W-L-Y

SorPresa

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  1. AnYx.
     
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    Non dico niente... Buona lettura!
    Ci si sente dopo.

    Le lezioni universitarie sono strazianti, una noia infinita condita con insalate di parole e sproloqui su formule, materiali e altre stronzate. Maledizione a me e all’ingegneria.
    L’unico vantaggio dell’aver cominciato l’università è stato andarmene da casa. Finalmente un appartamento tutto mio in cui posso fare il cazzo che mi pare, senza che nessuno si intrometta nelle mie faccende, mi spii o mi tenga d’occhio.
    Mi districo nel costante disordine che regna indisturbato nel salotto, mi abbandono sul divano e certe volte ci resto fino al mattino successivo. Non devo alzarmi perché la cena è pronta, né per pulire la stanza.
    È proprio durante queste fantastiche serate che riesco finalmente a rilassarmi, a liberare il cervello, a lasciare liberi i pensieri. Ci provo davvero, ma fallisco sempre.
    In verità cerco di tenermi sempre impegnato tra studio, amici, sport e quant’altro; odio il tempo libero, odio la calme serafica della mia casa che mi accoglie pacifica e… vuota.
    Ogni volta che mi fermo il cervello si mette in moto e il cuore comincia a perdere i battiti. Sono passati tre anni ma mi mancano come se li avessi salutati ieri. Immancabilmente i ricordi di quell’estate ritornano e mi tormentano. Un’unica settimana che mai più si è ripetuta e ha reso tutte le altre settimane della mia vita inconsistenti rispetto all’intensità di ciò che avevo provato in quel viaggio in Inghilterra.
    E quando mi butto sul divano sento l’eco del tonfo propagarsi nella stanza e il vuoto mi assale. Fisso il soffitto, gli occhi si velano di lacrime, e rimango così fin quando mi addormento stremato.
    Skype aveva aiutato all’inizio, ci sentivamo quasi tutti i giorni e ridevamo. Vederli sorridenti dall’altra parte dello schermo mi faceva sentire bene, mi bastava saperli felici. Ci raccontavamo per ore cos’era successo nelle nostre giornate, ci prendevamo in giro, e non riuscivamo mai a terminare le videochiamate, incapaci di separarci ogni volta. Un nuovo addio ogni giorno. Spento il computer sentivo assalirmi la tristezza e il desiderio di poterli di nuovo stringere tra le braccia mi soffocava il cuore. Mi aggiravo per casa come un fantasma e i miei si preoccupavano per me, ma non ho mai raccontato loro nulla della mia vacanza. Non mi sembrava proprio il caso di raccontare delle cose che avevo combinato in quella casa super lussuosa. Tenevo per me le perversioni, il sesso, l’eccitazione, ma soprattutto l’amore. Era quello che mi faceva stare così male.
    Il tempo però, si sa, è un ottimo lenitivo. Con la fine delle vacanze estive gli impegni si accumulavano uno dietro l’altro, e il tempo per le chiamate si riduceva sempre di più, così capitava che per un giorno non ci sentissimo, poi per due. La vita aveva a ripreso a scorrere anche senza il mio permesso, e non potevo certo illudermi che per loro non fosse stato lo stesso. Libertini com’erano si sarebbero trovati in fretta qualcun altro con cui giocare, anche se il solo pensiero mi faceva morire dentro.
    Le videochiamate, divennero via via più rare, avevamo sempre meno cose da dirci e sempre più impegni che ci tenevano lontani dallo schermo del computer. Non me la sentivo però di tagliare quel filo, perché c’era stato davvero qualcosa, e ancora mi pulsava dentro, anche di fronte alla palese evidenza che non avrebbe potuto avere alcun futuro.
    Non ci fu un addio, o un saluto, o un bigliettino consegnato all’ultimo secondo, semplicemente finì. Le giornate continuarono, il sole sorgeva e tramontava esattamente come prima, le persone ridevano, soffrivano, ignare del fatto che per me il mondo era finito senza nemmeno aver avuto la grazia di avvertirmi. Si era esaurito come una stella morente. La cronaca di una fine certa sin dalla prima scintilla, perché sapevamo tutti che era una cosa che non sarebbe potuta durare, eppure ci siamo fatti trasportare dei sentimenti e ci siamo condannati da soli, giovani adolescenti e ingenui.
    Così mi sono dedicato finalmente allo studio, per buona pace di mia madre, mi sono diplomato e ho preso la patente.
    Uscivo la sera in compagnia degli amici, viaggiavo, ogni tanto avevo qualche avventura di una notte con qualche ragazza o ragazzo che fosse, ma finiva tutto con l’alba del giorno dopo, niente impegni.
    Infine è arrivata anche l’università, il trasloco nella casa nuova e il silenzio che questa ha comportato.
    Per questo sono quasi sempre in giro per i locali cittadini a far festa e a bere, così posso arrivare a casa sufficientemente stordito da non pensare a nulla e mettermi a dormire in pace.
    Scosto finalmente il braccio dagli occhi e mi accorgo che il cielo sta già virando verso l’arancione della sera. Mi tiro su e le molle del divano scricchiolano in un concerto di cigolii. Non ho voglia di uscire, proprio per niente.
    Guarderò qualcosa su Netflix e vaffanculo.
    Mi accorgo però, come illuminato, che questa casa è proprio un porcile. Se per caso mia madre arrivasse per farmi una sorpresa mi farebbe volare fuori dalla finestra.
    Rianimato da qualche misterioso spirito amante dell’ordine, mi metto in piedi e do il via alla mia impresa di pulizia e rinnovamento. È giunto il momento di andare avanti.
    Prendo un sacco nero e ci butto dentro tutta la torre di vecchi cartoni di pizza che si era creata sul tavolino del soggiorno, e trovo forchette, calzini e scontrini incastrati e nascosti in ogni angolo della stanza. Buttare le cose nel sacco ha qualcosa di liberatorio. Perfino passare la scopa sul pavimento mi fa sentire più leggero ad ogni ramazzata. Avrei dovuto dedicarmi fin da subito alla pulizia domestica, gettare la spazzatura è un ottimo esercizio psicologico per comprendere come le cose vecchie vadano buttate via per lasciare posto al nuovo e all’ordine mentale.
    Completato il soggiorno mi dedico a tutte le altre stanze della casa e dopo circa due ore mi ritrovo con tre sacchi pieni zeppi di immondizia e una casa linda e ordinata. Mi sento decisamente meglio.
    Di certo togliere le ragnatele e smacchiare la tazza del cesso mi hanno aiutato e distrarmi.
    Resta solo una cosa da sistemare, il divano, l’elemento più importante di tutta la casa e quello su cui passo la maggior parte del tempo, anche più del mio fantastico letto matrimoniale che la maggior parte delle volte non ho nemmeno la forza di raggiungere dopo le mie serate di festa. Nascondo con un cuscino la macchia di caffè che ho lasciato durante una delle mie colazioni fulminee, passate davanti al notiziario del mattino a deprimersi con notizie di stragi, morti e classi politiche manicomiali. Sposto un po’ i braccioli e controllo di non aver abbandonato qualche carta di caramella nei vari intercapedini. Non mi stupisce trovare dei pezzi di carta abbandonati, d’altronde so quanto sono pigro. Quando raccolgo l’ultimo però, sento una stretta dietro lo sterno.
    “We love you”
    Avevo stretto quel bigliettino un sacco di volte per addormentarmi e alla fine mi ero dimenticato anche di quello, chissà da quanto era lì incastrato. Me lo rigiro tra le dita, lo osservo, ricordo perfettamente il momento in cui lo aprii e la sorpresa che provai nel leggere quelle tre parole. La prova tangibile che tutto quello che avevo vissuto non era stato un sogno, ma la pura e bellissima realtà.
    Tutto ciò che rimane però, è questo foglietto di carta sgualcito, un chiaro segno di appartenenza ad un passato che non può tornare, e che continua a tormentarmi con ricordi nostalgici e scomodi, che ormai fanno solo più soffrire.
    Mi dirigo verso i sacchi e apro quello un po’ meno pieno, guardo per l’ultima volta il foglietto e cerco di imprimermi l’immagine di quelle linee di inchiostro nella testa, pronto ad abbandonarlo per sempre. Così lo lascio cadere e osservo la sua traiettoria irregolare e lenta fin quando si posa sopra ad un vecchio quaderno di appunti tutto rovinato, poi chiudo il sacco e lo lego.
    Appena finisco di stringere il nodo, suona il citofono e mi fa prendere un infarto.
    Non aspetto nessuno, spero solo che non sia qualche pubblicitario ostile o qualche venditore di aspirapolveri.
    Apro la porta pronto per rifiutare qualunque offerta ma le parole mi muoiono in bocca e il fiato mi si strozza in gola. Ci metto un po’ per riconoscerli, sono cresciuti parecchio e sono praticamente alti come me, ma quei capelli rossicci e quegli occhi verdi non potrei confonderli con quelli di nessun altro. La loro espressione furbetta non è cambiata, anzi ora che sono più grandi li rende ancora più irresistibili.
    Rimango impalato sull’uscio, non so che fare. Loro sorridono imbarazzati e spontanei e sento qualcosa nel petto che ricomincia a muoversi.
    «Hello!»
    «H…hi…»
     
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    Bentornato!
    Le tue storie sono garanzia di ottima scrittura, è bello leggere il seguito! Per un attimo ho sperato fosse quello di inferno, ma anche questa era una bella storia. Bravo, aspetto il seguito! :)
     
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    Ben tornato... wow se non sbaglio è il seguito di "Schiavetti perfetti".. che fantastica sorpresa.. quel racconto, letto parecchio tempo fa, mi ha fatto sognare..

    Spero che porterai a termine anche questo sequel.. sei davvero bravo.. (anche se spesso hai lasciato i tuoi racconti in sospeso... sarebbe un sogno se riprendessi a scrivere anche "Zodiac", mi faresti molto felice....)
     
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    Non addormentarti sul fondo del mare che lì è buio

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    Un ritorno ricco di emozioni, sono contento di poter leggere ancora uno dei tuoi lavori.
    Non sono sicuro se sono emozionato di più per il contenuto di questa pagina o perché sei tornato a scrivere :kohniglio:
     
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    Bentornato..... E come sempre..... Sara sicuramente molto emozionante.... ( ma non farci aspettare un secolo.... Ok? :P )
     
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    Fantastico già le scorribande in quella lussuosa vila inglese in mezzo a due gemelli direi molto libertini coraggio continua
     
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    Bentornato! é un'emozionante sorpresa rileggerti! grazie per le emozioni che ci hai dato con i tuoi racconti!
     
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    Ti prego continua :cry:
     
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  9. Piccola alce
     
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    Ciao, ben tornato.
    Al via una nuova emozione, di sicuro, perché tu sei sempre meraviglioso e i tuoi scritti sono garanzia di infinite scariche di adrenalina.
    Anche io speravo per un continuo del tuo capolavoro INFERNO...
    Io continuo a sperare, non si sa mai.
    Ancora ben tornato!

    Ps al tempo di inferno non ero piccola alce ma righel2001....
     
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    Continua... :O_O: :eddai:
     
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  11. Death S
     
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    Ti prego non lasciarci così, continuaaaa

    :O_O:
     
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    stefanoroma

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    un gradito ritorno
     
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  13. Piccola alce
     
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    Voglio un aggiornamento di inferno, please
     
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  14. Trikk
     
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    Eccomi qui con la bava alla bocca dopo aver letto un breve racconto ad aspettare il continuo, e aspetto ... aspetto... :fapfap: :eddai:
     
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13 replies since 11/11/2018, 12:30   2758 views
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