace?» chiese Adam.
    «Mo-moltissimo...» disse Damian estasiato.
    «L'ha arredata tutta mia madre. Se avesse buongusto anche in fatto di uomini, sarebbe perfetta.»
    «Non ti piace tuo padre?»
    «Diciamo che è una storia complicata che non ho intenzione di raccontare.»
    «O-Okay... Scusa.»
    «Non scusarti, te l'ho già detto.»
    «È più forte di me...»
    «Devi fartelo passare.»
    «C-ci sto provando...»
    «Dai vieni, devo farti vedere una cosa.»
    Lo prese per mano e lo portò verso le scale prima di salirle di corsa per arrivare davanti ad una porta che doveva essere quella della sua stanza a occhio e croce.
    «Non spaventarti.»
    La sua stanza rispecchiava esattamente la sua indole da metallaro e Damian non fu affatto sorpreso di vedere borchie ovunque e una chitarra elettrica appesa al muro.
    «Non sapevo suonassi...»
    «Ogni tanto mi capita di strimpellare qualcosa.»
    «Oh, figo.»
    «Ma non dovevo farti vedere questo.»
    «E cosa?»
    «Siediti sul letto, chiudi gli occhi e metti le mani come se dovessi ricevere qualcosa.»
    «Ma...»
    «Niente di sconcio, fallo e basta!»
    «V-va bene...»
    Seguì le indicazioni e sentì un sacchettino di plastica tra le sue mani.
    «Ora puoi aprirli.»
    Aprì gli occhi, notò che nel sacchettino di plastica c'era dell'erba e guardò interrogativo Adam.
    «Speravo ti andasse di fumartela insieme.»
    «Sai che non fumo.»
    «Ma so anche che hai avuto le palle di buttarti dal tetto della tua scuola.»
    Damian sentì il suo cuore saltare un battito: non avevano mai parlato di quella storia così apertamente.
    «Lo so da un bel po', se te lo stai chiedendo... Ero curioso di sapere come mai fossi nella mia stessa scuola con quelle stampelle.»
    «Io non mi sono messo ad indagare su di te però...»
    «Non avresti trovato granché. Mio padre fa sparire sempre tutto, è un mago.»
    «Tu perché sei in quella scuola?»
    «Se ti fa un paio di tiri con me, te lo dico.»
    «Ma lo sai che...»
    Gli strappò il sacchettino dalle mani.
    «No erba, no info.»
    «Sei sleale.»
    «E tu noioso.»
    «Rolla questa cazzo di canna, dai.»
    «Oh sì, sei veramente un duro adesso Damn.»
    «No, sono un coglione come te.»
    «Si vive una volta sola.» fece un sorrisetto mentre metteva un po' d'erba nella cartina. «Ma nel tuo caso, due.»
    «Era una battuta?! Dovevo ridere?»
    «Perché ti metti sulla difensiva ora?! Già sapevi che io sapevo.»
    «Come sapevi che io sapevo che tu sapevi?»
    «Ti si leggono in faccia certe cose.»
    «Non è vero!»
    «E rieccolo sulla difensiva.» chiuse la cartina e l'accese prima di fare un tiro profondo. «Fatti un tiro che magari ti rilassi...»
    «Rilassarmi?!»
    «Sì, ti vedo agitato.»
    «Io non...»
    «Rilassati.» gli passò la canna.
    «Fanculo.» la prese e fece un tiro.
    Damian non aveva mai fumato in vita sua, neanche mezza sigaretta per sbaglio e infatti appena fece un tiro tossì anche l'anima facendo ridere Adam.
    «Lo trovi divertente?»
    «Parecchio.»
    «Coglione.»
    «Comunque, un patto è un patto.» fece un tiro e poi buttò fuori il fumo. «Per fartela breve ho dato fuoco alla casa del custode.»
    «Tu cosa?!»
    «Già...» fece un altro tiro chiudendo gli occhi come se tornasse indietro nel tempo fino a quel momento. «Ho fatto un gran casino.»
    «Ma perché?»
    «Mi aveva offerto 300$ non potevo mica rifiutare.»
    «Ma se sei ricco da fare...»
    «Schifo?! Lo so. Ma sono soldi di mio padre e lui mi dà lo "stretto necessario per sopravvivere". L'erba l'ho presa con una parte di quei soldi infatti.»
    «E quindi ti hanno cacciato?»
    «All'inizio volevano solo espellermi perché comunque ero un valido elemento nella loro scuola visto la media dei voti alta, ma alla fine mio padre ha insistito per una "punizione esemplare" e quindi sono stato cacciato.» gli passò la canna.
    Damian fece un altro tiro facendo attenzione a non strozzarsi col fumo e poi lo buttò fuori.
    «Ehi, stai migliorando Damn.»
    «Già...»
    «Come ti senti?!»
    «Leggero.»
    «Sì, quello è il primo effetto.»
    «Bene.»
    «Comunque alla fine a me nemmeno piaceva la scuola dove stavo prima. Odiavo tutti.»
    «Nella nuova scuola non è cambiata molto la situazione...»
    «Era una battuta?!»
    «Eh sì.»
    «Ma allora anche tu le fai ogni tanto.»
    «Ho un ottimo maestro.» fece un altro tiro.
    «Vacci piano ora però.»
    «Se finisce ne facciamo un'altra.»
    «Dov'è il Damian che conosco io? Dove l'hai messo?!»
    «Non fare il coglione...»
    «Solo con te lo faccio.»
    «Allora sono davvero fortunato.»
    «Oh, lo sei.»
    «Che onore.» gliela ripassò e si sdraiò sul letto imitato poco dopo da Adam.
    «A cosa pensi?»
    «Fino a poco tempo fa ero arrabbiato perché avevo fallito nel mio tentativo di... Sì, insomma quello. Però adesso sono felice di essere ancora qui.»
    «Ah amico, la vita fa schifo ugualmente.»
    «Quello sempre, ma almeno ho conosciuto te.»
    «Siamo sentimentali.»
    «Fai il serio per una volta.»
    «Scusa, hai ragione. Sono felice comunque, ma ero serio quando dicevo che hai avuto davvero le palle per buttarti dal tetto.»
    «Perché?»
    «Anche io tempo fa ho provato a fare quello che hai fatto tu, ma non ci sono riuscito.»
    «Davvero?»
    Annuì.
    «Oh.»
    «Alla vecchia scuola mi frequentavo con un tipo, George, un gran figo che però non aveva il coraggio di dire ai suoi amici di essere gay e di avere una relazione con me. Poi il padre ci ha scoperto e bam! Fine della storia, non potevo più vederlo nemmeno per sbaglio.»
    «Mi dispiace...»
    «L'amavo con tutto me stesso, cazzo... E per colpa di suo padre ho dovuto dirgli addio.»
    «È davvero ingiusto...»
    «Non ti sorprende il fatto che io sia gay?»
    «Cambia qualcosa?!»
    «Non credo.»
    «E allora va bene così.»
    «Sta quasi per finire...»
    «E allora fanne un'altra.»
    «Piccoletto, devi andarci piano con questa roba.»
    «Va bene mamma...»
    «Damn, dico sul serio.»
    «Lo so.»
    «Bene.»
    «Ma d'altro canto parli con uno che ha già affrontato la morte...»
    «Ora sì che il tuo soprannome è più che azzeccato.»
    Rise.
    «Damn...»
    «Sì?!»
    Spense la canna sotto la suola delle scarpe e si sporse verso Damian baciandolo sulle labbra.
    Si aspettavo una risposta tipo: "ma che cazzo fai?" e invece Damian ricambiò inaspettatamente il suo bacio.
    Non sapeva se fosse per il fumo o altro, ma Damian si sentiva terribilmente eccitato e iniziò a sbottonargli i pantaloni.
    «Damn, Damn... Aspetta...»
    «Non ora.»
    Glieli tirò giù di scatto e si ritrovò il pene di Adam dritto davanti a lui.
    «Cazzo!» imprecò.
    «È un effetto col...»
    Non terminò la frase perché Damian gli tappò la bocca.
    «Ora fammi provare qualcosa di nuovo...»
    Era come se qualcuno avesse preso il controllo del suo corpo in quel momento.
    Non era più Damian, era Damn.

    Capitolo sesto

    “Io odiavo le fini. Nelle fini le cose si devono sempre, nel bene o nel male, mettere a posto.”

    «Mi fai impazzire così...» ansimò Adam. «Succhia di più.»
    Gli spinse la testa con una mano per metterglielo ancora di più in bocca mentre con l'altra mano gli abbassava i pantaloni e lo stuzzicava dietro.
    Damian continuava nel suo intento facendo attenzione a non strozzarsi: non lo aveva mai fatto prima e gli sembrava davvero strano, ma poco gli importava.
    «Damn... Damn...»
    «Mh.»
    «Sto per venire...»
    Appena finì la frase la bocca di Damian si riempì di sperma caldo, denso e amaro che mandò giù in un attimo.
    «Guarda che non dovevi farlo se non...»
    «Ormai l'ho fatto.»
    «Lo so.»
    «Mi viene da vomitare.» disse portandosi una mano alla bocca.
    «Aspetta, aspetta, aspetta! Ti accompagno in bagno.»
    La canna gli aveva fatto male e gli girava vorticosamente la testa.
    «Ferma questa cazzo di stanza.»
    «Dovrei fermare la tua testa forse.»
    «Mh.»
    «Va meglio?!»
    «Un po'...»
    «Vieni, stenditi un po' sul letto.»
    «Che cazzo di erba è?»
    «Non lo so, non gliel'ho chiesto.»
    «Se muoio sarà colpa tua...»
    «Tanto volevi già morire.»
    «Touché.»
    «Damn, quello che...»
    «Non parliamo, per favore. Mi gira la testa...»
    «È la prima volta che fumi, è normale.»
    «Te perché stai così bene?»
    «Questione di abitudine credo...»
    «Sei uno stronzo anche in questo.»
    «Almeno non sono coglione.»
    Rise.
    «Damian... Io mi sono innamorato di te.»
    «Non fare il coglione, dai.»
    «Sono serio.»
    «Mi conosci appena...»
    «Ma mi piaci comunque.»
    «Sei impossibile...»
    «Tu cosa provi per me?»
    «L'unica cosa che provo al momento è nausea.»
    «Ne parliamo in un altro momento?»
    «Mh.»
    Gli passò una mano tra i capelli.
    «Sei il primo ragazzo con i capelli rossi di cui mi innamoro, lo sai?!»
    «Buon per te.»
    «Cos'hai?»
    «Sto male, non voglio parlare. Non lo capisci?!»
    «Sicuro non ci sia altro?»
    «No.»
    «D'accordo. Dormi un po' che dopo ti porto a casa.»
    «Mh.»

    «Ehi, bella addormentata.»
    Damian si svegliò e si ritrovò la faccia di Adam a pochi millimetri dalla sua.
    «Ben svegliato.»
    «Mh, simpatico.»
    «Comunque è vero che con un bacio si può risvegliare la persona amata.»
    «Cosa?!»
    «Quello che ho detto.»
    Damian si alzò di scatto allarmato.
    «Mi hai baciato?»
    «Eh sì.»
    «Ma che cazzo t'è preso?!»
    «Ti ho già detto che mi piaci, pensavo fosse ormai abbastanza palese.»
    «Di che parli?»
    «Non... Ti ricordi?»
    «Cosa?!»
    «Non importa. Ti ho preso un'aspirina: prendila e ti riporto a casa.» disse allungandogli un bicchiere d'acqua.
    Damian prese la sua aspirina e si alzò dal letto accorgendosi di avere i pantaloni slacciati.
    «Mi hai toccato mentre dormivo?»
    «Solo un po'...»
    «Che frocio di merda che sei.»
    «Come scusa?!»
    «Sei un frocio di merda. Che cazzo mi tocchi mentre dormo...»
    «E tu che cazzo mi fai un pompino.»
    «Io cosa?!»
    «Sì, mi hai succhiato l'uccello con quella tua boccuccia adorabile che ora mi dice "frocio di merda".»
    «Non dire stronzate...»
    «Hai anche ingoiato.»
    «Smettila di dire stronzate!»
    «Non sono stronzate...»
    «Me ne vado.»
    «Ti accompagno io.»
    «No, grazie. Piuttosto vado a piedi.»
    «Dai, Damn...» lo prese per un braccio.
    «Non mi toccare e non chiamarmi mai più Damn. Anzi, non chiamarmi affatto. Io con te ho chiuso.»

    Capitolo settimo

    "Non riuscire a vedere la fine di qualcosa a volte è il fine di tutto"

    Passarono due settimane e Damian evitava Adam ogni volta che lo intravedeva a scuola.
    Non sapeva come sentirsi.
    Arrabbiato?
    Deluso?
    Violato?
    L'unica cosa che sapeva era che lui si fidava di Adam e lui aveva tradito la sua fiducia usandolo a suo piacimento.
    Ricordava pochissimo di quel pomeriggio e il fatto che Adam lo avesse baciato e gli avesse detto quelle cose lo faceva stranire ancora di più.
    Ma alla fine anche lui aveva esagerato a dirgli quelle cose, che tra l'altro nemmeno pensava.
    Però non sapeva come reagire.
    Rivoleva indietro il suo amico e basta, non voleva nessun annesso.
    Cos'era cambiato da quando si erano conosciuti?
    Mentre si interrogava sulla questione qualcuno lo prese per un braccio e lo trascinò nel bagno tappandogli la bocca.
    «Non urlare. Ora tolgo la mano.»
    Damian si girò verso Adam e gli diede uno spintone.
    «Che cazzo ti prende?»
    Adam controllò che il bagno fosse completamente libero e poi chiuse a chiave.
    «Dobbiamo parlare.»
    «Non devo dirti nulla.»
    «Allora ascolta me. Io ti amo Damn, mi sono innamorato di te dal primo giorno e credevo che anche per te fosse lo stesso.»
    «Non lo è e non lo sarà mai.»
    «Mi hai...»
    «Posso succhiare anche mille uccelli per quel che mi riguarda.»
    Adam lo spinse contro il muro e lo baciò.
    «Non provarci nemmeno.»
    «Altrimenti?!»
    «Diventeresti un frocio di merda anche tu.»
    «Forse già lo sono...»
    «Ed è un male?»
    «Non lo so...»
    «Quindi cosa provi per me?»
    «Non lo so...»
    «Non sai davvero nulla. Però mi parli ed è già qualcosa.»
    «Non dovrei...»
    «Non costringermi a baciarti di nuovo.»
    «Tanto lo faresti ugualmente...»
    «Forse.»
    «Andiamo via da qui.»
    «Cosa?»
    «Voglio stare solo con te nella tua stanza.»
    «Stai dicendo che...»
    «Se non provo non posso sapere se mi fa schifo o meno, no?! E il tuo bacio qualcosa ha smosso.»
    «Ho un'idea migliore, vieni con me.»
    Aprì la porta del bagno e lo prese per mano trascinandolo sul tetto della scuola.

    Capitolo ottavo

    "Ora questa non è la fine. Non è nemmeno l'inizio della fine. Ma è, forse, la fine dell'inizio.”

    «Vieni, dammi la mano Damn.»
    Erano sopra il cornicione e si stavano sporgendo da lì.
    Sotto si era raggruppata una folla di studenti incuriositi che li fissava.
    «Cosa vuoi fare?»
    «Qui finiva tutto per te o meglio, doveva finire. Invece qui è iniziato tutto perché senza il tuo salto da qui, noi non ci saremmo mai incontrati.»
    «Non sto capendo...»
    «La tua fine in realtà è solo un nuovo inizio.»
    «Ma...»
    «Ora voglio che qui ci sia un'altra fine e un nuovo inizio. Insieme.»
    «Adam, io...»
    «Voglio che tu riesca a fidarti nuovamente di me. E ti giuro, te lo giuro davvero, ti starò sempre accanto.»
    «Io mi fido di te.»
    «Allora chiudi gli occhi e affidati a me.»

    Capitolo nono: epilogo

    "This is the end, beautiful friend
    This is the end, my only friend
    The end [...]

    The end of laughter and soft lies
    The end of nights we tried to die
    This is the end"


    Damian riaprì gli occhi e si trovò sdraiato sul tetto accanto ad Adam che lo teneva stretto a sé e gli sorrideva.
    «Ora non hai più scuse, Damn. Ci siamo fatti una promessa.»
    «Ma tu rimani comunque un coglione.»
    «Però ti piaccio lo stesso, no?!»
    «Mhm, forse...»
    «Vieni qui e baciami, scemo.»

    FINE
    Ed eccomi qui anche io anime dannate con un leggerissimo ritardo, ma sempre in tempo! Ho scritto questo racconto in tipo tre giorni, quindi non insultatemi troppo. Visto che è l'ultimo contest volevo regalarvi un ultimo racconto anche se ammetto che non è granché. SOD


    Edited by SwordOfDarkness - 10/6/2019, 21:53
     
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    Il realismo della prima parte è davvero impressionante.
    Peccato fosse un racconto breve, tuttavia i colpi di scena lo hanno reso apprezzabile.
     
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    Caro Sword anche questo racconto seppur breve è notevole... intenso e profondo.. proprio nel tuo stile.. l'ultimo regalo prima della chiusura del forum.. Grazie.
    anche se in cuor mio spero ancora che riuscirai a terminare Discidium prima della fine.. o che comunque ci farai sapere cosa ha deciso al riguardo..
     
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2 replies since 8/6/2019, 22:52   1511 views
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