Posts written by Shaoran

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    BrokenHearted 12. "V" per "Violenza" e per "Verità"

    La TV mente.
    Quando fa freddo, in televisione, c’è sempre la neve, i prati coperti di bianco, le persone incappucciate, nascoste sotto cappelli colorati, sciarpe e giubbotti leggeri. Poi entrano in casa e tutti cominciano a bere cioccolata calda davanti al camino.
    Oggi non è neanche inverno… eppure fa un freddo da ghiacciarsi persino le unghie dei piedi! Cavoli…
    Cerco di accelerare il passo mentre la notte serpeggia tra le vie oscure della città. Un manto nero, freddo ed immerso nel torpore mi sta rallentando nei movimenti. Quando sbuffo, una nuvola di vapore volteggia nell’aria e sparisce come fumo. Sale verso il cielo, tocca le stelle e si frantuma.
    Mia madre mi dice sempre che sono un tipo freddoloso ed io la liquido con un “Macché”… Però, cazzo, mi sa che ha ragione.
    Svolto l’angolo dell’ultima palazzina prima del Club-é. Come se fossi giunto al confine del paese, le case lasciano il posto ad una landa larga e picchiettata di luci al neon. Il locale è chiuso, ma il parcheggio libero è ancora aperto… disponibile sempre, ventiquattrore su ventiquattro… così, tanto per… Sapete, nel caso uno voglia fotografare quelli che ci fanno sesso all’interno…
    Dio, che stronzo! Vorrei solo prendergli la faccia, fissarla al muro e cominciare a dargli tanti pugni. Invece… Invece? Invece che? Stai andando a farti stuprare, eh? Mi dici che intenzioni hai?
    Non so rispondere alle domande della mia mente. Odio quando è lei a parlare. Spesso dice il vero, spesso fa centro… proprio come Ale. Chissà se è tornato a casa, se mi sta cercando… Non ne ho idea.
    Smetto di pensarci quando entro nel parcheggio.
    Tra i segnaposti vuoti, due sono gli unici occupati. In uno c’è la mia auto… nell’altro…
    «Ci hai messo più di venti minuti…» la voce di Davide tuona dappertutto. Non lo vedo fino a quando la scintilla rossa di un mozzicone di sigaretta cade per terra e viene pestata dal tacco della sua scarpa.
    «Perché non entri? Credo tu stia tremando…» apre lo sportello e si siede al posto di guida.
    Entrare in macchina con lui è l’ultima cosa che voglio… ma non ho scelta. Non c’è più tempo per decidere cosa voglio e cosa no. Il destino non è clemente con me, non lo è mai stato. E non penso che lo sarà mai.
    Mi avvicino, poggio la mano sulla maniglia ed entro dal lato del passeggero.
    Non sento più freddo. Sento solo… il silenzio.

    «Se vuoi scoparmi fallo subito, così ci togliamo il pensiero…» mi sbottono la patta dei pantaloni e li tiro giù alle caviglie. Resto in mutande.
    Davide guarda le mie gambe e fa un sorrisino.
    «Credi davvero che mi basti?»
    Sbuffo: «Cos’altro puoi volere da me?»
    Davide gira la chiave e l’auto parte. «Qualcosa di più divertente.»

    Non so dove siamo. Davide si è fermato vicino ad una palazzina ai bordi della città, quasi in periferia.
    «Vieni… Rimettiti i pantaloni prima…»
    Me li rialzo e scendo dall’auto. L’oscurità della notte non ne vuole proprio sapere di dissolversi, così come la mia rabbia, ma anche… la paura. Perché qui? Che posto è? Dove siamo?
    Davide si avvicina ad una porta piccola e scura che spacca la superficie bianca della costruzione. Non c’è nemmeno il numero civico. Mi guardo attorno e non vedo nessuno. Idiota, chi vuoi che ci sia, in giro, di notte?
    «Entra» Davide si fa da parte mentre un tunnel di luce nera si apre nel muro. Cammino piano perché ho paura di inciampare. Mi volto a guardarlo e vedo la porta chiudersi con un tonfo.
    Trattengo il fiato un secondo, il tempo necessario che serve a Davide per accendere la luce.
    «Che puzza…» è la prima cosa che dico quando un lampadario illumina una stanza.
    Ci sono bottiglie di birra e alcolici disseminate dappertutto. Un televisore spento ed una coppia di divani rossi in un angolo. Poster di donne con le tette enormi – chiaramente un Photoshop – pendono sulle pareti colorati. Una porta ad arco, nel muro, porta in un’altra stanza.
    «Sta’ zitto e seguimi.» Davide armeggia con un mazzo di chiavi mentre apre la seconda porta. Lo seguo in silenzio non appena entra ed accende la luce.
    «Voglio che lo facciamo qui.»
    La stanza è illuminata a giorno, ma non ha finestre. Solo una specie di buco nel soffitto chiuso da un vetro opaco. Il lampadario che pende dall’alto è enorme.
    «È il tuo locale?» mi azzardo a chiedere.
    «Mio e di amici… Qualche volta ci è venuto anche Ale, sai…»
    Lo fisso in silenzio.
    «Su questo letto» indica un materasso rivestito di lenzuola blu: «ha scopato con molte ragazze» fa un sorriso cattivo che cerco di non guardare.
    Le dita cominciano a tremarmi. Perché? Dov’è il problema? Ale può scopare con chi vuole… Giusto? Giusto?
    Incrocio le braccia al petto e sbatto le palpebre più volte sugli occhi. Ovvio che non piangerò, che senso avrebbe?
    …allora perché mi viene naturale farlo?
    «Sai, lui…» Davide si avvicina e mi prende per la vita: «…le afferra così» le sue mani cominciano a scendere. Le dita mi finiscono sulla pelle, poi vicino all’elastico delle mutande, fino a quando non si infilano sotto.
    «Le bacia» si preme su di me ma per fortuna mi bacia solo sul collo. Non voglio dargli le mie labbra. «…e poi» mi guarda negli occhi ed aspetto la sua prossima mossa.
    «Ah!» Davide mi dà una spinta facendomi cadere di pancia sul letto. Mi afferra i pantaloni e li tira via. Senza sbottonarli, la cintura mi graffia la pelle.
    Sale a cavalcioni e comincia a tastarmi il culo.
    «Ti piace quando i maschi ti palpano il culo, eh?» mi arriva uno schiaffo fortissimo. Stringo i denti per non urlare.
    «Scommetto che anche lui lo fa, vero? Ti sculaccia?»
    Davide mi tira giù anche le mutande e comincia a martoriarmi il culo. Ad ogni colpo, il rumore si fa più intenso. Le sue dita mi colpiscono con forza, così tanto, che alle fine non riesco più a resistere.
    «Ah! Ahia! B-Basta!»
    Davide si ferma con entrambi i palmi aperti sulle mie chiappe. Credo mi siano diventate rosse perché anche le sue carezze bruciano.
    «E poi…» me le divarica: «…scommetto che ti fa questo, vero?» Un suo dito si appoggia sul mio buchetto, lo accarezza per tre secondi e poi ci si immerge dentro. Senza saliva, senza lubrificazione… a crudo.
    «Ah!»
    Davide lo lascia dentro e comincia a rotearlo. Sento il suo polpastrello sbattere sulle mie pareti anali. È come se volesse obbligare il mio culo ad aprirsi. Poi si ferma e comincia a tirarlo fuori. Due secondi e lo immerge di nuovo dentro.
    «Uh!» butto fuori un urlo strozzato che mi nasce in gola.
    «È così che ti allarga, vero? Ti ficca dentro le dita per vedere quando è libero il passaggio, eh?»
    Resto in silenzio.
    «E questo? Te l’ha mai fatto?»
    Sento un “flop” non appena il suo dito esce dal mio culo portandosi dietro un mio mugolio. Davide si piega e mi allarga il culo con la mani. Avvicina la bocca alla mia rosellina e comincia a leccare.
    Non lo vorrei, ma godo come un pazzo. Ogni volta che la sua lingua passa sul mio orifizio, una scarica elettrica mi arriva al cervello mettendomi KO. Ogni sua leccata è lenta, precisa.
    «Ha mai assaggiato il sapore del tuo buco del culo?» si ferma un secondo, me lo guarda e poi ci punta la lingua sopra. Ho un sobbalzo quando sento la punta umida accarezzarmi la prima parte dentro il buco. Non sono mai stato penetrato con la lingua.
    Davide si stacca, mi afferra dai fianchi e, con forza, mi fa girare. «Deduco che ti piaccia…» sorride guardando la mia bocca aperta, ansimante.
    «Mi piace quello che hai fatto. Ma non mi piaci tu» rispondo con tutta la cattiveria che riesco a trovare.
    «Chi ti piace, eh? Alessandro?»
    Odio il modo in cui lo dice. Odio quel suo sorriso sornione. Come se lui sappia qualcosa che io non so.
    «Vediamo se ti piace questo…» si muove sul letto sbottonandosi i pantaloni. Tira via i boxer e libera il suo uccellone. Non è lungo come quello di Ale, ma anche il suo è bello grosso.
    Si piega e me lo appoggia sulle labbra. Sento l’odore della cappella arrivarmi al naso.
    «Apri la bocca.»
    Lo faccio sollevando il collo. So che vuole che glielo succhi.
    «Ehi, ehi!» mi afferra la fronte sbattendomi di nuovo la testa sul materasso: «Ho solo detto che devi aprire la bocca. Non ti ho detto di succhiarlo… Sei proprio una troia» ride.
    Non capisco, ma, d’altra parte, non ho voce in capitolo. Resto a bocca aperta senza sapere che fare.
    «Mmh» lo sento mugolare: «Ecco… Sì…»
    Guardo la punta del suo pisello e vedo una scia gialla cadermi in bocca.
    Subito chiudo le labbra sputando quello che mi è arrivato in gola.
    «Troia! La mia piscia non va’ sprecata!» Davide urla afferrandomi il naso. Resisto finché posso, cioè non molto, e poi sono costretto a riaprire la bocca per respirare.
    «Sì! Bevi, bevi…»
    Cerco di non ingoiarla, ma è troppa. Mi sento affogare. Senza accorgermene, comincio a tossire e sputacchiare. Il sapore amaro della sua pisciata mi entra in corpo assieme al desiderio nauseabondo di vomitare.
    Davide, allora, si afferra il membro e dirige lui il getto: «Cazzo, sì!» urla, bagnandomi le guance, la fronte e i capelli. Mi ritrovo tutta la faccia bagnata, calda e puzzolente.
    Lui mi guarda e sorride: «Ah! Avevo la vescica piena…» mi sbatte il pisello sulle labbra facendolo gocciolare, poi, finalmente, mi libera il naso.
    «Adesso puoi succhiarlo, puttana. Vedi di farmelo venire bello duro…» con una spinta, mi ritrovo la bocca riempita di carne, la sua. Cerco di fare come dice anche se l’istinto di morderlo e farlo sanguinare mi irrora rabbia nelle vene.
    Risucchio le guance e comincio a lavorarlo di lingua. Ho le braccia bloccate lungo i fianchi dalle sue gambe, altrimenti potrei almeno lavorarlo un po’ di mano. Non è per dargli piacere, ma solo per far sì che tutto questo finisca al più presto.
    «Mmh… Ci credo che Ale ti vuole tutto per sé. Succhi meglio della mia ragazza…» comincia a muovere il bacino. Vuole scoparmi la bocca.
    Continuo ad assaporare il gusto dei suoi umori, piscia e presperma, mentre stringo le dita a pugno.
    «Buono, eh?» ride, con le mani sui fianchi. In risposta, cerco di fare una faccia arrabbiata… ma è impossibile farlo con un pisello in bocca.
    Sconfitto, continuo a succhiare.
    «Beh? Che dici? È abbastanza duro per te?» Davide lo tira fuori e lo stringe dalla base. Scappellato, la punta appare più rossa dell’asta ricoperta di venature scure.
    «Guarda un po’ come lo ammiri… Ti piace, eh?» comincia a sbattermelo in faccia. Il rumore e il dolore dell’essere picchiato con un cazzo mi riporta a quando me l’ha fatto Ale. Anche lui mi ha schiaffeggiato con il pisello.
    «Basta!» urlo all’improvviso. Sposto la testa di lato fissando il nulla.
    Davide si ferma e ride: «Cos’è? Ti fa male? Forse è troppo grosso per una troietta come te…» finalmente scende dal mio petto e mi fa girare di nuovo.
    So che adesso vuole scoparmi, perciò resto fermo senza protestare. Giro solo la testa per guardare quello che fa. Afferra un preservativo dalla tasca e se lo infila sul pisello. Si avvicina al letto e me lo punta in mezzo alle chiappe.
    «Avrei preferito scoparti a crudo, senza protezioni, ma non voglio rischiare solo per fare un dispetto ad Ale…»
    Cosa? Sgrano gli occhi. «È per questo che mi stai scopando? Per fargli un dispetto?»
    Davide ride. Punta la cappella sul buco e si piega sulla mia schiena. Ho la sua bocca vicina all’orecchio. «Tu non lo sai…» bisbiglia: «…ma io ed il tuo caro Alessandro abbiamo un patto. Siccome siamo amici, io non posso scoparmi le ragazze che si scopa lui e viceversa. È una specie di accordo. Così, nel caso in cui ci innamoriamo di una tipa, avremo la certezza che l’altro non se l’è scopata. Tipo… Stella, la mia ragazza… Lei non è mai stata con Ale.»
    «Mi fai schifo…»
    «Io?» Davide ride: «Guarda che anche il tuo Alessandro fa così. Credi davvero che da quando ti conosce scopa solo con te? Ahaha! Lui si passa tutti i buchi possibili, credimi… Proprio come me…»
    «Lui non è come te!»
    «Ah no?» Davide fa un risolino malvagio: «Perché? Perché è venuto a salvarti da me al Club, stasera? Credimi, l’ha fatto solo affinché io rispettassi il patto… Non c’è un’altra ragione…»
    So che non dovrei, ma, in realtà, voglio che ci sia eccome un’altra ragione! Dev’esserci per forza! L’ha fatto per me! Perché… Perché…
    «Oh no!» Davide fa una finta faccia dispiaciuta quando vede che resto in silenzio: «Non avrai davvero creduto che si fosse innamorato di te, vero?»
    Chiudo gli occhi sperando che basti a non sentirlo dire altre cattiverie. Ma è inutile. Non serve a niente chiudere gli occhi per non sentire.
    «Che frocio… Mio Dio!» Davide si mette a ridere. Il suo cazzo comincia a lacerarmi l’ano… ma non lo sento. La delusione è troppo forte per pensare ad altro.
    «Davvero lo pensavi? Cristo, che checca…» spinge, spinge, spinge. La sua asta scivola piano piano dentro di me riempiendomi il culo. Mi ritrovo inculato da un cazzo grosso che odio… e non m’importa. Se Davide ha ragione, non m’importa più di nulla.
    «Sei solo un buco da sfondare per lui, esattamente come lo sei per me. Tu servi solo a far godere i cazzi che hanno bisogno di sfogarsi. Per questo ora sei qui, a farti rompere il culo da me…» si piega sul mio corpo per scoparmi da steso: «Ricordalo, frocetto… Tu non servi ad altro. Non sei importante per nessuno.»
    Ed accelera il ritmo della cavalcata.

    «Cazzo, che vacca da monta che sei… Ho sborrato come un pazzo nel preservativo…»
    Davide si tira indietro liberandomi il culo dal suo palo. Quando finalmente ha finito di sfogarsi, sollevo lo sguardo dal materasso e guardo le lenzuola bagnate di lacrime. Ho pianto… ma non per quello che Davide ha fatto, ma per quello che ha detto. Certe parole fanno male, più dei gesti.
    «Resta fermo» ordina… Non mi sarei mosso comunque.
    Sento che si allontana e poi torna vicino al letto. Il rumore del preservativo che viene tirato via dal cazzo ormai moscio mi fa girare la testa. Davide si appoggia al bordo del materasso e mi apre le chiappe.
    «Ecco… Sì… Così…» capovolge il preservativo e subito il suo sperma cola sul mio buco. Ha sborrato parecchio… così tanto che un po’ comincia a gocciolarmi lungo le cosce. Lui mi guarda il buco sporco della sua sborrata con una faccia orgogliosa… Dio, quant’è odioso!
    «Apriti le chiappe con le mani. Voglio vederlo bene…»
    Stendo le braccia dietro la schiena, mi afferro il culo e me lo apro. Chiudo gli occhi pur di non percepire l’umiliazione che sto subendo.
    Click!
    «Perfetto…»
    Apro gli occhi: «Che hai fatto?»
    Davide poggia il cellulare sul comodino accanto al letto e sparisce oltre la porta: «Sta tranquillo… Ho solo eliminato la foto. Vado a farmi una doccia. Tu puoi pure andartene. Non m’importa più nulla di te.»
    Aspetto che la sua risata da maniaco venga soffocata dal rumore dell’acqua che cade a pioggia da un soffione nella stanza adiacente… Deve esserci un piccolo bagno che non ho notato quando sono entrato.
    Mi metto seduto sul letto e mi sistemo i pantaloni. Mi ha scopato persino con la maglietta addosso.
    Quando mi alzo, traballo un po’. Non ho dolore al culo… è già tanto quello dell’animo. Mi appoggio al comodino per fare un respiro profondo e sento il rumore di qualcosa che cade.
    Non faccio in tempo ad afferrare il cellulare di Davide che finisce per terra. Lo raccolgo e, sbloccando lo schermo, ne approfitto per controllare che la foto non ci sia più per davvero.
    Scorro la galleria e non trovo nulla… nemmeno tra le altre cartelle. Strano… ma ha mantenuto la parola.
    Trr! Trr!
    Il telefono mi vibra in mano all’arrivo di un messaggio. Spinto dalla curiosità, apro la conversazione.

    «Figlio di puttana! Che gli hai fatto! Dov’è Chri? Giuro che appena ti trovo ti rompo il culo!»

    Il messaggio arriva da… Oh cazzo! Ale!
    Scorro la conversazione verso l’alto e guardo i messaggi precedenti. L’ultimo, inviato da Davide, è un file. Una foto. La mia.
    Il mio buco del culo, ricoperto di sborra bianca, ha catturato l’intero obiettivo. Si vedono le mie mani che tengono aperte le mie chiappe e la mia faccia dall’espressione incerta con gli occhi chiusi.
    Ecco cos’ha fatto… Ecco perché voleva che mi tenessi il culo aperto da solo…
    Come ho fatto a fidarmi!

    Mi guardo alle spalle e resto in ascolto… Il rumore dell’acqua che scroscia continua imperterrito.
    Torno a concentrarmi sul cellulare e clicco sul pulsante CHIAMA accanto al nome di Alessandro.

    «Figlio di puttana! Dove sei? Dov’è Chri!!!»
    «Ale? Ale… Sono io.»
    Un sospiro di sorpresa tappa la comunicazione per un secondo.
    «Chri! Sei tu? Dio… Cucciolo, dove sei? Che ti ha fatto?»
    «Non lo so, Ale… Sembra una specie di… locale» posso dirgli che lui è venuto qui molte volte a scopare con delle ragazze? Non mi sembra il caso: «Ha le pareti colorate e…»
    «Ho capito! Ti vengo a prendere. Dov’è Davide?»
    «Sotto la doccia…»
    «Stronzo» impreca Ale. Dall’altra parte della telefonata sento il rumore di un’auto col motore che borbotta.
    «Aspettami lì. Arrivo subito. E ti prometto che lo ammazzo, Chri. Te lo giuro. Tu, però, non farti più neanche solo sfiorare da quel pezzo di merda!»
    «Ale… Ale, aspetta… Devo chiederti una cosa…»
    «Ti giuro che lo ammazzo, appena arrivo…» non mi sta neanche ascoltando. È troppo arrabbiato.
    «Ale! È importante…»
    «Sono quasi arrivato… Sta tranquillo, Chri…»
    «Ale! Ascoltami! Tu… Tu mi ami?»
    Le imprecazioni cessano. Dall’altra parte… silenzio.

    [To be continued…].
  2. .
    La realtà non è un presupposto del pensiero, ma è una creazione stessa del pensiero: esiste solo in quanto noi la concepiamo. Senza l'uomo, la materia sarebbe un inerte ammasso di atomi. E' l'uomo che plasma questi atomi secondo la sua volontà e il suo volere (vedere Teoria delle Vibrazioni Eteriche). Se pensiamo che la realtà è un prodotto della coscienza umana, è chiaro che non esiste alcuna distinzione tra "esistente" e "non esistente". Mi spiego meglio: esistono diversi piani di realtà, alcuni dei quali non possono essere percepiti dagli organi sensoriali. Ma si può annullare questa distinzione con una forte attività mentale in grado di creare un "collegamento" tra queste due realtà (es.: misticismo e meditazioni). In tal senso l'uomo ha degli attributi divini (Il Verbo si fece carne...), ed è in grado di plasmare il mondo e la materia a suo piacimento.
  3. .
    BrokenHearted 11. Ricatto

    CHRISTIAN:
    Il rumore dei jeans che mi stringo in vita con la cintura riecheggia in tutto il parcheggio.
    Sono solo. E quando sono solo non riesco a pensare a nulla.
    Mi risistemo la maglietta appoggiandomi allo sportello della macchina. Guardo intorno e vedo solo luci nere, ombre indefinite, contorni sfumati. Alzo lo sguardo al cielo e forse prego. Prego che qualcuno venga a dirmi che non era nulla, che me lo sono immaginato, che quel flash bianco è stato solo un gioco di luci della mia mente.
    Affondo le mani nelle tasche mentre una pioggia di stelle mi scintilla sulla testa. La notte è bellissima… e spaventosa. Di notte le ombre camminano accanto ai corpi, attaccate ai loro piedi, sotto i fasci delle luci più brillanti. Anche nella luce l’oscurità riesce a penetrare. È solo una battaglia. L’una divora l’altra. E viceversa. La vittoria non è mai assicurata.
    Sollevo lo sguardo quando sento il rumore di qualcuno che corre sull’asfalto del parcheggio. Vedere Ale venirmi incontro è come individuare la luce di un faro in mare aperto. È l’ultima spiaggia… La più sicura.
    «Nessuno…» Ale ha il fiatone. Si appoggia sulle ginocchia ansimante, trafelato.
    «Davide?!» chiedo, avvicinandomi di un passo.
    Non ho idea di chi fosse il fantasma nero che è sgattaiolato via, verso il Club-è, dopo averci scattato una foto. Ale l’ha inseguito, fin dentro al locale, ma non è riuscito a trovarlo.
    «Non l’ho visto da nessuna parte…»
    Ho sperato che fosse lui. È stato il primo a venirmi in mente… ma, allora, come ha fatto a dissolversi nel nulla?
    «Credi che ci abbia visto?»
    Ale si rimette dritto. Stende un braccio per accarezzarmi la guancia, ma lo fa ricadere subito lungo i fianchi. È terribile. Ha paura anche solo di sfiorarmi. Lo so. Lo capisco.
    «Chri, ci ha scattato una foto. È ovvio che ci ha visto.»
    Le mani escono da sole da dentro i jeans e cominciano ad aggrovigliarsi. Ho le dita sudate e l’ansia che mi freme dappertutto. Ale ha sfilato subito il suo pisello da dentro me per inseguire lo stronzo che ci ha spiato. È stato bruttissimo. È stato come perderlo… e spero che non sia successo davvero.
    «Sta tranquillo» si avvicina senza toccarmi. Il suo corpo palpita emozioni a pochi centimetri dal mio. Voglio sentirlo addosso, su di me, con me… ma so che non si può. È troppo pericoloso qui fuori. Mi spiace solo di averlo capito così tardi.
    «Ti prometto che troverò Davide e lo ammazzerò con le mie stesse mani!»
    «Come fai a sapere che è stato lui?»
    «Chi altro potrebbe essere stato?»
    Ha ragione. Devo cominciare a seguire i consigli di Ale: ha sempre ragione!
    «Mi sento in colpa» ammetto. Abbasso lo sguardo senza neanche volerlo. La strada grigia mi riempie gli occhi.
    «Non devi. Non è colpa tua, Chri…» vorrei tanto dire che Ale mi sta accarezzando, toccando, sfiorando, baciando… ma non è così. Averlo così vicino eppure così lontano mi distrugge. Stavamo per farlo, stavo per fare la cosa più bella che potessi fare con lui: concedermi; ed uno stronzo ha rovinato tutto.
    «Sì, invece!» sbraito: «Se non l’avessi fatto arrabbiare a quest’ora…»
    «…a quest’ora niente!» mi interrompe Ale: «È uno stronzo e basta. Tu non c’entri. Smettila di pensarlo.»
    Guardo Alessandro. Se c’è una cosa positiva della notte è che riesce ad illuminare i suoi occhi scuri. Non credo di averli mai visti così belli, così splendenti…

    «Adesso che facciamo?» chiedo.
    Ale si guarda intorno, poi mi fissa. «Devo andare a cercare Davide.»
    «Vengo con te» afferro le chiavi della macchina da una delle tasche posteriori.
    «No!» Ale mi ruba le chiavi e le esamina come se fossero gemme preziose: «Questa lasciala qui» indica la mia macchina: «Non puoi tornare a casa da solo. È tardi, è notte… ed il viaggio è lungo. Ti riaccompagno io.»
    «Grazie ma non mi serve una guardia del corpo» sbotto con le mani sui fianchi. L’ho già detto che odio essere trattato come una donzella? No?! Beh, sì, a volte lo odio…
    «Ti riaccompagno io, punto.»
    Che nervi quando fa così!
    «Non mi piace ricevere ordini…»
    Ale si volta e comincia a camminare verso un’altra auto. Credo sia la sua. «Quando però ti dico di metterti a pecora ti piace…»
    Imbarazzo. Imbarazzo. Tanto imbarazzo.

    «Dammi il tuo telefono…»
    «Che?!» Comincio a sfilarlo via dalla tasca prim’ancora che Ale mi abbia risposto.
    «Devo fare una cosa…»
    L’auto di Ale puzza di sigaretta. Non ci ero mai stato prima. È piccola, compatta, carina… Ma la prima cosa che penso è che qui dentro deve essere difficile scopare. Che strano il mio cervello! Pensa al sesso anche in un momento come questo.
    «Dov’è la rubrica?» chiede scorrendo il menù delle mie applicazioni.
    «Quell’icona rossa.»
    Ale preme un tasto. Appare la mia lista contatti. Sollevo lo sguardo un attimo per guardare fuori dal parabrezza mentre lui scorre l’elenco dei numeri.
    Ormai nel parcheggio ci sono solo poche auto. Per fortuna è libero, domattina potrò riprendere la mia macchina.
    «Chi è “PRINCIPE”?»
    Il viso di Ale è illuminato dal display. Contornato dalle onde nere della notte, il suo volto è sfumato di bianco e d’azzurro. Ha un sorriso che gli finisce sulle guance, la barbetta corta brilla come polvere d’argento. Cazzo, quanto è bello…
    «Nessuno!» cerco di afferrare il cellulare ma la sua mano si allontana finendo vicino al finestrino: «Ehi! Dai, ridammelo!»
    «Te l’ho già dato poco fa, quante volte lo vuoi prendere, eh?!»
    «Scemo» faccio un risolino: «Dicevo… il telefono!»
    «Okay, non controllo il numero di “PRINCIPE”, contento?» scorre ancora la lista riavvicinando il cellulare.
    Mentalmente, sospiro di sollievo.

    «Ecco qua…»
    «Che hai fatto?» quando mi passa il telefono le mie dita sfiorano le sue. Dopo tutto quello che abbiamo fatto non dovrebbe farmi alcun effetto, invece mi emoziona ancora. Come se non sapessi nulla del suo corpo, soprattutto dalla vita in giù.
    «Ho mandato un messaggio a tua madre. Così puoi restare a dormire da me e non saremo costretti a fare viaggi lunghi né tu né io.»
    «Cosa?!» controllo velocemente i messaggi e vedo la conversazione avviata. Mia madre risponde quasi subito con un “Okay, okay. Sta attento.”
    «Tu sei pazzo!»
    «Perché? Perché ho detto a tua madre che dormi a casa di amici? Che c’è di strano…»
    «Che c’è di strano?! Forse il fatto che siamo stati appena fotografati mentre il tuo cazzo mi entrava nel culo? E mi chiedi cosa c’è di strano!»
    «Preferivi che gli dicessi “Ehi mamma, resto a dormire a casa di un mio trombamico. Tranquilla, ce l’ha grosso ma l’ho già preso…”»
    Okay, è divertente. Una piccola risata mi scappa senza controllo. «“Ce l’ha grosso”, eh? Sei modesto…» lo canzono.
    Ale mette in moto: «Ho solo usato parole tue…» e mi fa l’occhiolino.

    L’interno numero 22 sembra così tetro rispetto all’ultima volta, quando sono venuto qui con Ale solo per scopare… anzi, per farmi scopare. Eppure è bello rivedere quel numerino dorato risplendere come un’ancora di salvataggio stesa sulla costa.
    «Prego» come al solito, Ale mi fa entrare per primo. Credo sia una sua abitudine far entrare prima l’ospite. Faccio qualche passo incerto fino a quando non riconosco la camera da letto in fondo al corridoio. È bello ritrovarsi qui.
    «Allora…» mi giro quando sento Ale armeggiare con un mazzo di chiavi: «Fa come se fossi a casa tua. L’importante è che ti chiudi dentro e non apri a nessuno. Io, nel frattempo, vado a cercare Davide.»
    «Che? No, non se ne parla. Io vengo con te.»
    Ale sbuffa: «Non farmi incazzare. Stai qui buono e fermo. Mettiti a dormire, a guardare la TV, tutto quello che vuoi… ma da Davide non ci vieni. Io so come prenderlo, è un amico mio.»
    «Begli amici che ti cresci!»
    Colpito e affondato.
    Ale si rabbuia. Per una volta è bello avere ragione.
    «Okay, scusami. Che posso dire? Mi spiace, non pensavo fosse così… così…»
    «Stronzo, coglione, pezzo di merda, figlio di puttana, vigliacco…»
    «Okay» Ale ride: «Abbiamo capito che conosci tutto il repertorio.»
    «Se vuoi continuo…» scherzo.
    «No» finalmente si avvicina e mi prende per i fianchi. La casa gli dà sicurezza. E ne dà anche a me. «Fai il bravo e resta qui. Se non è a casa o nei posti che di solito frequenta, ti prometto che torno subito.»
    Sospiro: «Okay. Ma sappi che ti sto odiando. Odio essere trattato come un bambino.»
    Mi afferra per le guance tirandomi su di lui. Mi piove un bacio sulle labbra. Non ci speravo più ormai. Lo afferro dalle spalle e cerco di tenerlo il più possibile addosso. A volte si ha bisogno di un bacio, o anche di più.
    «Quando torno prometto che ti tratterò come piace a te» ammicca. Sorride. Esce sul pianerottolo e si tira la porta alle spalle.
    Poco dopo, il rumore di un’auto che parte veloce arriva dalla strada.

    Non so che fare.
    È stato carino da parte di Ale portarmi qui, in questa specie di rifugio sicuro… ma, da solo, non so come comportarmi.
    Di accendere la TV non se ne parla. Sono troppo in tensione per sentire anche solo volare una mosca. Dormire? E chi ci riesce! Mangiare? Non voglio approfittare dell’ospitalità di Ale…
    Cavoli, che odio!
    Vado verso la camera da letto ed apro la porta.
    L’oscurità del cielo notturno entra dalle finestre avvolgendo tutta la stanza. Tamburello le dita sulla parete fino a quando non becco l’interruttore. Quando la luce si accende, il letto sfatto trabocca di lenzuola bianche e beige, l’armadio è aperto, i vestiti cadono come foglie dagli alberi sul pavimento.
    Che casino.
    Richiudo l’armadio gettandoci dentro quello che posso. Rifaccio il letto e liscio le coperte. Scalcio le scarpe accanto al comodino e poso il giubbotto per terra.
    Il materasso cigola quando mi ci stendo sopra e l’odore di un corpo sudato mi travolge. Assaporo quest’essenza inebriante che immagino sia di Ale.
    Chiudo gli occhi. Ho bisogno di riposo.

    Trr!!!
    Il telefono mi vibra in tasca. Spero di non essermi addormentato.
    Guardo sul comodino nella speranza che Ale abbia una sveglia come chiunque. C’è.
    Cavoli! Le tre del mattino! Dov’è Ale? È passato molto o poco tempo da quando se n’è andato? Accidenti, avrei dovuto controllare!
    Sfilo il cellulare dalla tasca ed attivo il display.
    1 NUOVO MESSAGGIO.
    Forse è Ale…
    Le dita cominciano a tremarmi mentre leggo.

    «Adesso chi è nella merda, eh?! Guarda come siete venuti bene! Sta tranquillo… Non la renderò pubblica. Beh, se farai quello che ti dico io! Altrimenti…
    Sai, mi dispiace rovinare la vita e, soprattutto, la reputazione al mio amico… Ale è un bravo ragazzo. Ma tu… tu sei solo una puttana.
    - D.»

    In allegato al messaggio c’è la foto scattata nel parcheggio. Oh merda! Si vede tutto. Dio! Tutto! Il mio volto. Quello di Ale. Il suo membro… per metà dentro me.
    Clicco su RISPONDI:

    «Figlio di puttana! Dove sei? Dov’è Ale?»

    La risposta mi arriva quasi subito.

    «Non ne ho idea. Io sono al parcheggio del Club-é. Ci sono tornato dopo che ve ne siete andati. È bello nascondersi di notte, nessuno ti vede… nemmeno un tipo acuto come Ale. Perché non vieni qui? Magari puoi venire a “chiedermi scusa”… Ci tengo, sai…»

    Detesto me stesso e quello che sto per fare…

    «Se lo faccio, eliminerai la foto?»

    «Certo. Sono un tipo tranquillo, Chri. Dovresti saperlo. Voglio solo farti capire chi comanda qui…»

    Vorrei scrivergli che è pazzo. Ma non voglio farlo infuriare più di così.
    Se posso risolvere la situazione, allora lo farò.

    «Arrivo.»

    Mi metto in piedi. Mentre m’infilo le scarpe mi arriva un altro messaggio.

    «Niente telefono e niente oggetti pericolosi. Non sei il tipo, ma non mi fido comunque. Provaci soltanto, e vi rovino. Basta poco ha cliccare su “Condividi”, sai?!»

    Merda!

    «Okay. Non porto nulla. Tra venti minuti sono lì.»

    Lascio il telefono sul letto e corro fuori dall’appartamento.
    ______

    ALE:
    Non l’ho trovato da nessuna parte! Sua madre mi ha detto che non è ancora rientrato. Al locale dei suoi amici non c’è. Stella, la sua ragazza, ho provato a chiamarla ma non risponde.
    Dove cazzo si è cacciato?!
    Mentre guido come un pazzo per le vie della città, tiro fuori il cellulare e chiamo Christian. Voglio dirgli che sto tornando, che purtroppo non ho trovato quel bastardo di Davide…
    So che è strano… ma voglio bene a Chri. Non so perché. Ha qualcosa che mi ha stregato subito. Sarà il modo in cui si è rannicchiato nel mio letto la prima volta che è venuto da me, sarà la sua caparbietà, sarà il suo modo di dimostrare che può fare tutto da solo…
    A volte mi fa arrabbiare, tipo quando non fa quello che gli dico. So di avere un caratteraccio, ma sono abituato così. Io sono il forte qui. E lui deve capirlo. Non è una parte che recito, è proprio il mio modo di essere. Devo sempre avere tutto sotto controllo, comprese le persone. Compreso lui.
    Niente. Il cellulare squilla a vuoto.
    Spero si sia solo addormentato…

    Parcheggio l’auto e salgo velocemente le scale. Faccio scattare la serratura della porta ed entro nell’appartamento.
    Cavoli, servirebbe una bella risistemata a questo posto, ma non è la priorità del momento.
    «Chri!» chiamo: «Chri! Sono io…»
    Vado dritto in camera da letto. È l’unica stanza che conosce della mia casa. Sarà sicuramente lì.
    «Ehi, Chri…» metto piede nella camera ed il terrore mi avvolge. Chri non c’è.
    L’armadio è chiuso. Il letto è fatto, ha solo qualche piega da un lato. Come se uno si fosse appena alzato.
    Poi, lo vedo…
    Oh cazzo! È il suo cellulare!
    Lo afferro ed attivo il display.
    Subito mi appare l’avviso di chiamata. Quella che gli ho fatto prima, mentre stavo tornando.
    1 CHIAMATA PERSA da PRINCIPE.

    Merda.
    Principe, sono io.

    [To be continued...].
  4. .
    Non ho capito bene il senso della domanda, potresti spiegarti meglio?
  5. .
    Con questo topic inauguriamo la serie dei sondaggi piccanti by Yaoi Fantasy :oms:

    Lo svolgimento è semplice: vi basta votare uno degli utenti proposti, quello con cui andreste volentieri a letto :oms:

    Il vincitore sarà nominato Mister Banana del forum :oms:

    Forza, vediamo chi vince.

    Edited by Shaoran - 10/2/2016, 02:21
  6. .
    CITAZIONE (S(H)ociopath @ 28/1/2016, 14:05) 
    L'importante è ricordare che il nichilismo non si batte, perché Dio è morto e perché elementare Watson. Mai 'na gioia, mai 'na gioia semper et ovunque.

    Che il male di vivere sia con te :yee:

    Hai rotto con sto nichilismo. Se per te la vita è tutta sofferenza, morte e disperazione... fai il sacro piacere di soffrire in silenzio °>°
  7. .
    Benvenuto :oms:
  8. .
    VI ricordo che non sono io l'autore dei racconti che posto sul forum xD
  9. .
    BrokenHearted 10. Il parcheggio deserto (o forse no)

    «Pensi di lasciarmi andare o continuerai a baciarmi per tutta la notte?»
    Ale ride mentre mi tiene schiacciato contro lo sportello della mia macchina. Sento le sue mani dappertutto, la sua lingua che continua a leccare la mia, le sue labbra morbide sulle mie, il petto duro che preme sul mio… Siamo un’unica cosa. Persino le nostre ombre, per terra, si sono fuse l’una all’altra.
    «Se volessi baciarti per tutta la notte sarebbe un problema?» quando fa il suo solito sorriso perverso mi eccita da morire… ma non possiamo stare ancora qui. Comincia a far freddo e qualcuno potrebbe vederci.
    «Se tu volessi solo baciarmi, sì.»
    Ale si mette a ridere: «Sei insaziabile…» fa scivolare le mani lungo la mia schiena. I suoi palmi aperti finiscono sul mio culo. Lo strizza guardandomi negli occhi. «Toccamelo.» Il suo tono autoritario mi sorprende. L’espressione seria del suo viso mi fa sentire piccolo ed indifeso.
    Stendo il braccio verso di lui. Arrivo in mezzo alle sue gambe e poggio la mano sui suoi jeans. Sento subito un pisello che si ingrossa.
    Lo guardo negli occhi e lui sorride.
    «Sei di nuovo duro?» Ale annuisce con un risolino. Riabbasso lo sguardo sui suoi jeans e traccio con le dita il contorno della sua bestia intrappolata sotto i pantaloni.
    «Ma… Ti ho fatto sborrare poco fa…»
    Di tutta risposta, Ale mi afferra il braccio e me lo sposta dietro il suo collo. Finisco per abbracciarlo e tirarmelo addosso. Mi bacia chiudendo gli occhi continuando ad accarezzarmi con le mani. Poi… una spinta.
    Tum! Il rumore dei nostri corpi che sbattono sulla carrozzeria dell’auto mi fa sussultare.
    «Che fai?» gli chiedo. Ale resta in silenzio e dà un’altra spinta col bacino. L’auto trema di nuovo e il mio corpo assieme ad essa.
    «Voglio fartelo sentire» mi afferra per la vita tirandomi vicino a lui. Il suo petto duro rimbomba al rumore dei battiti del cuore.
    «Voglio farti sentire… questo!» Un’altra piccola botta e il suo corpo si attacca al mio. Sento vicino alla pancia qualcosa di grosso, cilindrico e, soprattutto, duro che si preme sul mio corpo.
    «Mmh… Ale, sei durissimo…»
    «Mi fai un pompino, Chri?»
    Sorrido: «Me lo stai davvero chiedendo?» senza accorgermene, le mie mani finiscono sul suo petto. Stringo fra le dita il tessuto della giacca nera e lo tiro su di me. Lo bacio con forza, voglio sentirlo mio.
    «Prima…» mi stacco ansimante: «…fammelo sentire un’altra volta.»
    Ale fa ancora una volta il suo sorrisetto perverso. Mi prende per i fianchi e mi sbatte contro la macchina. Si schiaccia con forza su di me e comincia a strusciarsi. È come se stessimo facendo sesso con i vestiti addosso.
    Continua a muovere il bacino schiacciandomi il suo grosso pisellone sulla pancia. È così duro che è come strusciarsi contro un muro di marmo.
    «Ti prego, Chri. Inginocchiati e prendimelo in bocca… Non resisto…»
    «E se ci vedesse qualcuno?» siamo così vicini che parliamo l’uno nella bocca dell’altro.
    «Controllo io…» Ale getta un’occhiata a destra e sinistra, poi guarda me. Faccio un risolino: «Riuscirai a stare con gli occhi aperti mentre te lo succhio? Io non credo…»
    Ale ride: «Da quando siamo così sicuri di noi, eh, cagnetta?»
    Le mani mi scivolano da sole sul suo cavallo dei pantaloni. Comincio a tirare giù la zip. «Tu chiudi gli occhi quando te lo succhio o ti masturbo…»
    «Cosa?» Ale sembra realmente sorpreso. Così sorpreso che non si sta accorgendo nemmeno della mia mano che gli sta accarezzando il cazzo da sopra le mutande.
    «È vero… L’ho notato. Mi piace guardarti mentre gioco col tuo…» abbasso lo sguardo perché questa confessione mi imbarazza. La mano di Alessandro mi arriva sulla guancia. Mi tira su il viso e mi bacia dolcemente. «Guardami per tutto il tempo che vuoi, cucciolo…»
    Scivolo dalla sua presa e mi inginocchio. Sbottono i jeans e li abbasso di poco. Sotto i boxer neri, il cazzo di Ale sembra gigante… Non ho di certo dimenticato i suoi più di venti centimetri…
    Reclino la testa all’indietro e vedo che mi sta fissando con un sorriso. Resto anch’io a guardarlo mentre afferro l’elastico dei boxer e li tiro giù.
    Quasi subito, sento arrivare un colpo sulla guancia. Il pisello di Ale mi rimbalza in faccia… Lo spessore fa male.
    «Oh, cazzo… sì…» Ale se lo scappella con una mano tenendolo dalla base, mentre con l’altra mi tiene la testa all’indietro reggendomela dal mento.
    «Ti schiaffeggio, Chri» mi sbatte il suo bestione sulla faccia più volte, man mano con più forza, facendomi sentire punito e sottomesso. L’asta mi colpisce le guance mentre la cappella mi arriva quasi alla fronte. È duro, caldo… ed ha un forte odore di sborra. Immagino sia perché l’ho fatto venire poco fa…
    «Non ho mai sbattuto il cazzo in faccia a nessuno prima d’ora, lo sai Chri?» mi dà un ultimo colpo sulla guancia e poi lo tira via. Si piega a baciarmi, accarezzandomi le guance con i pollici. È una cosa che mi fa eccitare… e lui lo sa.
    «Chiedimi di poterlo succhiare…» si rimette in piedi. Allarga le gambe e mi punta la cappella verso la mia bocca. Fisso il suo enorme pezzo di carne e poi sollevo lo sguardo nei suoi occhi.
    «Ma… Me lo hai chiesto tu, prima…»
    «Lo so» poggia la cappella sulle mie labbra. Io, intanto, le tengo chiuse. «Ma mi piace sentirti pregare di riceverlo in bocca. Mi eccita…»
    Sorrido: «Ale, me lo metti in bocc…» la frese viene spezzata dal suo cazzo che, senza aspettare, mi arriva in gola. Guardo Ale per dirgli di far piano, ma lui ha già chiuso gli occhi. Proprio come avevo detto io.
    «Succhia» è lui che gestisce il movimento. Mi tiene per la nuca mentre me lo spinge in bocca: «Succhia, Chri… Leccalo… Oh, sì… Leccalo tutto, è tuo…»
    Le sue parole mi eccitano. È mio. Questo cazzo è mio.
    Chiudo gli occhi e mi lascio andare. Sfrego la lingua lungo tutta l’asta e rilasso la gola per accogliere la grossa cappella. Senza accorgermene, mi ritrovo ad immergere il naso nei peli neri che contornano il pisello. Inspiro l’odore di bagnoschiuma celato da un velo di sudore. Mi piace tantissimo.
    «Oh! Cazzo, Chri… Sì…» la voce di Ale mi cade addosso dall’alto: «L’hai preso tutto… Bravo, cucciolo…» sento una mano che mi accarezza la guancia… ma non ci faccio caso. Tutto quello che riesco a pensare è solo “È mio. È mio.”
    Ho la gola rilassata. Rimando indietro i conati di vomito e continuo a succhiare la parte più bella di Ale. È vero, lo ammetto, il suo pisello è bello. Bellissimo. Lo amo. Mi dà delle sensazioni incredibili.
    «Basta, Chri…» Ale si tira indietro, ma io resto con gli occhi chiusi. Non voglio lasciarlo andare. Voglio che resti ancora dentro di me, a riempirmi la bocca. Ho bisogno di sentire il suo palo di carne riscaldarmi la gola.
    «Chri…» lo sfila via e riapro gli occhi. Il pisello di Ale è interamente ricoperto di saliva. La cappella è lucida come non l’ho mai vista prima. Una goccia cade dalla punta tirandosi dietro un lungo filo che si spezza quando la goccia arriva per terra.
    «Cazzo, che bello…» due braccia mi rimettono in piedi. Ale ha la faccia stralunata e gli occhi sbandati. «Devo baciarti, cucciolo.» Non aspetto che sia lui a muoversi. Poggio le mani sulle sue guance e sento il prurito di una barba corta solleticarmi la pelle. È tutto così virile in lui.
    Mi tiro vicino alle sue labbra e ci poggio le mie sopra. La sua erezione si piega verso l’alto quando tocca il mio corpo.
    «Sto impazzendo…» bisbiglia Ale poggiando la sua fronte alla mia. Ha il respiro pesante. «Tu mi stai facendo impazzire…»
    Sorrido: «Ed è una cosa bella o brutta?»
    Mi dà un altro rapido bacio e mi sorride: «Bellissima.» Le sue mani che premono sulle mie spalle mi fanno capire che devo mettermi di nuovo in ginocchio.
    «Ti voglio…» gli sussurro.
    «Mi avrai… Quando vuoi, cucciolo… Promesso… Ora, però, continua a succhiarmelo…»
    «Non hai capito» scuoto il capo: «Ti voglio… ORA.»
    Ale sgrana gli occhi: «Qui?»
    Annuisco: «Voglio darti ciò che è tuo, come tu mi hai dato ciò che è mio…»
    Ale sorride. Mi afferra per la vita e mi fa girare. «Sei una puttana, lo sai?» il tono è sarcastico.
    «Lo so» piego la testa all’indietro per baciarlo: «ma solo la tua.»

    Ale mi poggia una mano sulla schiena: «Piegati a novanta, puttanella mia.»
    Lo faccio attaccandomi come posso all’auto.
    Sento Ale armeggiare con qualcosa che tira fuori da una tasca interna della giacca.
    «Mi sto mettendo il preservativo, cucciolo. Sta tranquillo.» So che a lui piace essere guardato mentre lo fa, ma non voglio girarmi. Devo stare rilassato. Per guadagnare tempo, mi abbasso i pantaloni e le mutande.
    «Chri, sputami nella mano» vedo il suo palmo a coppetta davanti alla bocca.
    «Perché?» chiedo, un po’ stranito.
    «Tu fallo…» quando mi parla in tono autoritario mi piace. Non riesco a disobbedirgli.
    Sputo.
    «Bravo.» La sua mano sparisce fino a quando non la sento passarmi nel solco del culo. Non appena mi bagna il buchetto, due sue dita mi scivolano dentro.
    «Ah!» ansimo subito.
    Ale si ferma: «Male?»
    Scuoto il capo: «No, continua.»
    «Faccio piano, Chri. Voglio darti solo piacere…»
    Resto in silenzio mentre le sue dita vanno dentro e fuori. Dopo un po’, diventano tre.
    «Rilassati, Chri» le sue dita escono lasciandomi aperto: «Ho promesso di essere meno stronzo. Perciò, dimmi tu quando fermarmi…» non appena lo dice, sento la cappella che viene appoggiata sul mio sfintere. Lenta, comincia a solleticare le mie carni, entrando dentro di me.
    Provo un po’ di dolore, ma non voglio che Ale si fermi.
    «Ahi!»
    «Chri» Ale si stende su di me e mi abbraccia dalle spalle. Mi aggrappo ai suoi bicipiti inarcando la schiena. «Tutto okay?»
    «Ale» giro la testa per guardarlo negli occhi. Pensare che il corpo di questo ragazzo è dentro di me, mi manda il cervello in poltiglia. «Meno stronzo non vuol dire ipersensibile. Ti prego, penetrami. Fallo come sai fare tu. Riempimi. Ho bisogno di risentirmi tuo, come una settimana fa.»
    Ale sorride: «Potrei romperti con un colpo di reni, come ho fatto la scorsa volta, ma… non lo farò.»
    Piego la testa di lato. Che vuole dire?
    «Il mio “meno stronzo” vuol dire questo: pensare al tuo piacere prima del mio. Non ti sto usando, ti sto avendo. Sei mio. Vuol dire che mi prenderò io cura di te. Darti piacere è compito mio, solo mio. Chiaro, cucciolo?»
    Annuisco.
    «Perciò, tu continua solo a guardarmi…» mi bacia su una guancia. Resto con la testa rivolta verso la sua grazie al suo braccio che mi mantiene sollevato. Ci fissiamo negli occhi mentre lui continua a penetrarmi. Sento altri centimetri entrare dentro di me. Strizzo gli occhi.
    «Chri, cerca di guardarmi. Apri gli occhi. Sei bellissimo quando sei concesso a me… mi piaci da morire.»
    Riapro gli occhi resistendo alla sensazione di dolore e piacere. «È difficile… Sei così… mmh… grosso…»
    «Allora parlami… Dimmi che ti piace…»
    «Mi piace…»
    «Ancora, cucciolo…»
    «Ah! Mi pia-ace…»
    «Di chi è questo culetto, Chri?»
    «Ah! Mmhh… Tuo…»
    «Sì, Chri… Mmh… Sei m-mio…» Ale si piega e mi bacia tenendomi per le guance. Le mie braccia si stendono lungo i fianchi e il suo corpo si preme sul mio. E accade di nuovo…
    Ho ventuno centimetri dentro di me… ma questa volta è diverso. Questa volta Ale è stato gentile, carino… Il piacere che mi dà lo condivo con lui. Non sono un oggetto…
    Sono suo.

    Click!
    Il rumore di una fotocamera accompagna la luce bianca di un flash che ci illumina.
    «Che caz...?! Oh merda!» è l’unica cosa che Ale riesce a dire.

    [To be continued…].
  10. .
    BrokenHearted 9. Festa universitaria

    Alessandro non mi ha più rivolto la parola per tutto il tempo. Alla fine ho ripreso il treno da solo rifiutando il passaggio offerto da Davide.
    Non pensavo potesse arrabbiarsi così tanto. L’ha detto lui stesso che non stiamo insieme, che possiamo fare quello che vogliamo… allora, perché? Perché arrabbiarsi tanto se vado con Davide o con chi mi pare?
    “Non farlo più”, le sue parole mi sono rimbombate in testa per tutto il tempo. Sino ad ora.

    È trascorsa una settimana da quel giorno. È da una settimana che non lo sento, che non ci mandiamo messaggi… nulla. Ho provato a scrivergli una volta, ma non mi ha risposto. Dev’essere davvero grave per prendersela così.
    Sono in macchina mentre ci sto pensando. Di solito non guido – prendo il treno la maggior parte delle volte – ma non ho potuto fare altrimenti questa sera. Non posso raggiungere il Club-è, un posto esclusivo dove si terrà la festa a cui sono stato invitato. A dire il vero non sapevo nemmeno che ci fosse una festa. Monica, una mia compagna d’università, mi ha chiamato questa mattina per riferirmelo. Pare che sia uno dei più grandi eventi del nostro ateneo. «Sono tutti invitati» ha detto: «Devi venirci per forza.» L’idea di farmi un viaggio di un’ora in macchina, da solo, non mi ispirava per niente. Ma l’alternativa era restare a casa a guardare la TV. Non ho potuto rifiutare.

    Sono passate le 22:00 quando arrivo nel parcheggio all’aperto del Club-è. Spengo il motore e faccio un respiro profondo. Nello specchietto retrovisore, mi appaiono gli occhi stanchi di un ragazzo che si sente in colpa. Uffa… odio sentirmi così. Mi sono sempre ripromesso di farmi rispettare, di farmi valere… di camminare a testa alta. Invece, adesso, non mi sento altro che un idiota. Un vero idiota.
    Non avrei dovuto disubbidire ad Alessandro. Non so nemmeno perché l’ho fatto davvero. Perché mi sono fatto scopare da l’unico ragazzo che Ale non voleva che mi scopasse?
    Per ripicca. Per protesta. Per voglia. Non lo so nemmeno io. Davide non mi piace. È troppo stronzo ed è pure fidanzato. Sono stato solo un gioco per lui…
    Ma anche con Ale è stato solo un gioco, mi ricorda la mia voce interiore. Quanto la odio quella voce! Ha sempre ragione!
    Mi sistemo i capelli e scendo dalla macchina.
    Il parcheggio è pieno di auto anonime parcheggiate le une accanto alle altre. Ho lasciato la mia in un angolo del parcheggio, così mi ricorderò dove l’ho messa.
    La notte comincia a trasformarsi. Le tranquille serate primaverili ed estive se ne stanno andando, trascinandosi dietro il ricordo di quello che ho fatto. E non sono tutti ricordi belli. Il vento che soffia tra gli alberi neri e i lampioni giallo ocra ricorda il suono di un fischio. È un richiamo. Il richiamo a lasciarsi tutto alle spalle e proseguire.
    Sì, ma… proseguire dove? Avevo trovato una persona decente con cui “divertirmi” e l’ho mandata al diavolo senza volerlo. È vero che Ale era un po’ stronzo – soprattutto sotto le lenzuola – ma a me non dispiaceva, affatto. Non aveva grandi pretese, come me. Non voleva complicazioni, come me. Voleva solo… beh, me. Ed io volevo lui. Poi è bastato un tipo biondo e muscoloso per rovinare tutto.

    Ho sempre riconosciuto l’odore dell’alcol da chilometri, avendo un padre ubriaco ventiquattrore su ventiquattro, ed è per questo che io non bevo. Eppure, cavoli, stasera è proprio quello che ci vuole.
    Il Club-è, un enorme locale rettangolare immerso nella musica e nelle luci stroboscopiche, puzza esattamente di questo: alcol. Il piano bar ed il tavolo da self-service sono disposti sulla parete frontale, accanto ai divanetti disseminati lungo il perimetro e, accanto all’entrata, i bagni contornano l’odore dell’alcol con quello del disinfettate. Beh, almeno sono puliti.
    Cerco Monica con lo sguardo tra i ragazzi che ballano. Conoscendola starà flirtando con il più bello di loro. Difficile scegliere, sono tutti belli.
    «Christian!» il rumore assordante della musica copre la voce che mi chiama. Mi metto sulle punte per captare il suono ma non vedo nessuno.
    «Sono qui!» la voce di Monica è incassata nella musica. Il ritmo di una canzone dance fa ancheggiare i ragazzi sulla pista, ma la mia compagna di università non è tra di loro.
    Spintonando qualche sconosciuto, arrivo ai divanetti. Le coppiette sono sedute a sbaciucchiarsi e, tra di loro, trovo la chioma bionda di Monica accanto a…
    «Guarda chi si rivede!»
    Stramaledetta merda!!!

    Avete presente quando, per strada, incrociate qualcuno che non volete salutare e cambiate strada? Perfetto. La situazione è più o meno la stessa. L’unica differenza è che io non posso cambiare strada.
    «Ciao…» mi siedo accanto a Monica evitando di incrociare lo sguardo di Davide. Lui, dall’altro lato, mi sorride con la sua solita faccia da pervertito.
    «Vi conoscete?» domanda la mia amica.
    Sarebbe bello urlare in faccia un “No, brutta puttana!” ma non si può. Annuisco senza rispondere.
    «Sì, io e Christian ci conosciamo bene, vero Chri?»
    «Non chiamarmi Chri» ringhio. Solo Ale mi chiamava Chri. «Comunque, sì, lo conosco» rispondo a Monica: «Abbastanza bene da sapere che è fidanzato.»
    La mia amica sgrana gli occhi e lo guarda: «Sei fidanzato? Perché non me lo hai detto subito?»
    Davide sorride come un ebete. Sbatte due volte le palpebre e poggia i gomiti sulle ginocchia. «Sì, piccola. È un problema?»
    Monica si alza, infuriata. «Certo che è un problema! Sei uno stronzo! E ti ho pure baciato! Dio, che stupida!»
    Monica afferra la sua borsetta e corre via nel suo vestito rosa.
    E vai! Missione compiuta.
    «L’hai detto apposta per farla andare via e restare solo con me?» Davide di sposta più vicino scorrendo sul divanetto.
    «No» sorrido: «L’ho detto apposta perché il mio nuovo scopo di vita è quello di farti andare sempre in bianco ogni volta che ne ho l’occasione.»
    Davide ride: «Sono abbastanza forte da trascinarti nei bagni e ficcartelo in culo senza troppi complimenti, lo sai?»
    Mi metto in piedi: «E io sono abbastanza forte da resisterti e mandarti a cagare, lo sai?» Gli do le spalle e seguo Monica.

    È da un quarto d’ora che mangio ciò che Monica mi porta dal buffet.
    «Ingrasserò come un maiale per colpa tua.»
    Lei ride: «Già non bevi nulla, vuoi pure metterti a dieta adesso?» Ha ragione. Addento un’altra tartina al salmone deliziando le mie papille gustative.
    «Sto ancora pensando a quello stronzo…» Monica è seduta ad un passo da me. In mezzo a noi, il piatto delle tartine ci guarda dal basso tessuto del divanetto.
    «Lascia perdere, è fatto così.»
    «Dici che voleva solo portarmi a letto?»
    «Sì» annuisco. “Si è scopato anche me” aggiungo nella mia mente.
    «Eppure la sua ragazza non c’è, sicuro che sia fidanzato?»
    «Sicuro. So che è molto bello, Mo… Ma non farti illusioni. La sua bellezza ammalia.»
    «Dio quant’è vero… È troppo figo!»
    Eccola… «Ho capito. Sei andata… Quanti drink hai bevuto?»
    «Scherzi! Solo un paio di birre!»
    «A quanto corrisponde la tua misura di “un paio”?»
    «Se te lo dico ti arrabbierai.»
    «Come immaginavo…» sorrido. Vedere Monica ubriaca non è una cosa rara… il problema è che ogni volta serve qualcuno a reggerle la fronte mentre vomita. E quel “qualcuno”, spesso e volentieri, sono io.

    «Mi chiami Veronica per favore?»
    «Dov’è?»
    Monica mi indica un punto in fondo alla sala. «Su quel divanetto, laggiù…»
    «Non la vedo…» mi metto in piedi.
    «È quella avvinghiata a quel ragazzo… Quella che lo sta baciando, che ha la minigonna…»
    «Okay! Ho capito… L’ho vista. Certo che voi non perdete proprio tempo, eh!»
    «Non è colpa nostra se i ragazzi ci saltano addosso.»
    Le lancio un’occhiataccia: «Che devo dirle?»
    «Di accompagnarmi in bagno. Non ci vado da sola.»
    «Ti rendi conto che sto andando ad interrompere due che si baciano per te?»
    «E tu ti rendi conto che se non lo fai ti vomito sulle scarpe?»
    Basta a convincermi.
    Mi avvicino alla coppietta “impegnata” e busso sulla spalla di Veronica. Lei si gira a guardarmi facendo danzare i suoi lunghi capelli neri. «Che c’è?» Peccato che i suoi modi di essere non siano gentili come i tratti del suo viso.
    «Monica si sente male. Puoi accompagnarla in bagno?»
    Lei guarda il ragazzo a cui è avvinghiata. Dirgli che ha il collo sporco di rossetto non sarebbe carino, vero?
    «Mi dai solo un minuto?» chiede al ragazzo. Lui solleva le spalle e la lascia andare.
    «Dov’è?»
    Gliela indico sul divanetto e la vedo correre da lei. Poi, insieme, spariscono nei bagni.
    Torno al divanetto a passi lenti. La musica è cambiata e i ragazzi in pista sono di meno. Credo che tutti apprezzino di più i brani dance.

    «Bene, bene. Che ci fa tutto soletto il mio succhiacazzi preferito?»
    Vedere Davide sedersi al mio fianco è come vedere un camion della spazzatura gettarmi in una discarica. L’unica cosa positiva è che con il volume così alto nessuno può sentirci parlare.
    «Aspetta che lo stronzo seduto al suo fianco se ne vada» rispondo con cinismo. Davide arriccia il naso e stende il braccio sullo schienale dietro di me. Di riflesso, mi sposto più avanti.
    «Ti ho fatto qualcosa di male?»
    «A parte scoparmi nel cesso di un centro commerciale dici? No. Credo di no.»
    «Non mi sembravi contrario.»
    «Ma non ero neanche a favore…» mi sposto ancora più lontano.
    «Dillo che ti è piaciuto… Perché fai il difficile?» la sua mano si sposta sulla mia coscia. Me la scrollo subito di dosso.
    «Perché per colpa tua Ale non mi rivolge più la parola!» la rabbia ha il sopravvento. Spero di non aver urlato.
    Davide strabuzza gli occhi. Le sopracciglia gli finiscono vicino all’attaccatura dei capelli tanto è sorpreso: «Si tratta di questo?»
    Mio malgrado, annuisco.
    «Allora preferivi il suo cazzo al mio, vero?»
    Mi fa infuriare. «Non è questione di cazzo. È questione di amicizia e rispetto.»
    «Credi davvero che Ale sia un tuo amico? Lui ti ha scopato. Esattamente come ho fatto io. L’unica differenza è stata la location» si mette a ridere: «Ma il fatto che lui se la sia presa prova soltanto che è un egoista. Cos’è, non vuole che nessuno tocchi la sua checca del momento?»
    «Checca? È questo il rispetto che hai per le persone? Per me? Ti basta etichettarle?»
    «Ehi, volevo solo dire che…»
    «…che sei uno stronzo!» termino io. Mi alzo in piedi stringendo le mani a pugno. «Per colpa tua ho fatto lite con lui. Per colpa tua mi sento uno schifo. E smettila di rompermi le palle… E se vuoi scopare, hai una ragazza, non dimenticarlo. I damerini che vanno appresso ai maschi credendo di riuscire a mantenere comunque un rapporto con una donna non li sopporto! Te l’ho già detto: nessun cazzo di ragazzo fidanzato entrerà nel mio culo! Te l’ho detto nei bagni dell’università.»
    Davide fa un grosso sorriso e si alza: «Ma il mio ci è entrato.» Si tasta il pacco mostrandomi che gli è venuto duro.
    «Va’ a farti fottere, stronzo!» comincio a camminare verso l’uscita, ma una mano mi stringe il polso.
    «Nessuno mi insulta e poi se la passa liscia.»
    La cosa brutta dei locali come le discoteche e che è troppo buio. Così buio che nessuno vede quello che accade, nemmeno se un ragazzo viene strattonato di peso contro un divanetto.
    Davide cerca di afferrarmi ma riesco a liberarmi. «Lasciami!»
    I ragazzi in pista non si accorgono di nulla. Spero che Monica torni al più presto così Davide la smetterà di fare il gradasso.
    «Chiedimi scusa…»
    «Scordatelo, stronzo!»
    «Chiedimi scusa, ho detto! O giuro che appena ne ho l’occasione ti sfondo di botte e poi ti violento… Scommetto che ti piacerà comunque!»
    «Sei un lurido bastardo!» strattono via il suo braccio nello stesso istante in cui vedo il suo viso d’angelo ribollire di rabbia.
    «Brutta puttana!» Davide mi riafferra il braccio e questa volta mi strattona sul divanetto. Vedo il suo pugno fermo a mezz’aria non appena cado sul tessuto morbido del divano.
    «Frocio di merda!»

    «Non osare sfiorarlo!»
    Davide si ferma ed io riapro gli occhi. Ci voltiamo entrambi nello stesso istante in cui sentiamo la voce arrivarci alle orecchie. È come se il baccano e la musica siano scomparsi.
    Ale cammina piano verso di noi con le mani strette a pungo. Davide si tira indietro e mi indica: «Mi ha insultato! Questo stronzo merita una lezione!»
    Ale gli arriva vicinissimo, petto contro petto: «NON. OSARE. SFIORARLO.» Scandisce le parole guardando Davide dritto negli occhi.
    «Okay, amico… Sei tu il capo, no?!» Davide alza le mani e si tira indietro. Poi mi getta un’occhiata arrabbiata e guarda di nuovo Ale: «Ma non finisce qui! Chiaro?» Se ne va senza aspettare una risposta.
    Mi alzo dal divanetto e aspetto che Ale mi guardi. Sta ancora fissando la schiena di Davide che esce dal locale.
    «Ale, io…»
    «Te l’avevo detto di stare alla larga da lui!» mi punta un dito contro. Odio quando è arrabbiato. Però ha ragione. Ha sempre ragione, cazzo!
    «Lo so… Ma guarda che io non volevo mica…»
    «Perché cavolo non te ne resti fuori dalla mia vita a farti i fatti tuoi, si può sapere?»
    «Eh?!»
    Resta in silenzio e chiude gli occhi. Odio il silenzio. Odio qualsiasi cosa in questo momento.
    «Non ti capisco» sbraito: «Prima mi ignori per giorni, poi vieni qui, come se niente fosse, e ti metti a fare il paladino della giustizia?» sbuffo davanti al suo mutismo: «Sai che c’è? Che sono un ragazzo, e sapevo benissimo come difendermi da quello stronzo dell’amico tuo» non è vero, ma lui non lo sa: «quindi, addio. I tipi stralunati come voi non li sopporto. Andate dietro a chi vi pare, ma finitela di rovinarmi la vita!»
    Lo spintono per uscire: «Stupido io che ti credevo un amico!»
    «Aspetta!» Ale mi afferra per il polso. Sono così scosso per le maniere forti di Davide che mi libero con uno strattone: «No! Non aspetto un emerito cazzo! Non sono il vostro giocattolo! E voi non siete Dio, non decidete per me, chiaro?»
    Corro verso l’uscita sbattendomi la porta alle spalle.

    All’entrata del parcheggio faccio fatica a ritrovare la mia macchina perché molte auto sono andate via e lo scenario mi appare completamente diverso.
    «Non andartene» sono di fronte alla mia auto quando sento la voce di Alessandro. So che è dietro di me, ma non voglio girarmi perché credo di aver pianto lungo il tragitto.
    «Dammene una ragione» mi volto a dispetto di quanto mi ero ripromesso. Ale è così bello in giacca di pelle nera e jeans attillati. «Dammi una sola ragione perché non dovrei mandarti al diavolo.»
    Lui mi guarda e resta in silenzio per tre secondi. «Perché ti voglio.» Dice avvicinandosi di un passo.
    «Non è abbastanza» rispondo.
    «E se ti dicessi… Perché ti amo.»
    Rido: «Non ti crederei.»
    «E se ti dicessi che non lo so.» In un secondo mi è addosso.
    Mi sbatte contro lo sportello dell’auto e mi afferra per le guance. Chiude gli occhi e mi bacia. Più sotto, sento la sua erezione toccarmi le gambe.
    Ale mi afferra la mano e la poggia sul suo pacco. Sento subito il suo pisello duro riempirmi la mano.
    «È da una settimana che non vengo. Da quando l’ho fatto con te. Non ci sono più riuscito.»
    Mi viene da ridere, ma non posso farlo di fronte a lui. «Quindi… che vuoi dire?»
    «Che tu mi ecciti. Che ti voglio per davvero. Voglio solo te.»
    Senza pensarci, gli abbasso la zip e glielo tiro fuori. Non è ancora durissimo, ma bello grosso. Il ricordo dei suoi ventuno centimetri dentro di me mi fanno tornare l’eccitazione.
    Mi abbasso la zip dei jeans e tiro fuori il mio. Senza preavviso, Ale lo prende e comincia a segarmi.
    Non so il motivo, ma ci masturbiamo così, l’uno di fronte all’altro.
    «Hai le dita così calde, Chri…»
    «Anche tu» poggio la testa sulla sua spalla per non crollare a terra dall’eccitazione.
    «Vai… Vai…»
    «Piano, Ale… Verrò subito…» sento il mio pene pulsare.
    «Vieni. Vengo anch’io.»
    Mi rialzo per baciarlo, ma non ci riesco. Quando vedo la sua bocca aperta, come la mia, i suoi occhi persi che fissano i miei, l’eccitazione ridisegnarci il volto… non capisco più nulla.
    «Ale!»
    Lui mi afferra per la nuca e mi tira su di lui. Sento la sua lingua muoversi nella mia bocca mentre la sua mano continua a segarmi il cazzo che ha già cominciato a spruzzare sborra per terra. Termino il mio orgasmo dentro la sua bocca lasciandomi sorreggere dalla sua mano.
    «Chri… Vengo, vengo… Oh, cucciolo, fammi sborrare…»
    Guardo Ale reclinare la testa all’indietro e ansimare forte. Il suo petto si alza e si abbassa mentre il suo sperma attraversa tutta l’asta riversandosi per terra. Sento il calore del suo seme bagnarmi le dita, ma non lo guardo. Vedere Ale godere è uno spettacolo troppo bello per distogliere lo sguardo.
    Finisco di masturbarlo solo quando smette di tenere la bocca aperta. Senza pensarci, avvicino le dita alla bocca e le lecco. Il sapore del suo sperma mi riporta alla nostra scopata. È buonissimo…
    «Ho bisogno di te, Chri. Non andartene.»
    «Io ho sbagliato, dovrei essere io a chiederti scusa.»
    «Io non so perché ti tratto così… Credo che stiamo sbagliando entrambi.»
    Gli sorrido. Non so nemmeno perché ne stiamo parlando.
    «Quindi… che vuoi fare?»
    «Ricominciamo, ti va’?»
    Resto in silenzio.
    «Prometto di essere meno stronzo e meno geloso. E tu promettimi solo che ti terrai a debita distanza da Davide.»
    «Posso tenermi a debita distanza da tutti, se voglio.»
    Sorride. Mi afferra per la vita e mi tira vicino a lui: «Amici come prima?»
    Gli scocco un bacio sulle labbra aggrappandomi alle sue spalle.
    «Amici… per ora.»

    [To be continued...]

    Nota: ai lettori, scusate per la lunghezza ^^'' ma è una parte importante nell'intera storia.
  11. .
    BrokenHearted 8. Il mio culo in saldo

    Il centro commerciale è affollato come al solito, ma non è la gente a farsi sudare freddo.
    Non volevo venire a questa stupida uscita di gruppo assieme ad Ale, che ha appena finito di scoparmi, e Davide, che ho spompinato tempo fa. Davide non sa di Ale e viceversa… ma credo che Davide sospetti qualcosa. Sento il suo sguardo sul mio collo farmi gelare il sangue nelle vene. È dietro di me, a pochi passi, con la sua ragazza, Stella, appesa al braccio. Poverina, se solo sapesse che la tradisce sia con i maschi che con le femmine…
    «Tutto okay?» Grazie a Dio, Ale non mi ha lasciato in pasto agli altri ragazzi. Il fatto che mi stia accanto può significare che tiene a me o che non vuole che io desti sospetti negli altri. Quando Davide gli ha chiesto che ci facevo a casa sua, Ale ha risposto che ero solo un vecchio amico e che, essendo in città, ero passato per una visita.
    Io avrei preferito urlare “Mi ha rotto il culo! Guarda, non si vede?!” ma ho preferito tacere. È meglio così, nessuno sa di noi. Tranne… Davide. Forse.
    Chissà se ha capito che io e Ale abbiamo scopato. Chissà cosa pensa del suo amico. Chissà cosa pensa di me. Probabilmente che sono un frocio pronto a saltare su qualsiasi cazzo mi si presenti davanti.
    Non ha tutti i torti, bisbiglia la mia mente… ma la metto subito a tacere.
    «Sì, tutto okay» rispondo infilando le mani in tasca.
    «Sicuro? Sei strano. Sembri… preoccupato…» Ale fa dondolare una busta di cartone. È uno degli acquisti di Francesca, una ragazza del gruppo, che lui serve da cavaliere. Gli altri sono Daniele, un tipo anonimo che non mi ha neanche stretto la mano, e Stella… la ragazza di Davide.
    «Ragazzi, aspettate» ci chiama Francesca: «Stella si è fermata davanti alla vetrina del negozio di trucchi… come al solito.»
    Io e Ale torniamo indietro seguendo gli altri.
    «Guarda!» Stella indica dei rossetti esposti su piattaforme girevoli: «Amore, me lo compri?»
    Davide le fa un sorriso: «Tutto quello che vuoi…» ed entrano nel negozio.
    Caspita, non sembra neanche lui. È davvero un tipo insospettabile. Chi direbbe mai che si è fatto fare un pompino da un maschio, da me. Certa gente non la capisco.
    «Noi vi aspettiamo qui» dice Alessandro, agitando una mano nell’aria. Il gruppo segue la coppietta nel negozio di trucchi. Io ed Ale restiamo fuori.

    «Adesso mi dici che è successo…» gli occhi scuri di Ale mi spaventano. È sempre bellissimo, ma mi fa paura vederlo così… agitato. La sua mano sulla mia spalla brucia.
    «Cosa? Niente…» balbetto.
    Ale fa un risolino amaro. «Ti ho già detto che non le sai dire le bugie» cazzo, è troppo bravo: «Allora, cos’è stato?»
    Mi ammutolisco guardando il pavimento. Come faccio a dirgli che ho succhiato il cazzo a Davide, quello che sembra il più etero del gruppo?
    «Niente. Giuro… È solo che…»
    «Che… cosa?»
    «Ho già incontrato Davide, una volta.»
    Mi aspetto una reazione di stupore. Sorpresa. Meraviglia. Un cazzotto in faccia! Ma niente… Ale rimane composto con le mani in tasca.
    «Nel senso…»
    «…in quel senso!» chiarisco. Mi vergogno ad ammetterlo, e non voglio nemmeno smascherare Davide. Quello che fa non sono affari di nessuno. Ma ad Ale non riesco a negare niente!
    «Cavoli… Ti ha scopato?»
    Vorrei tirare un calcio nelle palle ad Ale. Ora, qui. In questo preciso istante!
    «Non azzardarti a dirlo di nuovo a voce alta!» non so da dove mi esce tanta rabbia, fatto sta che punto un dito accusatore sul viso di Alessandro, digrignandoli praticamente in bocca.
    Ale si guarda intorno: «Scusa, hai ragione… È solo che… Wow, Davide? Ma davvero? Non sembra affatto…»
    «Neanche tu lo sembri» lo interrompo.
    «Beh, mi piacciono anche le donne… Quindi…»
    «È il tuo modo di dirmi che solo io sembro un finocchio?»
    «No» Ale sgrana gli occhi alzando le braccia in segno di resa: «Non lo sembri neanche tu. Gay non vuol dire effeminato. E viceversa.»
    Gli sorrido. Almeno ha capito come stanno le cose.
    «Quindi… l’ha fatto davvero? Ti ha scopato?»
    Vorrei dirgli di no. Vorrei dirgli che gli ho fatto solo un pompino. Ma non ci riesco. La puttana che è in me vuole farsi onore. Non posso ammettere di aver rifiutato un manzo come quello.
    Annuisco chiudendo gli occhi. Forse con gli occhi chiusi e senza parlare, Ale non capirà che mento.
    «Non farlo più.»
    Apro gli occhi guardando la sua mascella spigolosa. La barba corta. Le labbra tonde. Quanto le ho baciate quelle labbra!
    «Cosa?»
    «Non farlo più, ho detto» ripete.
    «Che vuoi dire?» piego la testa di lato. È davvero difficile capire che sta pensando. Io, invece, a quanto pare, sono un libro aperto per lui.
    «Non voglio che tu faccia più nulla con Davide, chiaro?»
    «Perché? Siamo solo amici. E possiamo scopare con chi vogliamo…»
    «Non è per te» dal tono sembra arrabbiato: «È per lui…»
    Non lo capisco. «In che senso?»
    «Sono il suo migliore amico, è vero. Ma ha una ragazza… e so anche con quante altre va’ a letto… Povera Stella…» bisbiglia: «Ma tu sei un maschio. E da oggi ti scopo anch’io. Perciò non voglio che tu vada con lui. Si passa troppa gente, Chri. Non vorrei prendermi qualcosa solo perché tu non sei riuscito a resistere al suo cazzo. Chiaro?»
    Annuisco: «Hai ragione» rispondo: «ma sappi che non lo stai facendo per lui, né per me, né per Stella.» Sento le voci degli altri ragazzi che escono dal negozio: «Lo stai facendo solo per te stesso.»

    L’idea di non poter scopare con Davide mi dispiace. Ma solo perché è Ale a non volerlo.
    Chi se ne frega di quello che pensa lui! Se voglio il cazzo di qualcuno me lo prendo! Non può comandarmi… Almeno, non fuori dalle lenzuola…
    «Ehi, Ale… posso rubarti Christian per un secondo?» Davide mi mette un braccio intorno al collo con fare amichevole. Il suo deodorante unito all’odore di maschio che il suo corpo muscoloso trasuda mi manda in estasi.
    «Prima devi pagarmi, lo sai?» Ale si mette a ridere. Scherza.
    «Ci raggiungete al bar?» chiede Francesca, indicandoci. Io guardo Davide perché non so che fare.
    «Certo. Christian deve solo spiegarmi la strada per tornare a casa, così dopo lo accompagno. Hai Google Maps sul cellulare, vero?»
    Annuisco.
    Francesca si tira dietro Stella, seguita da Daniele ed Alessandro. «Okay…» sorride.
    «Non puoi fartela spiegare mentre prendiamo qualcosa al bar?» bisogna essere deficienti per non notare la rabbia nelle parole di Ale. Non vuole che vada da solo con Davide. Ma me ne frego.
    «No, Ale» Davide è un passo davanti a me: «La zona free wi-fi è presente solo vicino al negozio di dischi, lo sai. Andate, vi raggiungiamo subito.»
    «Allora vengo con voi.» Ale sorride. In contemporanea, Davide si irrigidisce.
    «No, dai, Ale… Non abbandonarci» vedere Francesca che corre per prenderlo a braccetto mi fa tirare un sospiro di sollievo. E mi fa anche salire un po’ di rabbia. Giusto un po’. Non voglio che lo tocchi… Anche se non ho motivo per pensarlo…
    «D’accordo. Ci vediamo dopo.» Davide mi tira via prima che Ale possa rispondere qualsiasi cosa.

    «Guarda che abbiamo appena superato il negozio di dischi» strattono Davide per tirarlo indietro. Lui non si ferma ed io non ho la forza per farmi rispettare. È troppo forte per me.
    «Ehi, coglione, mi hai sentito?!» alla parola “coglione” si ferma e si volta a guardarmi. Vorrei dire che i suoi occhi di ghiaccio sono terribilmente affascinanti, ma non è così. Ha un’espressione demoniaca sulla faccia che mi fa rabbrividire.
    «Credi davvero che mi interessi la strada per portarti a casa? Non ti facevo così ingenuo…» ride.
    «Cosa vuoi fare allora?»
    Davide si avvicina. È così alto e grosso che mi ritrovo a fissare il suo petto pompato da ore di palestra. «Vieni in bagno e succhiamelo di nuovo, come hai fatto all’università.»
    «Che? Te lo scordi…» faccio un passo indietro.
    «Non te lo sto chiedendo» mi afferra il polso: «Te lo sto ordinando.»
    Una minicorsetta e mi ritrovo dentro uno dei box dei bagni del centro commerciale.

    Il rumore della serratura che si chiude mi fa capire che sono in trappola. Sto di faccia al muro annusando l’odore acre del disinfettante per toilette.
    «Mmh…» Davide mi è subito addosso. Il suo corpo muscoloso mi schiaccia contro le mattonelle. Mi afferra per i fianchi e fa scendere le mani sulle mie chiappe. «Queste non me le hai date la scorsa volta.»
    Resto in silenzio. Sto tremando. Ho paura.
    Davide ride: «Dobbiamo riparare, non credi?!» Senza darmi il tempo di capire, mi slaccia la cintura e sbottona i pantaloni. Mi cadono alle caviglie. Sento l’aria fredda pizzicarmi le gambe.
    «No, ti p-prego» balbetto quando mi tira giù l’elastico delle mutande. Mi ritrovo col culo per aria e il cazzo duro che rimbalza contro la parete. La cappella sbatte contro le mattonelle e mi fa male. Mi duole ammetterlo, ma… sono arrapato. Ce l’ho duro. Sono le maniere forti di Davide. La mia eccitazione è colpa sua.
    «Quanto sei frocio… Ti è venuto duro in un secondo» ridacchia Davide nel mio orecchio: «Immagino quanto ti piacerà prendere il mio cazzo nel culo… Toccalo!» mi prende una mano e me la poggia sul suo pacco. Sotto i pantaloni, sento un pisello grosso che si indurisce sempre più.
    «Aspetta, te lo faccio sentire meglio» si sfila i pantaloni e le mutande e me lo appoggia in mano. Con la faccia contro il muro, vedo solo la cappella gonfia. Ci stringo le dita attorno e sento che è bello grosso, duro, caldo. Mi piace un sacco, mi piace il cazzo… ma non voglio prenderlo adesso.
    «Allora, puttana, ti piace?»
    Mugolo un “sì” sommesso.
    «Bene. Apri le gambe… Voglio incularti.» Mi afferra per le cosce e comincia a divaricarmele.
    «No!» mi ribello, cercando di liberarmi. Davide torna a stringermi i polsi. «Devi stare buono e lasciarti scopare, altrimenti ti ammazzo… Lo giuro, brutto frocio.»
    «Lasciami! Non posso prendere un altro cazzo oggi!» mi pento di averlo detto nello stesso istante in cui lo vedo sorride.
    «Un altro? Oggi?» mi incrocia le mani sul petto tenendomele strette con un braccio: «Chi ti ha inculato? Alessandro, vero? Anche a lui piace scopare il culetto dei maschietti?» ride. Resto pietrificato contro il muro.
    «Rispondi, puttana. È così? È lui che ti ha scopato?»
    La promessa di non smascherare Ale si infrange. Annuisco.
    «Immaginavo che avessi combinato qualcosa con lui. Eri a casa sua… Sei solo una puttana, una puttana a domicilio…» fa una risata amara. Mi viene da piangere. «Apri queste chiappe ora… o giuro che ti sfondo…»
    «No, ti prego. Mi fa ancora male… Non posso.»
    «Sta zitta!» mi afferra con l’altra mano la bocca, tappandomela. Non posso più protestare.
    «Dai, vediamo questo culetto» mi libera la bocca solo un momento per sfilare un preservativo dalla tasca e metterselo sul pisello. Mi giro e vedo un pezzo di carne grosso e pieno di vene reso lucido dal lattice. So di non poterlo prendere in culo dopo aver preso quello di Alessandro da poco tempo. So che è una parte delicata, che mi farà male… ma lo voglio. Voglio prendere il pisello di Davide tutto in culo. Voglio soddisfare questo potente maschio. Voglio vedere se riesce a farmi godere quanto Alessandro. Voglio il cazzo, tanto cazzo…
    Guardo Davide negli occhi solo per un secondo. I nostri sguardi si uniscono. Mi sembra di vedere un angelo biondo. Anzi, di più. Un dio. Un dio del sesso.
    Senza parlare, mi rigiro e mi schiaccio contro il muro inarcando la schiena. Gli offro il mio buco del culo. La mia parte più intima. Non c’è più nulla che appartenga al mio essere. Mi dono completamente.
    Davide mi accarezza le chiappe e poi le apre. Si spunta in mano e poi avvicina le dita al mio buco.
    «Finalmente hai capito chi comanda» dice mentre sento un suo dito spingersi dentro di me. Provo subito dolore perché ho il culo già rotto. Prendere quello di Alessandro mi ha letteralmente allargato le viscere. Ho sofferto ed ho goduto nel farmi inculare per la prima volta da lui.
    Davide sfila via il dito e ci avvicina il cazzo. Mi appoggia la cappella contro. Rabbrividisco.
    «Fa p-piano» bisbiglio.
    Lo sento ridere: «Non conosco questa parola.»
    Mantenendosi ai miei fianchi, me lo fa scivolare dentro. Tutto. Subito. Mi sfonda.
    «Aaaahhh!!!» sento le mie carni lacerate dal suo spessore. Ho il culo in fiamme. Sono stato impalato. Avverto ogni centimetro del suo pisellone sprofondarmi nel buco del culo. Me lo ficca tutto dentro facendomi urlare.
    La sua mano si muove e torna a posarsi sulla mia bocca. Me la tappa, così come mi ha tappato il culo.
    «Zitta, troia… Lasciati sfondare. Prendilo, prendilo tutto» comincia a muoversi dentro e fuori. È come se mi stesse violentando. Ad ogni colpo soffro e godo, soffro e godo… e godo, e godo, e godo.
    Senza toccarmi, comincio a sborrare calda crema bianca, schizzandola contro il muro. Ad ogni inculata perdo sempre più sborra. Ogni volta che il suo cazzo mi penetra in profondità, il mio cazzo si contrae gettando sulle mattonelle tutto il mio seme.
    «Sì, sì cazzo. Vai Christian. Ti rompo. Sì, ti rompo. Ti piace il cazzo grosso? Eh, ti piace?» Davide continua a scoparmi spingendomi sempre più contro il muro. Mi solleva la maglietta e mi appoggia contro la parete. Il mio sperma di appiccica sul mio addome spalmandosi come una crema.
    Piego la testa all’indietro per mostrargli i miei occhi lucidi e le guance rosse.
    «Cazzo, che bello che sei» mi libera la bocca e mi sfiora le guance. Finalmente posso liberare l’orgasmo che mi ha fatto tremare. Resto a bocca aperta mentre lo fisso, mentre mi scopa.
    «Godi, puttana… Godi…» mi mantiene con due dita sotto il mento e si piega a baciarmi. Sento la sua bocca muoversi in maniera scomposta. «Ah! Vengo, vengo… Ti vengo in culo?»
    Lo guardo preoccupato. Non è quello che voglio.
    «No!» si risponde da solo: «Ti sborro in faccia. Te la spalmo addosso…» si tira indietro sfilando il cazzo da dentro il mio culo. Davide si toglie il preservativo e continua a menarselo: «In ginocchio, troia.»
    Obbedisco mantenendomi alle sue cosce muscolose. Dal basso, vedo il suo viso d’angelo travolto dalla perversione più demoniaca.
    «Sborro… Sborro… Ah!» vedo la cappella schizzarmi sperma addosso. Chiudo gli occhi e mi lascio usare. Sento gocce calde colarmi sulla fronte, sul naso, sulle guance…
    «Prendila. Prendi tutta la mia sborra…»
    Quando sento il suo respiro regolarizzarsi e gli schizzi di sperma smettere, apro gli occhi e mi lecco le labbra.
    «Puliscimelo» afferro il suo cazzo dalla base mentre lo sento ammosciarsi. Lo succhio gustandomi il sapore di sperma, di preservativo e del mio culo. La cappella è la parte più saporita. Lo tiro fuori e lo guardo, moscio e grosso. Davide se lo prende in mano e… sbam! Me lo sbatte in faccia.
    «Ah ah!» ride: «Ti spalmo la sborra che hai in faccia col mio cazzo… Ti piace?»
    Annuisco mentre mi schiaffeggia col pisello.
    «Beh, è il momento di tornare dagli altri. La mia Stella mi starà aspettando…»
    Rimango in ginocchio, per terra, mentre si rificca il cazzo nei pantaloni. «Datti una ripulita con acqua e sapone. Hai la faccia che puzza del mio sperma.» Fa un’altra risata prima di sbattermi la porta in faccia.

    Mi sono risistemato come ho potuto. Per fortuna non c’era nessuno in bagno mentre Davide mi scopava ed ho avuto fortuna anche nel trovare il flacone del sapone pieno sul lavandino.
    «Eccolo! Allora, hai trovato la cover per il cellulare che ti sei fermato a cercare?» mi chiede Davide non appena mi vede arrivare. Ha il braccio appoggiato sullo schienale della sedia di Stella. Sono tutti seduti a bere qualcosa da bicchieri lunghi e con le cannucce. Mi siedo accanto ad Ale, l’unico posto libero.
    «No» improvviso. Davide deve aver raccontato una balla per giustificare la mia assenza prolungata: «A quanto pare dovrò ordinarla on-line.»
    «Allora, ragazzi» dice Francesca, ignorandomi del tutto: «Andiamo a visitare il nuovo negozio d’abbigliamento al secondo piano? Ho sentito che hanno delle cose molto carine…»
    Tutti si alzano seguendola con felicità. Cerco di farlo anch’io, ma resto bloccato.
    Guardo il gruppo allontanarsi e la mano di qualcuno che mi tiene per il polso.
    «Andiamo?» chiedo ad Ale. Fermo accanto a me.
    «Siediti» dice, liberandomi il polso.
    «Che c’è?» chiedo con la faccia più innocente che riesco a trovare.
    «Che hai fatto con Davide? Perché sei tornato più tardi di lui?»
    Decido subito di mentire, ma mi ricordo che con Alessandro è inutile. Abbasso lo sguardo e stringo le dita a pugno.
    «Ale… Io… Ah!!!»
    Mi arriva uno schiaffo in pieno viso. Lo guardo. Ha la mano ferma a mezz’aria. La faccia arrabbiata.
    «Puttana…» biascica: «Sei solo una puttana.»
    E segue gli altri lasciandomi al tavolo. Da solo.

    [To be continued...].
  12. .
    Mi spiace, ma non è permesso pubblicare annunci all'interno del forum. Pertanto chiudo il topic.
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    BrokenHearted 7. Sorprese #AfterSex

    Sono pulito, vestito, fresco… Sto bene.
    Nell’aria aleggia l’odore della sigaretta che Alessandro ha appena spento nel posacenere assieme al profumo del sesso, del sudore, della penetrazione violenta che mi ha dato Ale. C’è odore di felicità.
    È vero, cammino molto lentamente e stare seduto mi fa star male, ma non avrei mai pensato di uscirne così felice. È da mezz’ora che sorrido come un cretino e, per fortuna, Ale non può vedermi.
    Mi metto in piedi e faccio qualche passetto lungo il corridoio. Guardo la parete su cui Ale mi ha sbattuto per baciarmi e sculacciarmi, guardo la porta alta e scura che dà sul pianerottolo. Vado più avanti e mi affaccio in camera da letto. Guardo il letto sfatto e le lenzuola pulite. Ale le ha cambiate e non so se ha buttato quelle sporche o se le ha messe a lavare.
    Mi siedo sul bordo del letto ed accarezzo il posto in cui ho perso la mia verginità. Sono contento di averlo fatto con Alessandro. Si è preso cura di me e del mio culo. Nonostante il primo dolore, dopo è stato tutto fantastico.
    «Christian? Ci sei?»
    Mi viene voglia di mettermi a pecora sul letto e farmi trovare così non appena varcherà la porta, ma ci rinuncio. Non ce la faccio ad accogliere il suo pisellone di ventuno centimetri dentro di me, non ancora per lo meno.
    «Sono qui…» dico alzandomi.
    «Vieni a darmi una mano? Non riesco a chiudere la porta.»
    Esco in corridoio e cammino a piccoli passi. Ale ha in una mano due vassoi avvolti in una carta da forno e, nell’altra, una busta. Regge la porta con la spalla destra e so che, se non corro, si chiuderà sbattendo forte, facendo un gran rumore.
    Mi avvicino e mantengo la maniglia. Ale si sposta e va ad appoggiare i vassoi in camera. Io chiudo la porta e lo seguo.
    Vado così piano che lui fa in tempo a togliersi il giubbotto e a tornare da me, sono a metà corridoio e mi sto sforzando di accelerare il passo.
    «Ehi, Chri» mi prende per la vita e mi tira vicino a lui. Appoggio le mani sul suo petto per reggermi. «Come va?» mi dà un bacio delicato. Mi dimentico di chiudere gli occhi e così mi ritrovo a fissare le sue ciglia sottili. La sua pelle è chiara e luminosa. È così bello…
    «Ti fa ancora male il culetto?» fa scivolare le mani lungo la mia schiena e finisce con l’accarezzarmi le chiappe con i palmi aperti. Tremo nello stesso istante in cui mi sfiora e lui si mette a ridere.
    «Direi di sì» ridacchia. Abbasso lo sguardo perché mi vergogno a dirgli che il suo cazzo è riuscito a sfondarmi, e che quel dolore mi ha fatto godere. Sembrerei solo una vera troia se glielo dicessi.
    «Tranquillo» mi accarezza le guance con i pollici, ha capito che mi piace quando lo fa: «Non ho intenzione di scoparti di nuovo. Mi piace spingerlo forte nei culetti come il tuo, ma so quando è giusto calmarsi e darsi una regolata.»
    Gli sorrido e annuisco col capo anche se, dentro di me, voglio solo che si spogli e mi inculi di nuovo. Qui. Ora.
    Però, ha ragione. Mi farebbe troppo male riprenderlo adesso.
    «Grazie» gli getto le braccia al collo.
    «Per cosa?» unisce le mani appena sopra l’attaccatura del mio sedere e mi tiene stretto a lui. Sento il battito del suo cuore dentro il mio petto assieme alla grandezza del suo pisello contro il mio pacco.
    «Per avermi fatto quello che hai fatto» sorrido. Essendo più alto di me, lo guardo negli occhi sollevando lo sguardo.
    «Chri, ti ho scopato forte. Ti ho chiavato violentemente fregandomene altamente del fatto che soffrissi. Ho visto una gocciolina di sangue uscire dal tuo buco del culo e ho continuato comunque a spingertelo dentro facendoti male… Ti ho trattato come una puttana da quattro soldi… Ho voluto fartelo sentire fino in fondo pur sapendo che ho un cazzo lungo, che può far danni, e che era la tua prima volta. Sapevo il dolore che potevo darti… e non mi è importato. Ho solo pensato a scoparti. E tu davvero mi stai ringraziando?»
    Sorrido: «Sì, ti ringrazio. Perché era esattamente quello che volevo.»

    Sono sicuro che nessuno, tranne quelli con cui scopa, possa immaginare che tipo è Ale sotto le lenzuola. Vedendolo nella quotidianità, nessuno direbbe che ha un martello pneumatico e che lo sa usare alla grande. Nessuno direbbe che a letto è violento, che adora comandare, usare il corpo altrui… offendere, insultare… scopare divinamente. Nella quotidianità è un ragazzo normale, dolce, serio, con un viso allegro e – per me – molto arrapante.
    È un tipo tranquillo… che si imbizzarrisce quando ha un buco del culo a disposizione. E sono contento che quel buco, oggi, sia stato il mio.

    «Posso chiederti se hai mai avuto una relazione seria?»
    Stiamo mangiando sul letto. È ora di pranzo inoltrata e Ale ha comprato delle focacce e stuzzichini vari. Va avanti così perché solo il fratello sa cucinare e, fino al suo ritorno, lui si accontenta.
    «Con un ragazzo? No, mai» scuote il capo e poi dà un altro morso al suo trancio. Io do un sorso alla mia bottiglietta di the verde – gli ho chiesto io di comprarmela perché è l’unica bevanda che mi piace e, coincidenza delle coincidenza, piace anche a lui – e poi la riappoggio per terra. Stando a gambe incrociate e con i vassoi tutt’attorno, non c’è più spazio sul letto. Tuttavia è un’idea carina pranzare su un materasso comodo, soprattutto quando si ha il culo dolorante.
    «Perché no?»
    Ale si pulisce con un tovagliolino: «Non sono il tipo da coppietta gay. A me piace scopare con i ragazzi. Anzi, diciamo che mi piacciono proprio tanto… perché è bello possederli, renderli miei. Prima, più ti guardavo mentre ti rendevo un rottoinculo, più mi eccitavo, ero fiero di me stesso. Facevo godere te semplicemente usandoti, e godevo anch’io. È una sensazione che adoro… Ma se guardo al futuro… Non lo so, Chri. Mi vedo accanto ad una moglie e magari con dei figli… Una famiglia, ecco. Credo sia quello che vogliono un po’ tutti.»
    Non riesco a dare più un morso al mio pezzo di focaccia. La bocca mi rimane aperta e le palpebre si rifiutando di sbattere sugli occhi.
    «Che c’è?»
    «Ehm… niente.»
    «Chri» Ale mi afferra il braccio e mi costringe a guardarlo negli occhi: «Non sai dirle le bugie. Che c’è?»
    «Niente, ti giuro. È solo che… Non lo so, mi hai sorpreso.»
    «Per cosa?»
    «Per quello che hai detto. Non sapevo fossi…»
    «…bisessuale?» termina lui per me.
    Annuisco. Ale si mette a ridere. Solitamente mi piace quando lo fa, ma adesso mi dà solo fastidio.
    «Credi davvero che io possa limitare i centimetri del mio cazzo solo ai buchetti del culo? No, Chri. A me piace anche la fica. La mia ex ragazza urlava così tanto che la scopavo con una mano sulla bocca. Era fantastico.»
    Mi riesce difficile immaginare Ale con una ragazza… sarà perché mi ha appena sfilato il cazzo dal culo?
    «Questi argomenti mi imbarazzano» so di essere diventato rosso nello stesso istante in cui abbasso lo sguardo sulle mie mani che stringono ancora il pezzo della focaccia.
    «Perché? Ti imbarazza parlare di ragazze?»
    «Di ragazze, no» cerco di prendere fiato: «Di ragazze scopate da te, sì.»
    Ale ride di nuovo.
    «Immagino che per un gay deve essere difficile anche solo parlarne, eh?!»
    «Un gay?» gli faccio eco. Adesso mi fa sentire escluso, come se lui non avesse nulla a che fare con me.
    «Sì. Io non ho problemi, posso divertirmi come e con chi voglio. Non ho limiti.»
    «Stai dicendo che io li ho?»
    «Sto dicendo che a te non piace scopare con le ragazze. Quindi ti resta solo un’altra alternativa.»
    «Non ti senti un po’ stronzo nel dirmi così?» riafferro la bottiglietta del the verde per bere. Ho la gola secca.
    «No. Chri» mi mette una mano sul ginocchio. Se si azzarda a sfiorarmi l’interno coscia per farmi eccitare lo sparo! «Devi ammettere che è vero. A te piacciono solo i ragazzi, ti piace farti scopare da loro. Ti è piaciuto essere scopato da me?»
    Mio malgrado, annuisco.
    Ale sorride, deve essere fiero di averne la conferma: «Vedi. Quindi, non hai l’alternativa.»
    «È per questo che hai chiarito fin da subito che noi due ci divertiremo soltanto?»
    Alessandro annuisce: «Esatto, non voglio che tu ti faccia strane idee. Voglio solo scopare. È quello che chiarisco con tutti i ragazzi con cui vado a letto o che frequento solo per questa ragione.»
    «E se ti innamori di un maschio?»
    Ale strabuzza gli occhi, poi scoppia a ridere: «Chri, sei uno spasso.»
    «Perché?» Non capisco. La mia domanda non era intenzionata a farlo ridere.
    «Non succederà mai. Io non amo i maschi. A me piace solo il loro culo, piace scoparli, vederli sottomessi. Vedere che io sono più forte di loro nonostante loro siano maschi come me. Te l’ho già spiegato. Se devo fare il fidanzatino, credimi, riesco a farlo solo con le ragazze. Per me i froci che mi scopo sono solo amici, tutti. Con una ragazza è diverso. Se mi piace, posso anche intraprendere una relazione, senza problemi.»
    «Quando stavi con la tua ex, continuavi a vederti con i ragazzi?»
    Ale fa uno sguardo furbetto: «Ammetto che più volte l’ho pensato. Ma non sono mai andato oltre le sexcam o i video porno gay. Se mi impegno in una relazione, voglio essere comunque fedele. E mi aspetto la stessa fedeltà. Con i ragazzi chiudo in quel caso.»
    «Capisco» annuisco col capo anche se, in realtà, penso che non sia sincero. Secondo me si è passato qualche altro culo maschietto… ma, chi sono io per giudicare?

    Dlin dlon…
    «Chi è?» chiedo, preoccupato.
    Ale guarda l’orologio ed impreca: «Merda!» si pulisce la bocca e salta giù dal letto.
    «Chi è?» ripeto. Ale mi guarda è scuote il capo: «Un mio amico. Avevo dimenticato che oggi doveva passare da casa per andare al centro commerciale. Ci vediamo col resto del gruppo d’amici.»
    Annuisco: «Capisco. Tranquillo, me ne vado.»
    «Sì, okay. Scusa… Mi ero proprio dimenticato di…»
    «Non c’è problema» raccatto le mie cose e cerco di camminare decentemente.
    Arrivo in corridoio accanto ad Ale. Lui mette una mano sulla maniglia della porta e poi si gira: «Aspetta.» Mi prende per le guance e, senza preavviso, mi bacia con la lingua. Poi fa scendere le sue mani sul mio culo e lo strizza forte. Provo un po’ di dolore ma sono troppo impegnato a baciarlo per dirglielo.
    «Dio, che bello» ansima Ale quando si stacca. Credo sia un commento al mio didietro.
    «Ci sentiamo per messaggi per la prossima volta, okay?»
    Annuisco. «Non vedo l’ora di scoparti di nuovo.»
    «Sempre forte?»
    Ale mi accarezza una guancia: «Decidi tu.»
    «Sì, lo voglio sempre forte» decido annuendo. Lo vedo sorridere e poi staccarsi ed aprire la porta.
    «Ale ma devi sempre impiegarci tre ore per venir…» il ragazzo sul pianerottolo si interrompe appena mi vede.
    «Sì, Davide, scusa. Ma, come vedi, avevo ospiti. È venuto a trovarmi un amico e…» non sento più cosa dice Ale perché l’unica cosa che riesco a pensare è “Oh merda. Oh merda. Oh merda!”
    «Ah, comunque» Ale si schiarisce la voce: «Davide, lui è Christian. Christian, lui è Davide.»
    Il ragazzo sorride divertito e mi tende la mano. Faccio lo stesso per non dare nell’occhio.
    «Piacere… Christian…» dice il mio nome strisciando, segno che mi ha riconosciuto.
    «P-Piacere» balbetto.
    «Allora, Ale, sei pronto?» gli chiede Davide.
    «Sì.»
    «I-Io vado…» mi intrometto, cercando di oltrepassare il corpo muscoloso di Davide.
    «No, dai. Christian… perché non vieni con noi?» Davide guarda Ale per chiedere conferma.
    Lo faccio anch’io sperando che lui mi cacci a calci in culo: «Non lo so, Chri… tu…»
    «I-Io non posso» sto sudando: «Ho un treno da prendere.»
    «Torni a casa in treno?» chiede Davide. Non riesco neanche ad annuire. Sono sconvolto. «Allora puoi venire con noi, puoi prendere il treno più tardi o, se vuoi, ti accompagno io in macchina.»
    «N-No, dav-vero…»
    Davide poggia il braccio allo stipite della porta bloccandomi il passaggio: «Insisto.»
    Guardo Ale sperando in un aiuto. Aiuto che non arriva.
    «Okay, allora… Come volete. Vado a prendere il giubbotto.»
    Ale sparisce in camera e mi ritrovo per tre secondi da solo con… lui.
    «Bene, bene… Chi si immaginava di incontrarti di nuovo…» mi sibila all’orecchio il ragazzo tutto muscoli che è a un centimetro da me.
    «Ti prego, fammi andar via e, soprattutto, non dire niente…»
    «Non dire cosa? Che mi hai succhiato il cazzo nei cessi dell’università?»
    Sbarro gli occhi non appena vedo Ale uscire alla camera: «Pronto.» Per fortuna non ha sentito.
    «Andiamo» fa Davide: «Christian vuole VENIRE…
    …con noi.»

    [To be continued…].
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    Credo di conoscerti, ma non ricordo... comunque benvenuto =3
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    CATEGORIE: Young, Incesto



    Il cuginetto voglioso

    Francesco è un ragazzo di diciassette anni e quel giorno si ritrovava a prendere suo cugino a scuola, in quanto era l’unica persona senza impegni per il pomeriggio.
    Al termine delle lezioni, Federico notò nel piazzale la presenza del cugino e non esitò nel corrergli incontro.
    “Fra…” gridò Federico, gettandosi nelle braccia di Francesco.
    “Chicco, finalmente sei qui…”, disse il ragazzo mentre gli scompigliava i capelli.
    Aveva dodici anni e frequentava la seconda media, ma secondo Francesco era di gran lunga più maturo e sicuramente era più intelligente di molti amici che conosceva. Non era più un bambino e non lo era stato per molto; da anni non chiedeva il perché di una cosa ma lo capiva da solo: o comunque si rispondeva da solo.
    Francesco non riusciva a dimenticare il giorno in cui dicendo ad alta voce che non capiva l’esistenza di Parlamento e Senato, si è sentito rispondere da Chicco l’utilità di uno e dell’altro e le differenze che vi erano.
    Dalla parte di Federico, invece, non si sentiva molto maturo o che altro; semplicemente gli era semplice capire le cose. E a volte anche le persone. Inoltre vedeva in Francesco più una persona da cui apprendere le abitudini e i pensieri dei “grandi” che un semplice cugino. L’uno arricchiva in qualche modo l’altro e per questo andavano molto d’accordo, nonostante la differenza di età.
    Iniziarono a camminare verso la casa di Francesco e Federico iniziò a parlare di quanto bello sarebbe poter passare tutte le mattine assieme, invece che nelle rispettive scuole.
    Francesco sorrideva e annuiva, inutile contrariarlo o cercare di fargli cambiare idea, tanto avrebbe dovuto arrendersi.
    Arrivati a casa si misero sul divano a guardare la tv e Francesco utilizzò la scala gerarchica per poter avere il potere di scegliere il programma da guardare; quindi, amante e giocatore di racchetta e palline si impuntò su uno degli Open di cui Chicco non importava nulla.
    “Sei solo un idiota”, si lamentò Chicco.
    “Sono un atleta tifoso”, replicò Francesco; ed era vero: aveva un fisico prestante e non smetteva di curarlo. Inoltre, unito al viso che aveva lo facevano diventare un ragazzo attraente.
    Arrivati al secondo set, Chicco inizia a parlare;
    “Fra posso dirti una cosa?” gli chiese.
    “A-ah”, rispose.
    “Anche se sai che non dovrai dirla a nessuno?”, insistette Chicco. E alzò la testa dal cuscino sopra le gambe di Francesco.
    “Oddio, che cosa hai fatto di così grave?”, chiese leggermente incuriosito.
    “Io…Io ho baciato un ragazzo”.
    Francesco non riuscì a dire nulla. Chicco iniziò a guardarlo fisso e non vi era un movimento sul suo viso.
    “Ma quando dici baciato intendi baciato o…” , disse goffamente Francesco.
    “Con le labbra sulle labbra…”, rispose Chicco.
    “OK…”, disse il cugino, aggiungendo poi: “ma perché?”
    Chicco non rispose subito, anzi ci pensò a lungo.
    Poi iniziò a rispondere: “Perché tu…”. Francesco non gli lasciò finire la frase; “No, Chicco, non puoi girare il discorso questa volta; rispondi seriamente”.
    Il ragazzo ricominciò a pensare e questa volta rispose lentamente: “Perché mi piaceva”.
    “Anzi”, aggiunse, “mi piacciono la maggior parte dei ragazzi, almeno quelli carini.”.
    “Ne sei certo?”, chiese Francesco, “perché se ne sei certo vuol dire che sei…”.
    Come definirlo? La parola gay non gli era mai piaciuta, la trovava strana e aveva quasi assunto un tono offensivo; certo non poteva urlargli contro parole come finocchio, frocio o checca.
    “…omosessuale”, finì poi. –Bene-, pensò; -così sembro uno psicanalista…-.
    “Ne sono certo”, rispose in fine Chicco.
    Si guardarono e poi Francesco lo abbracciò aggiungendo sottovoce; “Penso sia meglio mantenere questo segreto per un po’ tra noi. Non dirlo ai tuoi compagni, non si sa mai; inoltre penso che neanche i tuoi dovrebbero saperlo, per ora”. Il padre di Chicco era il fratello della madre di Francesco e faceva l’autista. Era una di quelle persone che ci prova con ogni ragazza che gli passava accanto e l’elasticità mentale non era certo il suo forte; come l’intelligenza”.
    Una volta erano in macchina lui e Francesco quando furono bloccati in centro da un corteo di gay; appena li vide abbassò il finestrino e urlò: “Tornatevene al vostro paese, ricchioni di merda, ci volete infettare tutti i bambini che cresciamo?”.
    Da allora Francesco gli sta particolarmente distante, benché lui non sia gay.
    Chicco non era stupido e capì, annuendo con la testa.
    “Un’altra cosa”, disse, “io non l’ho mai fatto”.
    “Beh sei giovane ne hai di tempo”, rispose tranquillamente Francesco.
    “Ma non so come si fa… quando capiterà sarò un impedito.”
    “Ma dai, dubito che tu non sappia come si fa e per quanto riguarda l’esperienza, tutti hanno una prima volta”, ribatté Francesco.
    “Anche tu?”, chiese Chicco.
    “Se dico tutti…”. Effettivamente Francesco era stato gia con parecchie ragazze e anche con qualche ragazzo; era bisex e non si faceva problemi a darlo a ragazze o ragazzi.
    “Aiutami allora”, disse Chicco.
    “No,no e no”, reagì Francesco “sei solo un bambino”. –solo un ragazzo…-, lo corresse una voce dentro di lui.
    “Ti prego”; lo supplicò, “non so come usare la bocca, come non sentir male le prime volte, come far godere un ragazzo”.
    -Oddio ma quanto sa-, pensò Francesco. E nuovamente la voce dentro di lui gli parlò: -un ragazzo carino, guarda i capelli dorati e il viso, è cosi angelico…-.
    “Ti prego”, supplicò un ultima volta sull’orlo delle lacrime.
    Si tirò un po’ su e così facendo appoggiò una mano sui calzoni di Francesco che deglutì, chiuse gli occhi e disse; “Va bene”.
    Chicco sorrise, gli diede un bacio sulla guancia e si sedette sul pavimento leggermente spostato sulla sinistra.
    “Alzati Chicco e spogliati”, disse Francesco con la voce bassa.
    Senza sembrare imbarazzato, cosa che stupì Francesco, Chicco si alzò e iniziò a togliersi la maglietta, mettendo a nudo un corpo da pre-adolescente, magro e glabro. Poi iniziò a slacciarsi i pantaloni e vedendo le gambe, Francesco si meravigliò di come fossero ancora piccole e con una radissima peluria biondiccia. Stava per togliersi i boxer ma venne fermato dal cugino che disse; “Non ancora”, e con un gesto della mano lo vece avvicinare.
    Quando il suo volto era a pochi centimetri, Francesco si arrischiò in un timido bacio, per poi mettergli una mano intorno alla nuca per tenerlo vicino, lasciando attaccate le due bocche.
    Chicco era completamente inerme ed era convinto di essere suo, mentre Francesco si chiedeva se poteva andare oltre. Pochi secondi e decise di procedere. Socchiuse la bocca e lasciò uscire la lingua che, delicatamente, penetrò all’interno della bocca di Chicco, il quale aprì leggermente le palpebre per vedere il viso del cugino. Riuscì solamente a vedere gli occhi chiusi e ai lati del volto un principio di barba, lasciata crescere per rendere l’aspetto del ragazzo più sbarazzino; magari voluta da una ragazza. Ma Chicco se ne infischiò e prese ad assaporare la lingua di Fra.
    Poco dopo Francesco sentì una lingua estranea all’interno della bocca e stupito pensò: -Cazzo, impara in fretta-.
    Si staccarono e si guardarono. Chicco tolse la maglietta al cugino. Dal canto suo, Francesco prese la testa di Chicco e la portò verso il suo capezzolo destro. “Apri la bocca e succhialo”, gli disse al cugino. Chicco aprì la bocca come gli venne chiesto e iniziò a leccarlo. Francesco aspirò a denti stretti; non gli sembrava il caso di gemere in quella situazione.
    Poi lo fece staccare.
    “Pensavo avessi più peli”, disse Chicco.
    “E’ perché li tolgo”, spiegò il cugino.
    Chicco fece si con la testa, come per dire che la cosa era ovvia e che era stato stupido chiedere.
    Poi Chicco si alzò permettendo a Francesco di togliersi i pantaloni; quindi si sistemò meglio seduto sul divano e fece inginocchiare Chicco tra le sue gambe.
    “Sei sicuro?”, chiese ancora Francesco. Una parte di lui temeva che il ragazzino ai suoi piedi si alzasse per bloccare tutto, ma Chicco annuì sicuro di sé.
    “Allora sfilami i boxer”, disse Francesco.
    Chicco prese l’elastico dei boxer e iniziò ad abbassarli lentamente. Li abbandonò ai piedi del cugino, poi alzò lo sguardo.
    Il primo che vedeva oltre il suo. Ma era più grosso.
    “Quanto è grande?”, chiese a Francesco.
    Lui sorrise imbarazzato, in quanto era sempre stato un vanto dichiararlo a chi andava con lui, ma con Chicco era diverso.
    “E’… E’ circa 20cm”, rispose quindi.
    “E mediamente com’è?”, domandò Chicco.
    “Beh in generale la grandezza è tra 16 e 18cm, credo”.
    Chicco si avvicinò col viso e annusò.
    “Che strano odore”, disse.
    Ancora una volta Francesco sorrise; questa domanda la si può ricevere se non si è puliti, oppure se si è con Chicco.
    “Guarda che è il normale odore del…”. Già, del cosa? Si ritrovava nuovamente a non sapere che vocabolo usare; pene è troppo scientifico, pisello lo ha sempre trovato buffo, così come tutto quei termini tipo: uccello, proboscide, mazza o manganello. Rimaneva solo…
    “…cazzo”, disse Chicco, finendo la frase al posto di Francesco.
    “Allora, la parte del cazzo che devi lavorarti e la parte superiore”, disse Francesco. “Alcuni la chiamano cappella. E’ lì che un uomo è più sensibile al piacere; ma non toglie il fatto che puoi lavorartelo tutto”.
    Chicco lo prese con una mano e si avvicinò. Aprì la bocca e lo assaporò per qualche secondo.
    “Ha un sapore salato ma buono”, disse dopo.
    Su indicazioni di Francesco iniziò a succhiare la cappella, poi provo a farlo scendere un po’ più in gola; intanto che una mano del cugino gli fregava la testa premendola leggermente per dare il ritmo.
    Ornai aveva capito come funzionava la cosa e iniziava ad accompagnare il movimento della bocca e della lingua con quello della mano.
    “Mi fa male la mascella”, disse dopo qualche minuto.
    “Vuoi fermarti?”, gli chiese Francesco; ma Chicco si era gia rifondato a succhiare il cazzo.
    A Francesco gli piaceva. La bocca calda di Chicco era straordinariamente abile e il fatto che la persona che glielo stava succhiando era il suo giovane cugino lo eccitava parecchio.
    Chicco era concentrato in quello che stava facendo ma ogni volta che aveva troppa saliva insaporita dall’amato cazzo del cugino in bocca, non esitava a deglutire, gustandosela a fondo.
    Francesco spostò la mano dai capelli alla guancia del ragazzino e iniziò ad accarezzarlo.
    -Dai, guarda come è giovane…-, pensava mentre sentiva la pelle liscia sotto il palmo.
    Mentre Francesco pensava se stava facendo una cosa esatta, Chicco tolse dalla bocca ciò che stava succhiando.
    “Sta uscendo qualcosa…”, disse con lo sguardo rivolto al cugino.
    “Si, capita che esca del liquido”, gli rispose Francesco.
    “E che cos’è?”, domandò Chicco.
    “Non ne ho idea ma succede…”, gli diede risposta Francesco, alzando le spalle.
    Chicco continuò a muovere lentamente la mano su e giù, guardando il comportamento del liquido vischioso sulla punta del cazzo del cugino. Le gocce che erano uscite si erano sparse, cospargendo tutta la cappella di liquido.
    “Cosa devo fare?”, domandò infine Chicco.
    “Quello che ti senti; molti non ci fanno caso ma se a te disturba puoi toglierlo, anche se penso che si ripresenterà”, disse con tono dubbioso Francesco.
    Chicco ci pensò un momento, poi aprì la bocca e con la punta della lingua prese in assaggio un po’ di liquido. Pochi secondi e iniziò a passare la lingua per tutta la cappella, raccogliendo ciò che vi era cosparso. Francesco serrò gli occhi e buttò indietro la testa, cercando in tutti i modi di non dar alcun segno di apprezzamento della cosa; anche se gli piaceva; e tanto.
    Il cuginetto ricominciò a succhiarglielo e Francesco iniziò a pensare a cosa fare dopo. Ma Chicco era attento e si bloccò non appena vide un ombra di dubbio sul volto del cugino. Vedendolo fermo, Francesco prese il suo cazzo e lo sollevò, mettendo in mostra quello che vi era sotto.
    Chicco osservò attentamente le palle del cugino, indeciso su cosa fare.
    “Dai…”, disse Francesco, spingendolo lievemente con una mano verso le palle.
    Chicco le leccò e sfoderò tutto quello che aveva appena imparato sulle palle e nei minuti seguenti nuovamente sul cazzo del cugino.
    “Basta così, ti prego”, disse dopo un po’ Francesco. Non ce la faceva più a trattenersi e quindi fermò Chicco.
    Il ragazzino alzò la testa e con uno sguardo per metà preoccupato e per metà eccitato disse:
    “Vuoi farlo adesso?”.
    “Io… non, non…”, rispose tentennando Francesco.
    Ma Chicco si alzò e si tolse i piccoli boxer che aveva. Era giovane, non ancora completamente adolescente. Il suo cazzo era forse ancora in crescita ma le dimensioni erano comunque normali; non aveva peluria e un lembo di pelle copriva ancora parzialmente la cappella. Comunque era eccitato e lo si vedeva.
    Francesco fece un sospiro, poi si alzò e condusse Chicco verso il bagno. Aprì un’anta di un armadietto e porse una scatoletta al cugino.
    “Sai quando dicevi di avere mal di pancia e la nonna ti faceva usare questo? Usalo anche adesso e fallo per due o tre volte”, disse Francesco.
    Chicco prese la scatoletta col clistere, entrò in bagno e chiuse la porta.
    Francesco tornò sul divano e si sedette ad aspettare. Passò circa un quarto d’ora quando sentì la porta del bagno aprirsi e vide Chicco venire verso di lui.
    “Fatto?”, chiese Francesco.
    “Come hai detto tu”, rispose Chicco.
    Con una mano, Francesco, chiamò a sé il cuginetto. Lo fece sdraiare a pancia in giù con il sedere appoggiato sulle gambe. Lo divaricò e passò una mano sul buco di Chicco. Era bello liscio e sembrava appartenere a una ragazzina. Si leccò un dito e lo infilò lentamente dentro. Era stretto e Chicco era molto teso.
    “Devi rilassarti, altrimenti sarà più difficile” disse Francesco.
    Chicco respirò profondamente e annuì con la testa. Ora il dito non incontrava più resistenza. Cominciò a muoverlo dentro e fuori piano piano, finché non capì che si era abituato al dito. Allora ne inserì un secondo. Continuò a muoverlo e rifece tutto quello che aveva fatto sino a che non aveva tre dita. Quando le tre dita entravano con facilità le tolse e fece alzare Chicco.
    “Come va?”, chiese subito Francesco.
    “Brucia un po’”, rispose Chicco.
    “Vuoi smetterla?”
    “No”.
    Quindi Francesco prese un preservativo e lo aprì.
    “Cos’è?”, chiese Chicco.
    “Un profilattico”, rispose il cugino, sospettando che in realtà sapesse perfettamente cos’era.
    “E a cosa serve?”, continuò Chicco.
    “Normalmente è un anticoncezionale”, rispose Francesco.
    “Potrei rimanere incinto?”, disse sarcasticamente Chicco.
    “No… però… serva anche a proteggersi”
    Chicco lo guardò con aria ironica e indicò sé stesso.
    “Insomma è più facile farlo con questo, entra meglio”, concluse Francesco.
    Lasciandogliela andare Chicco lo lasciò fare. Poi Francesco lo piegò a gattoni sul divano e si sistemò dietro.
    “Ora rilassati e non opporre resistenza, se fa troppo male dillo subito a me”, esclamò Francesco.
    Mise una mano sul culetto del cugino e appoggiò la punta del cazzo al buco.
    “Vado”, disse Francesco.
    E iniziò a spingere dentro il cazzo; non appena fu entrato un pezzo Chicco tuffò la testa nel cuscino e soffocò un urlo. Francesco intuendo la cosa tolse delicatamente la piccola parte di cazzo entrata. Per qualche secondo Chicco non disse niente.
    “Riproviamo”, esclamò infine.
    Francesco riprovò ma Chicco lo bloccò ancora.
    La terza volta Chicco lo fermò e disse; “Fermati, non ce la faccio. Quanto è entrato?”.
    Francesco controllò e vide che non era entrata neanche metà cappella.
    “Non molto”, ammise.
    Chicco sospirò, poi si spostò, girandosi a pancia in su. Alzò le gambe, le buttò verso la testa e le aprì.
    “Se continuo a fermarti non faremo nulla; ora fai quello che devi fare, velocemente e senza preoccuparti per me”, disse Chicco.
    Francesco lo guardò negli occhi e aprì bocca per parlare ma Chicco lo anticipò dicendo; “Ti prego”.
    Allora Francesco si rassegnò; appoggiò la cappella al buchetto del cugino, spinse leggermente e la fece entrare pochissimo. Chicco chiuse gli occhi.
    “Sei sicuro?”, chiese Francesco. Chicco fece un rapido cenno col capo.
    Con un colpo, Francesco mise tutto il cazzo dentro il culetto di Chicco; il quale urlò non appena entrò. Francesco allungò una mano e la premette sulla bocca del cugino, per soffocare il grido.
    “Mi dispiace, mi dispiace…” disse. Ma lasciò il cazzo dentro.
    Intanto Chicco continuava a urlare, solo era soffocato dalla mano.
    “Mi dispiace…”, ripeteva Francesco.
    Chicco smise di urlare ma della lacrime gli colarono dagli occhi. Gli tolse la mano dalla bocca e rimasero per un po’ a guardarsi negli occhi.
    “Mi dispiace”, ripeté un ultima volta Francesco; poi si chinò e baciò Chicco.
    Mentre lo baciava iniziò a muoversi; lentamente fece scivolare il cazzo fuori dal culetto di Chicco, per poi rituffarlo dentro. Sentiva la tensione in Chicco dal bacio nervoso che gli stava dando; ma come poteva dargli torto…
    Piano piano Francesco aumentò il ritmo e anche Chicco iniziò a rilassarsi. Ora non sentiva più quel dolore acuto, ma un semplice fastidio che stava diventando piacevole. Francesco, invece, non riusciva più a riconoscere se il culo che stava scopando era del suo giovane e amato cugino o quello di una qualsiasi altra persona che aveva scopato. Non riconobbe più neanche Chicco; quando smise di baciarlo lo vide con la bocca aperta che ansimava e si toccava. Cominciarono a gemere e godere e per parecchi minuti, Francesco scopò il cuginetto senza riserbo.
    “Alzati”, disse a Chicco.
    Chicco si alzò e seguì le indicazioni di Francesco che lo fece rimettere a gattoni.
    Mentre si stava abbassando Chicco disse; “Quello non serva più”, indicando il preservativo.
    Francesco ci pensò un momento, poi lo tolse. Sputò in una mano, si lubrificò il cazzo e lo spinse nuovamente dentro il buco dilatato di Chicco. Lo prese per i fianchi e lo scopò con più foga e senza il minimo riguardo. Chicco era completamente abituato al cazzo del cugino che per quanto con forza lo scopava, lui sentiva solo il piacere.
    Francesco incominciò ad amare la vista del suo cazzo che si immergeva nella carne giovane e morbida del cuginetto. Prese a schiaffeggiare il culo di Chicco che dava dei gemiti di piacere.
    “Non fermarti…”, disse Chicco.
    “Sta zitta!”, gli intimò Francesco.
    Chicco non sembrò offendersi per questo ma, anzi, diede un gemito più forte.
    La faccia di Francesco si fece sempre più appagata e dopo pochi minuti disse; “Devo venire”.
    Allora tolse il cazzo e iniziò a masturbarsi.
    Vedendo Francesco fare così, Chicco disse; “Ma che fai?”.
    Francesco si fermò e rispose; “Non riesco a trattenermi”.
    “Ma perché l’hai tolto?”, continuò Chicco.
    “Non sapevo se accettavi la cosa…”, si scusò Francesco.
    “Non saprei, di solito dove si viene?”
    “Dipende dalla persona; dentro, sul ventre, in bocca…”, spiegò Francesco.
    “In bocca?”, disse Chicco. E guardò il cugino dritto negli occhi. In risposta ricevette un sorrisino.
    Francesco fece inginocchiare Chicco e gli infilò il cazzo in bocca. Cominciò a scoparlo, tenendolo per i capelli e dandogli dei colpetti. Pochi minuti e Francesco iniziò a trattenere il respiro.
    Chicco aprì la bocca. I primi schizzi gli finirono sul viso ma poi chiuse le labbra intorno alla cappella del cugino e continuò a riceverli in bocca. Quando finì Francesco disse; “L’hai ingoiato?”.
    In risposta Chicco aprì la bocca facendo vedere al cugino il liquido che si muoveva intorno alla lingua. Poi ingoiò.
    Rimase qualche secondo immobile, poi iniziò a portasi in bocca con le dita quello che gli era finito in faccia. Francesco sorrise e rimase in piedi a guardarlo pulirsi.
    “Ne ho un po’ sul cazzo”, disse a Chicco.
    Lui controllò, poi si mise a leccare via dal cazzo quello che era avanzato. A Francesco sembrava un bambino col gelato; aveva la stessa espressione di voglia soddisfatta, come se quello che stesse leccando fosse panna.
    Quando Chicco finì si sdraiò a terra. Francesco gli appoggiò un piede in faccia, si fece succhiare qualche dito e si sdraiò accanto a lui.
    “Allora, come ti è sembrato?”, gli chiese.
    In risposta, Chicco gli sorrise. Francesco lo guardò, poi si avvicinò e iniziò a baciarlo. Sentì la lingua, la saliva e le labbra del cugino assieme alle sue. Si staccò e iniziò ad accarezzarlo.
    Avvicinò un dito alle labbra del ragazzino e lo passò sopra, poi Chicco aprì la bocca e iniziò a succhiarlo. Francesco sentì che ricominciava a eccitarsi, quindi lo tolse e riprese a baciarlo.
    “Penso di amarti…”, gli sussurrò in un orecchio. Chicco sorrise, abbassò lo sguardo e gli rispose abbassandosi verso il cazzo nuovamente duro del cugino; “Anch’io…”.

    Edited by Icrox91 - 13/12/2016, 09:58
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