Filippo impara la disciplina[Young]

racconto spanking

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  1. pallando01
     
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    Intermezzo: Marco, dieci anni prima

    Nota: questo quarto capitolo è in realtà un intermezzo, per far conoscere meglio Marco. Lo stile del racconto questa volta è volutamente un po' più caricaturale: essendo un ricordo del passato mi piaceva l'idea di tingerlo con un po' di umorismo. Come sempre, se mi fate sapere cosa ne pensate mi fa molto piacere. Grazie a chi continua a leggere e a spronarmi!



    Se i quadri potessero parlare...se i quadri potessero parlare e raccontare la loro storia, Filippo avrebbe capito qualcosa di più su suo zio Marco e sulle punizioni del tutto particolari che gli erano capitate.
    Nel salotto di casa di Marco, sulla parete di fronte al terrazzo, era appeso un quadro molto bello raffigurante un canneto sulle rive di un lago. La tecnica era simile a quella degli impressionisti: tante piccole pennellate per un effetto quasi a macchia, con dei tratti che riuscivano a creare una sorta di giochi di luce tra l'aria e la riva del lago. Non tutti i visitatori della casa si soffermavano a lungo sul dipinto, e anche chi indulgeva a rimirarlo non aveva quasi mai notato come i riflessi di due sagome apparissero quasi nascostamente nell'acqua che lambiva la riva sinistra del canneto. Una firma, in basso al centro, identificava in Florian dC l'autore del quadro.
    L'autore del quadro l'aveva dipinto a Lione, in Francia, nel 2004, ma la scena che raffigurava era il teatro di qualcosa avvenuta due anni prima, nel 2002, quando i due giovani ragazzi (le cui sagome si intravedevano nell'acqua) avevano diciotto anni, e frequentavano il collegio San Cristoforo, prestigiosa scuola privata con indirizzo artistico, linguistico e classico. La scuola era stata gestita per un secolo e mezzo dai gesuiti, che poi l'avevano venduta appunto a un privato, loro ex-alunno, che aveva impiantato una struttura più moderna: grazie a metodi rigorosi e eccellenti insegnanti, il San Cristoforo attirava circa duecento e cinquanta giovani provenienti di solito da Italia, Francia e Svizzera. Il collegio infatti si trovava in Val d'Aosta, e precisamente nel piccolo borgo di Issogne, proprio di fronte all'antico castello della famiglia de Challant. Proprio passata la piazza davanti al castello, camminando lungo la via, era sufficiente oltrepassare la chiesa romanica di Saint Solutor e inoltrarsi poco fuori dall'abitato per arrivare al San Cristoforo, che, nonostante la diversa gestione, restava pur sempre nella forma architettonica un convento barocco.
    Ebbene, i due ragazzi in questioni erano proprio l'autore, del dipinto, Florian de Chateauroch, e il suo amico Marco, zio del nostro amico Filippo.
    Florian era nel duemila e due uno scontroso diciottenne, piuttosto riservato ma capace di improvvisi momenti estroversi, repentini quanto i suoi cambi d'umore. Il padre era un ricco signore dell'aristocrazia della Provenza (pretese nobiliari comuni d'altronde a tre quarti delle famiglie benestanti provinciali, ma fondate quantomeno su una cospicua serie di affermazioni, circostanziate ma non sempre verificabili), mentre la madre era una scultrice della riviera ligure. I genitori avevano deciso per Florian un'educazione di alto livello, e non disdegnavano la possibilità di averlo fuori casa per undici mesi all'anno, vista la loro intensa vita tra un galà e una nuova mostra. Non che non avessero affetto per il figlio, quello che mancava era solo il tempo. Perciò, dopo una serie di babysitter per l'infanzia e istituti privati per l'età scolare, notando le propensioni pittoriche del ragazzo era stato deciso di inviarlo al San Cristoforo, a frequentare l'indirizzo artistico che avrebbe costituito l'avvio di una promettente carriera. Quel ragazzo biondo e snello, con gli occhi verdi della madre e la carnagione pallida del padre, era forse tra i più belli del San Cristoforo, ma pareva non curarsene, e questo non faceva che aumentare il suo fascino. Tuttavia il suo carattere non l'aveva aiutato a farsi molti amici.
    L'unico con cui avesse davvero legato, negli ultimi due anni, era stato il suo compagno di stanza. Marco, il nostro Marco, veniva da un paesino toscano, e nonostante anche a suo padre il denaro non mancasse, non vantava natali particolari come quelli di Florian. Per la famiglia mandarlo al San Cristoforo era stato un investimento oneroso e una separazione dolorosa, cose che avevano però scelto di accettare, sperando in un'istruzione che avrebbe garantito al figlio un futuro degno delle sue possibilità. Sì, perchè Marco era un ragazzo pieni di doti, amato da quanti lo conoscevano grazie a un carattere che conciliava comprensione e determinazione, solarità e discrezione. Certo anche lui era molto selettivo in fatto di amici, eppure con Florian, da quando erano stati messi in stanza insieme in terza superiore, era stata sintonia a prima vista.
    Erano diversi come il giorno dalla notte anche fisicamente: Marco era un moro piacente, molto mediterraneo, bello forse in maniera meno eclatante di Florian, con un fisico muscoloso, dovuto alla sua amata pallanuoto.
    I due erano sempre insieme, ma, malgrado l'invidia malevola di alcuni compagni e insegnanti, non sembravano appartenere alla tradizione che aveva visto, nei secoli del San Cristoforo, dividere gli alunni in due schiere: quelli che ai primi turbamenti dei sensi sgattaiolavano a cercare le contadinelle dei dintorni e quelli, in realtà assai numerosi, che si rivolgevano direttamente a qualche compagno per cercare le gioie dell'eros.
    Così era stato per un'anno e mezzo: ma nella primavera del 2002, entrambi da pochissimo maggiorenni, qualcosa era scattato, e la tensione erotica negata e forse innocentemente non scoperta per diverso tempo, era esplosa in una torrida passione rispetto alla quale una soap opera era nulla. I ragazzi cercavano, sfidando la rigida sorveglianza e le regole dell'Istituto, di riuscire a conoscersi meglio fisicamente, e passo dopo passo erano arrivati a fare un po' di tutto.

    Quel mattino di una domenica di luglio del 2002, Marco si alzò pian piano. Mise a posto la stanza, non senza uno sguardo affettuoso alle suo foto sul comodino: in una cornice quella dei suoi genitori, nell'altra quella che ritraeva sua sorella Angelica con il nipotino di sette anni, Filippo, la piccola peste. Scese nascostamente le scale di servizio, e mentre le luci dell'alba facevano la loro prima apparizione, uscì dalla porticina del lato ovest del muro di cinta.
    Lì, vicino a un'antica quercia frondosa, lo attendeva Florian.
    - Ci hai messo una vita, Marco.- disse impaziente.
    -Sei stato tu a dirmi di aspettare un po', così se qualcuno ci beccava uscire almeno non saremmo stati insieme...e poi smettila di protestare, e andiamo.- rispose Marco. Senza pensarci, prese la mano dell'amico e lo condusse con lui verso il laghetto artificiale che il preside (e propietario della scuola) aveva fatto creare vent'anni prima sfruttando le acque della vicina Dora Baltea per avere luogo dove dedicarsi alla sua amata pesca alle trote.
    Il lago era stato scelto da Marco e Florian come luogo per un po' di sana attività fisica di coppia lontana dai sorveglianti della scuola: la domenica erano liberi, e all'alba certo nessuno li avrebbe cercati lì.
    Arrivati al lago, cercarono uno spiazzo nascosto dalle canne e stesero la coperta trafugata dalla stanza.
    Marco sorrise a Florian: -Hai visto? Ce l'abbiamo fatta.-
    -In effetti hai avuto una buona idea...ti meriti una ricompensa.- rispose il francese.
    Ciò detto, si sedette, si sfilò la camicia, e si tolse i pantaloni, sotto i quali non portava quella mattina alcuna biancheria.
    Marco, alla vista del suo efebo, gli si gettò sopra per coprirlo di baci ardenti, lungo il collo, il petto, per poi appassionatamente cercare la sua bocca. Nel frattempo Florian, rispondendo ai baci, gli slacciava i pantaloni e toglieva le mutande.
    I sessi dei due ragazzi si strusciavano vogliosi l'uno contro l'altro...Florian si staccò da Marco, dandogli il tempo di sfilarsi la maglietta: il pittore scese allora con la bocca verso il pube dell'amato, iniziando poi a leccargli il membro, su e giù lentamente.
    -Non così, stavolta, Florian...- lo interruppe Marco …avevamo detto che all'alba, su questo laghetto...saresti stato mio.-
    -E manterrò la mia parola...prendimi, sono tuo! - gli rispose Florian con un sorriso radioso.
    Marco aveva aspettato un bel po' quel momento: finalmente quel corpo stava per essere suo del tutto, dopo le carezze, i baci, le seghe e i pompini degli ultimi mesi.
    Senza troppe cerimonie, mentre l'amico giaceva a pancia in su, gli alzo le gambe e iniziò a sfregare il cazzo duro e venoso lungo il solco dei candidi glutei di Florian, lentamente, su e gù.
    - Ti voglio...ora!- disse Florian guardandolo negli occhi.
    Marco pensò fosse il caso di rispondere coi fatti e non a parole, e iniziò con decisione a penetrare Florian, sentendo che quel buchino che sulle prime tanto fieramente resisteva, si allargava poi per farlo entrare. Su e giu, su e giù con forza, mentre Florian mugolava di piacere, Marco chiuse gli occhi, sentendo il suo piacere e rivoli di sudore lungo il petto per l'energia che ci metteva.
    Il dolce vento del mattino gli scompigliava i capelli mentre l'amico lo incitava a continuare...sentendo vicino il punto di non ritorno, Marco aprì gli occhi...
    - Tu guarda. A quanto pare oggi non pesco trote.- gli disse serafico il preside Belisari guardandolo dritto negli occhi.
    -Leviamoci tutti e tre dall'imbarazzo, ragazzi. Sapete di essere nei guai, in guai seri. Rivestitevi e trovatevi nel mio ufficio tra un quarto d'ora.
    E il preside si allontanò con calma oltre alle canne, lasciando Marco e Florian che bruscamente erano passati dal caldo della passione al gelo del terrore. Cosa gli sarebbe capitato?

    Un quarto d'ora, quasi tremanti, bussarono alla porta dello studio del preside.
    -Entrate ragazzi. Sedetevi. - disse il signor Belisario. - Sono rimasto molto sconcertato da quanto ho visto. Estremamente sconcertato. Due ragazzi cos diligenti, così brillanti, i talenti uno del ramo artistico e l'altro del ramo classico. Dovervi espellere, dover gettare sulle vostre famiglie il fango delle vostre azioni...-
    I due erano vistosamente impallidito.
    - Eppure, mi sono detto, ci deve essere un modo Fernand – continuò il preside parlando quasi a stesso con tono drammatico – un modo ci deve essere. Non tanto per aiutare i due depravati giovani sodomiti, ma per risparmiare una vergogna alla scuola e un'umiliazione a due rispettabili famiglie. Così, ragazzi, - proseguì tornando a rivolgersi a Marco e Florian – ho pensato alla mia giovinezza. So esattamente come padre Augustin avrebbe trattato una simile situazione. Lo so perfettamente – ripetè, guardando quasi sognante oltre i ragazzi – e ritengo che il suo metodo sia quello corretto. Preferite scoprirlo o volete invece che io applichi il regolamento come ve l'ho descritto prima?- chiese infine.
    Marco si sentiva la bocca impastata di saliva...si girò verso Florian e vide l'amico con gli occhi vitrei e l'aria terrorizzata. Decise lui per entrambi.
    -La prego, non dica nulla ai nostri genitori...e non ci espella...faccia tutto quello che vuole...-rispose Marco, implorante.
    -Molto bene, la scelta è vostra. Un buon castigo corporale sarà certamente sufficiente.- disse il preside sorridente.
    -Castigo...corporale?- riuscì a chiedere Florian.
    -Esatto. Sei mai stato sculacciato da piccolo, giovane Florian?-
    -No...-
    -Ne ero certo. I danni dell'educazione moderna...- disse il preside -Ma non tergiversiamo, la pesca mi attende. Potete mettervi sul mio divano là in fondo, in ginocchio, con il petto appoggiato contro lo schienale. - impartì le sue istruzioni, indicando il grande divano in pelle nera.
    Si avvicinò al divano, lì si sfilò la cintura.
    - Conterete insieme a me trenta colpi, ragazzi. -
    E l'inferno iniziò. Inesorabile il preside abbatteva la cinghia prima su uno e poi sull'altro di quei sederi, ogni tanto invertendo l'ordine per il gusto di non essere prevedibile. I ragazzi tra un gridolino e un gemito contarono trenta colpi.
    -Molto bene. Ora, togliete i pantaloni e restate in mutande.-
    -Cosa?- dissero i due all'unisono.
    -Avete capito. Altrimenti, possiamo sempre chiamare i vostri genitori.- rispose il signor Belisario inflessibile.
    Si tolsero i pantaloni.
    - Lo vedi, giovane Florian? Non è mai una buona idea andarsene in giro senza biancheria.- commentò allegro il preside notando la mancanza del francesino. - Ora altri trenta colpi...ma ci vuole dell'altro...- disse, e andando alla sua scrivania tornò con una bacchetta di legno.
    Questa volta anziché alternare i colpi scelse di darli tutti di seguito, prima a Marco e poi a Florian.
    La bacchetta sibilando si abbattè sulle muscolose chiappe di Marco con ritmo incalzante, lasciando piccoli e nitidi segni sopra il rossore provocato dai precedenti colpi di cintura. Pur senza scoppiare in lacrime, alla fine dei trenta colpi gli occhi di Marco erano pieni di lacrime.
    Invece Florian dopo dieci colpi iniziò a piangere, prima soffocando in singhiozzi e poi senza ritegno.
    Al termine i due erano provati da quell'assalto fisico che gli era capitano proprio in una mattinata che pensavano ben più piacevole.
    -Bene, ragazzi. E ora, visto che i vostri guai vengono dall'affetto reciproco, potete spogliarvi.-
    I due rassegnati ubbidirono.
    - Marco, stenditi sul divano a pancia in su. - ordinò. Quando il ragazzo, nudo, ebbe eseguito l'ordine, si rivolse a Florian. - Ora tu, sopra di lui, a pancia in giù.-
    I due si trovarono quindi a vedersi negli occhi mentre i rispettivi membri tornavano a contatto irrigidendosi, per ora impercettibilmente.
    Senza troppe cerimonie il preside iniziò a sculacciare a mani nude (per fortuna) il culo un tempo bianco di Florian. Il movimento causò lo sfregarsi tra i due piselli, che si ingrossarono sensibilmente: non era assente una certa eccitazione da umiliazione.
    Dopo un po' le posizioni furono scambiate, e Marco stava sopra...mentre sentiva il piacere salire, comprese dove li voleva portare il preside e, non riuscendo a guardare negli occhi l'amico, affondò la testa sul suo petto...dai suoi occhi uscivano lacrime, ma dopo un minuto circa dal suo cazzo uscì un fiume di sperma, in un piacere travolgente mai sentito prima, nemmeno da solo con Florian...Florian che a sua volta, avvertendo cos'accadeva a Marco non riuscì nemmeno lui a trattenersi ed esplose in un orgasmo accompagnato da un gemito lungo e stremato.
    Il preside torreggiava in piedi sopra di loro...attese che si fossero calmati e gli disse: - Spero che abbiate compreso il vostro errore. Ora tutto è finito. L'importante è aver appreso la lezione, ossia: non si deve andare nel laghetto delle trote. È severamente vietato. Per i vostri incontri, la scuola va benissimo. Darò ordine che dopo le nove di sera nessuno più sorvegli il vostro corridoio. Ed ora, mi scuso, ma devo andare a pesca. Buona giornata.-
    Nel silenzio attonito uscì.
    Marco guardo Florian, gli occhi pieni di lacrime.
    Nessuno più avrebbe sorvegliato il corridoio...
    Sorrisero.
    ****************
    - Conterete insieme a me trenta colpi, ragazzi. - Immagine dalla pagina tumblr "Traditional tutor".

    spank

    Edited by pallando01 - 25/1/2018, 21:15
     
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  2. lawliet yagami
     
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    bello, bello! *w* non ho parole...
    *emorragia nasale *w*
     
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  3. LiL ~
     
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    YEAH! Sex all the night *^*
    Uhm ma aspetta un attimo. Nei precedenti capitoli avevi citato un amico pittore, si tratta di Florian? D:
     
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  4. pallando01
     
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    ahahah! ragazzi, è incredibile...non sapete quanto piacere mi facciano cose come il vostro entusiasmo e l'attenzione con cui anche questi dettagli vengono notati...bravo LiL, ci hai azzeccato! per me poter scrivere questi racconti è molto importante, e confrontarmi con voi è proprio bello! mi pare quasi di conoscervi pian piano! tumblr_lx2sq3XYn41r9qu28o9_r1_250
     
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  5. gg83
     
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    fortissimo il preside! sei davvero bravo a scrivere complimenti continua così
     
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  6. skikkoso
     
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    molto interessante sapere dove arriverà lo zio aspetto il seguitooooooooooo
     
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  7. starhunter
     
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    *epistassi, copiosa epistassi*
    Il preside alla fine è stato clemente con i due, ha persino deciso di non far sorvegliare più il loro corridoio di notte (benchè sia una cosa che tutto sommato sembra quasi inverosimile!)
    Al prossimo capitolo :D
     
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  8. pallando01
     
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    siccome temo non avremo più il piacere di incontrare monsieur Fernand Belisario, il preside, volevo chiarire la sua posizione...che è effettivamente surreale ed è stata scelta per far sorridere, ma fino a un certo punto: il preside infatti, come forse qualcuno avrà letto fra le righe, ha ripensato al suo passato di studente, e ha finito per simpatizzare con gli studenti di cui...forse...a suo tempo condivise alcune modalità di relazione affettiva. Insomma, mi sono spiegato... blahblahmp0
     
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  9. gg83
     
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    si perfettamente, cmq rimane un'idea geniale di nuovo complimenti a quando il prossimo cap.?
     
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  10. starhunter
     
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    Oooh, comprendo comprendo u.u sì in effetti rileggendo ho capito anche io questa sua scelta, ora mi risulta più chiara :)
     
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  11. ~•Shira-chan•~
     
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    Wow...questa storia è stupenda! non ne avevo mai lette di così, complimenti per la scelta ^_^ inoltre sei molto bravo a scrivere, mi piace il tuo stile.
    Attendo con ansia il prossimo capitolo, sono proprio curiosa di sapere come continua XD
     
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  12. final fan
     
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    Complimenti, storia ottima, scritta molto bene e interessante...

    Mi sto appassionando sempre di più... vedremo il seguito ;)
     
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  13. kairy
     
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    Ma sei bravissimo a scrivere complimenti 'o' nn vedo l 'ora di leggere il seguito :happy: sbav lovely6kc
     
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  14. Cat_like
     
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    Molto interessante la storia e le situazioni descritte.
    E anche lo stile in cui é scritto é molto piacevole! ;)
    Continua così e complimenti! :)
     
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  15. pallando01
     
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    Capitolo quinto

    La storia si evolve, anche grazie al suggerimento prezioso di LiL. Questo episodio è un po' più lungo perchè per qualche giorno non potrò più proseguire, grazie agli esami universitari che attendono. Come sempre, mi fanno piacere i vostri commenti e mi sono utili eventuali suggerimenti. Grazie a chi mi legge e grazie mille volte a chi con le sue parole mi incoraggia a proseguire!

    Erano passati un paio di giorni dall'ultima punizione di Filippo: l'occhio si era sgonfiato e se la rissa era solo un ricordo, continuava però il regime che zio Marco aveva instaurato: abbigliamento stile ragazzino (ma un ragazzino con genitori crudeli) nel tempo libero a casa, visite al bagno sotto sorveglianza, mutandine assorbenti per la notte.
    Tuttavia Filippo aveva cercato di comportarsi il meglio possibile almeno per evitare peggioramenti e castighi fisici: negli ultimi giorni era stato depilato, sculacciato, si era fatto la pipì addosso, era stato masturbato dallo zio...insomma, non era il caso di peggiorare la situazione.
    In più, ed era questo il suo pensiero principale, era stato sgamato dal suo migliore amico, Gabriele, la mattina in cui a scuola aveva dovuto indossare delle mutandine di Hello Kitty: non aveva idea di cosa pensasse di lui l'amico, è stava facendo l'impossibile per evitarlo. Il che però era abbastanza difficile, se consideriamo che i due abitavano a fianco e che frequentavano la stessa scuola, anche se in sezioni diverse.
    Gabriele aveva provato a chiamarlo e a mandargli un paio di messaggi per sapere come andava, ma Filippo aveva scelto di ignorarlo, almeno fin quando non avesse pensato a una soluzione.

    Quel giorno, a pranzo, Marco disse a Filippo: - Visto che negli ultimi giorni ti sei comportato bene, ho pensato stasera di invitare a cena Gabriele. Mi sembrava anche il minimo dopo la storia della rissa in cui è stato coinvolto a causa tua.-
    -Eh? Gabriele a cena, stasera?- chiese Filippo, non molto contento dell'idea dello zio.
    -Sì, perchè? Non sei contento?-
    -No, no...è che...mi pare che Gabriele avesse un impegno stasera. - tentò di inventare il ragazzo.
    -Non credo: ho telefonato a sua madre stasera per chiederle se era d'accordo e mi ha detto che non c'erano problemi. - rispose Marco, sempre un passo avanti rispetto a Filippo. -Anzi, credo che l'abbia già detto a Gabriele. Fammi un piacere, quando hai finito di sparecchiare vai a casa loro, così ridai alla signora Liliana il frullatore che mi ha prestato la settimana scorsa e avvisi Gabriele di venire alle otto e mezzo.-
    Filippo era molto scocciato dalla piega che avevano preso gli avvenimenti, ma sapeva anche che a questo punto era inutile inventarsi altre scuse e che opporsi gli avrebbe anche fatto guadagnare qualche altra sculacciata.
    A questo punto la cosa migliore era provare a essere sincero, almeno in parte, con Gabriele e spiegargli che le mutandine erano una punizione di quel pazzo di suo zio...anzi, Filippo cominciava quasi a essere contento di avere qualcuno con cui confidarsi, visto che l'unica altra persona che gli risultava fosse al corrente delle trovate dello zio era sua madre, Angelica, che però appoggiava la strategia punitiva del fratello, stufa di anni di disastri da parte del figlio.
    Filippo però si chiedeva cosa avrebbe pensato il suo migliore amico di lui: l'avrebbe preso in giro, sarebbe rimasto schifato, gli avrebbe detto che si sarebbe dovuto opporre con più forza a quelle punizioni... In ogni caso, era inutile preoccuparsi: meglio affrontare subito il problema.
    Grato per il fatto che suo zio non l'avesse fatto cambiare in qualche stupido completino dei suoi, si avviò verso casa di Gabriele.

    Salutò la mamma dell'amico, che gli era venuta ad aprire la porta, e le restituì l'indispensabile frullatore. La signora Liliana era famosa in tutto il vicinato per i suoi capienti polmoni, in grado di immagazzinare tutto il fiato necessario per parlare a raffica senza interruzioni. In pochi istanti Filippo fu bombardato da una serie di osservazioni su quanto era bravo e in gamba suo zio, suo quanto sembrava maturato lui da quando viveva lì, su quei terribili ragazzi con cui si erano picchiati, sui tempi che cambiavano, sull'aumento del prezzo delle zucchine e sulla difficoltà di concimare la nuova pianta di rose regalata dalla cugina Rita.
    Riusciva appena ad annuire e a mormorare qualche assenso ogni sessanta parole circa, quando all'improvviso la signora Liliana, rinsavita momentaneamente, troncò la descrizione delle radiografie della collega caduta in bicicletta e concluse: -Ora che ci penso, le avevo detto che l'avrei chiamata per raccontarle le ultime novità! Scusa caro ma devo chiamarla prima che inizi Cento Vetrine: sali pure da Gabri, è di sopra.-

    Grato della libertà riottenuta, Filippo salì le scale ripetendosi mentalmente il discorso che si era preparato. Giunto di fronte alla camera dell'amico, trovò la porta aperta: si affacciò e esordì timido con un: -Ciao...posso entrare?-
    Gabriele era di spalle al computer: abbassò subito il monitor del portatile e si girò sorridendo: -To', guarda un po' chi ha deciso di riapparire. Vuoi dirmi che posso tranquillizzare la redazione di Chi l'ha visto? Dai entra.-
    Filippo avanzò e disse esitante: -Vedi, prima di tutto...riguardo a ciò che hai visto...l'altro giorno, quello che indossavo...-
    -Eri molto carino.- disse subito Gabriele, sorridendo.
    -Sì ma...- tentò di proseguire Filippo, arrossendo per la presa in giro – non sono io che ho voluto metterle, vedi...-
    -Allora – lo interruppe Gabriele prendendolo per il braccio e facendolo sedere sul letto di fronte a lui – dimmi un po', cos'altro di fa' quel cattivone di tuo zio?-
    -Ma...come fai a sapere?- chiese Filippo stupefatto.
    Gabriele rispose: -L'altra sera era uscito un po' in giardino per scappare alle chiacchiere di mia madre che aveva invitato le sue amiche a vedere l'ultima puntata di Desperate Housewives. Me ne stavo a guardare un attimo il cielo pregando che mandasse un meteorite in salotto, quando sento gridare da casa di tuo zio...ed era la tua voce. Sai che la finestra del vostro soggiorno è rivolta verso il mio giardino: la tenda era socchiusa e...ho visto tuo zio che te le dava. In più ti vedevo strano il giorno dopo, perciò quando ho visto quelle mutandine di Hello Kitty il pomeriggio in cui facevamo i compiti insieme, ho pensato che era più facile che fosse qualche strana punizione piuttosto che un tuo cambiamento di gusti in fatto di intimo...mi sono sbagliato?-
    Filippo non poteva crederci: Gabriele l'aveva visto sculacciato da suo zio. E chissà, magari l'aveva visto anche mentre lo masturbava?
    -Dai, non fare quella faccia...- gli disse Gabriele, mettendogli una mano sul ginocchio. -Non è mica che questo rovina la nostra amicizia, anzi...-
    Si avvicinò a Filippo, entrando decisamente nei limiti del suo spazio vitale.
    Filippo non si era mai accorto di come fosse bella la bocca di Gabriele. E di quanto rosse fossero quelle labbra.
    All'improvviso si trovò direttamente a specchiarsi negli occhi di Gabriele, mentre il suo amico lo baciava appassionatamente facendogli perdere il fiato. Non riusciva nemmeno a capire più quale lingua fosse sua e quale di Gabri.
    Gabriele si staccò dopo un tempo che poteva essere lunghissimo per le sensazioni provate, ma che era in realtà stato abbastanza fugace. Staccandosi però spostò la mano dal ginocchio al pisello di Filippo, che strizzò amichevolmente.
    -Te l'ho già detto che eri carino con quelle mutandine?- chiese con un sorriso a Filippo.
    Filippo arrossì, per le parole, il bacio e il tocco dell'amico: e non sapeva nemmeno quale precisamente tra quelle tre cose gli stava procurando la furiosa erezione che anche Gabriele doveva percepire.
    Poi Gabriele tolse la mano e gli disse: -Ora vai, che se fai tardi chissà tuo zio cosa ti combina. Ci vediamo a cena allora, otto e mezza-
    Filippo, ancora col viso in fiamme, annuì e scappò via senza dire praticamente altro.

    Alle cinque, Marco chiamò Filippo per farsi aiutare a dare una sistemata per la cena. Filippo purtroppo era piuttosto distratto: Marco dovette sgridarlo un paio di volte per la sua svagatezza, e come se questo non fosse bastato, apparecchiando e facendo su e giù, Filippo riuscì a far cadere un vaso di porcellana dal mobiletto del soggiorno.
    Marco arrivò dalla cucina, sentendo il rumore, e, nervoso, disse al nipote: -Possibile che invece di aiutarmi combini sempre guai? Insomma, Filippo! Non puoi stare attendo nemmeno una volta? Ora le prendi!-
    -Ma zio! - guaì praticamente Filippo – Non l'ho mica fatto apposta! Dai...-
    -Dai un corno! Ci mancherebbe anche che mi distruggessi la casa apposta. Caro mio, chi rompe paga. Dai che non ho tempo, mettiti subito a culo nudo sul divano, e muoviti o raddoppia la punizione.-
    Sicchè Filippo si ritrovò per l'ennesima volta col suo bel culetto esposto alla furia educativa di zio Marco. Marco però era di fretta, con una cena da preparare: senza perdere tempo prese il battipanni dal ripostiglio e provvide ad assestare una trentina di colpi circa sul posteriore di Filippo, facendo in modo di non trascurare alcun punto di quella appetitosa massa carnosa.
    Finiti i colpi, dopo essere riuscito a trarre qualche gridolino di dolore al nipote, gli passo una mano prima sul sedere bello caldo, e poi percorse il perineo e lo scroto di Filippo.
    -Bene, i peli non stanno ancora ricrescendo. Credo che abbiamo un decina di giorni prima di raderti di nuovo. Smettila di eccitarti, sporcaccione. - lo rimproverò, tastando la sua erezione.
    Poi lo accompagnò di sopra, dove nella stanza con l'armadio dei “vestiti speciali” tirò fuori la mise che il povero Filippo avrebbe indossato quella sera: delle scarpe nere di vernice lucida con la cinghia di cuoio alla caviglia e la fibbia argentata, dei lunghi calzini bianchi fino al ginocchio, un paio di calzoncini cortissimi in velluto turchese e una polo abbinata.
    -Ma che sciocco,mi stavo dimenticando della biancheria.- disse poi Marco, ignorando deliberatamente la contrariatissima espressione di Filippo. - Ecco, qui ci sono le tue mutandine. Mi pare che siamo a posto. Filippo: togliti quell'aria scocciata. A parte che starai benissimo, ma se ti azzardi a tenere il muso ti metto il completino da piccolo cow-boy- minacciò, indicandogli l'armadio.
    -Su, ora vestiti e poi finisci i compiti in camera tua. Scenderai quando arriva Gabriele. Io cucino intanto.- concluse Marco, lasciando Filippo non solo di umore nero, ma anche costretto a mascherare il suo vero stato d'animo per non peggiorare la situazione ancora di più.
    Era appena riuscito a farsi baciare da Gabriele, e ora doveva vederlo vestito così? “Un momento” pensò “in che senso riuscito a farmi baciare?” Ma la domanda non aveva ragion d'essere: la realtà, che però lo stesso Filippo stava scoprendo in quel momento, era che a lui Gabriele era sempre piaciuto, e da matti: forse era per quello che pur essendo un ragazzo molto carino non aveva mai trovato una ragazza con cui gli sembrasse valesse la pena di stare più di un mese.
    Si vestì e, con gli odiosi capi d'abbigliamento scelsi dallo zio, si guardò allo specchio: vide una specie di bambino di otto-nove anni in tenuta quasi da marinaretto col corpo però di un adolescente!
    Si sentiva davvero ridicolo specialmente guardando le gambe lunghe e affusolate, evidenziate dai calzini bianchi e dai calzoncini...calzoncini che fra l'altro non solo gli erano così stretti da evidenziargli il sedere molto più di quanto avrebbe gradito, ma che bastavano appena appena ad arrivare all'inizio delle cosce, lasciandone gran parte in bella vista.
    Vuoi per il ricordo del bacio di Gabriele, vuoi per la sua immagine allo specchio, sentì ancora una volta l'uccello ingrossarsi. Furioso per quell'erezione, assurda almeno quanto la situazione in sé, si avviò in camera. E come l'avrebbe studiato Kant in quelle condizioni?

    Alle otto e venticinque, Filippo sentì suonare la porta. Scese, ancora furioso per l'abbigliamento a cui era costretto, e vide Gabriele che, da perfetto bravo ragazzo, porgeva a zio Marco una crostata di fragole mandata da sua madre. Tanto assurdo era l'abbigliamento di Filippo quanto appropriato quello di Gabriele: scarpe da ginnastica nuove, un bel paio di jeans, una camicia rossa e un cardigan nero. Filippo si sentì ancora più ridicolo.
    - Vieni, Filippo, non fare il timido. Saluta pure il tuo amico. Stavo spiegando a Gabriele le novità – gli disse Marco. - Vedi, Gabriele, visto il comportamento disgraziato di mio nipote, che tu ben avrai notato negli ultimi mesi, mi sono trovato costretto a punirlo. Non sto a raccontarti ora i dettagli, ma sappi che in casa lui non è un ragazzo di diciassette anni ai miei occhi, bensì un bambino più piccolo, da trattare come tale. Non ho niente in contrario alla vostra amicizia, anzi, trovo che per lui tu sia una bella figura d'esempio, e sono contento se, salvo punizioni, vi frequentate a scuola e nel tempo libero: ma qui in casa prego anche te di trattarlo per il monello che è.-
    Filippo si sentiva sprofondare.
    -Certo, capisco benissimo- rispose Gabriele, con aria matura ma allo stesso tempo sorridendo impercettibilmente.
    -Ora aspettami, porto qualcosa da bere mentre la pasta finisce di cuocersi – gli disse Marco, avviandosi in cucina.
    Un silenzio pesante scese in salotto.
    -Sai, non voglio che tu sia imbarazzato...tuo zio ti vuole bene, e trovo che faccia bene a metterti in riga prima che sia troppo tardi. E poi, ricorda, con me non devi vergognarti di nulla. - disse Gabriele a Filippo, che aveva le idee davvero confuse a questo punto della serata.
    Marco rientrò: sul vassoio aveva due bicchieri di vino, destinati evidentemente a lui e Gabriele, e un bicchiere di aranciata, lasciato a Gabriele senza troppe cerimonie.
    Poi, la cena iniziò.
    In breve fu chiarito che Filippo non doveva nemmeno sognarsi di interrompere i “grandi” a tavola: in pratica fu tagliato fuori dalla conversazione, visto che i bambini, diceva Marco “andrebbero visti e non sentiti”. Essendo Gabriele un ragazzo molto colto per via dei suoi tanti interessi, i due parlavano di attualità, libri, teatro e musica, mentre Filippo non era proprio considerato se non per degli occasionali rimproveri dello zio sul modo di stare seduto, di mangiare, di comportarsi, eccetera.

    Dopo il primo, arrivò il secondo: un ottimo arrosto accompagnato dagli spinaci cotti.
    Filippo da sempre odiava gli spinaci: mangiò la carne e li lasciò da parte nel piatto.
    Dopo un po' Marco lo guardò e chiese: - Beh? Che c'è, non li mangi gli spinaci?-
    -No, zio, non mi vanno grazie.-
    -”Non mi vanno, grazie”?- ripetè scocciato lo zio – Dove pensi di essere? In questa casa si mangia tutto quello che c'è nel piatto.-
    -Dai Filippo, guarda che sono buoni gli spinaci, e ti fanno anche bene. - si mise in mezzo Gabriele, con aria fastidiosamente adulta.
    Filippo, già arrabbiato per essere stato escluso per tutta la serata e ancora di più per l'atteggiamento di Gabriele, rispose: - Ma a me invece fanno schifo, quindi non li mangio – con il tono petulante proprio del bambino capriccioso che non voleva sembrare.
    Un lampò passò negli occhi di Marco. -Lo vedi? Cosa devo fare con lui? Quand'è che imparerà l'educazione?- disse Marco. All'istante, prese Filippo per un orecchio e lo trascinò verso il salotto. -Vieni pure, Gabriele, ora ti faccio vedere come si puniscono questi bambini viziati.-

    Una serie di implorazioni e lamentele da parte di Filippo, semplicemente terrorizzato da quello che stava per capitare, per lo più davanti a Gabriele, non impedì a suo zio di trascinarlo fino al divano dove se lo mise in grembo.
    Marco invitò Gabriele ad accomodarsi nella poltrona di fronte e, abbassati i calzoncini, cominciò a dargliele di santa ragione.
    Filippo si dimenava, pensando a un tratto che Gabriele doveva aver visto anche le mutandine assorbenti e morendo letteralmente dall'imbarazzo. Poi suo zio dopo una decina di minuti gli abbassò anche le mutandine, girandolo tra l'altro così che casualmente dalla poltrona Gabriele potesse vedere anche le palle e il pene, il tutto depilato e rivolto all'indietro. Ad ogni modo, presto il dolore ebbe la meglio sull'imbarazzo e a Filippo non restò nulla da fare se non piangere e implorare lo zio di fermarsi. Quando questo avvenne, il ragazzo di diciassette anni offriva all'amico un ritratto piuttosto miserevole, con le guance rigate di lacrime e il moccio al naso.
    Suo zio lo rivestì bruscamente e, con uno scapellotto sul sedere, gli ordinò di tornare al suo posto, finire gli spinaci e non azzardarsi a fare nient'altro di male.
    Filippo a testa bassa fece quanto detto, dovendo anche sentire i commenti sull'educazione che suo zio rivolgeva a Gabriele, che naturalmente prima non si era perso un istante dello spettacolo.
    Filippo fra l'altro aveva bevuto molto, e non andava in bagno dalle quattro e mezza: prima non aveva parlato perchè non voleva chiedere a suo zio di accompagnarlo in bagno alla presenza di Gabriele, e ora temeva di prenderle se li avesse interrotti.
    Cercò timidamente di richiamare l'attenzione dello zio.
    -Basta Filippo, niente capricci o le prendi di nuovo.-
    Dopo un po' fu costretto a stringere le gambe per tenerla, e si mise inavvertitamente la mano sulla mutandina a premere il pisello.
    Suo zio notò il movimento e sorrise.
    Venne il momento del dolce: a Filippo non fu dato, facendogli notare che non lo meritava essendo stato cattivo. In realtà lui nemmeno ci pensava, ma poi Marco gli mise anche un bicchiere di latte davanti, ordinandogli di berlo tutto con un tono severo che non ammetteva repliche.
    Filippo suo malgrado ubbidì, cercando di concentrarsi per scampare all'inevitabile.
    Ma quando Marco si alzò e aprì l'acqua del rubinetto per riempire il lavandino e lavare i piatti (scelta fatta nonostante in casa non mancasse una lavastoviglie), Filippo resistette ancora pochi attimi e poi sentì che non ce la faceva: iniziare e fare pipì e piangere fu per lui una cosa sola.
    Sentì prima come un ruscelletto farsi largo verso lo scroto e riscaldarlo, poi si tramutò in un torrente che gli bagnò tutto il sedere e, come un fiume senza fine, inondò le mutandine che, non potendo più assorbire una goccia, fecero uscire la pipì, che cadde a terra.
    Quando iniziò a piangere e singhiozzare, zio Marco si voltò verso di lui e gli disse: - Che c'è ora? Santo cielo, non ci credo! Di nuovo la pipì addosso! Ma è la seconda volta in pochi giorni! Cosa devo fare con te? Potevi dirlo! - lo sbeffeggiò.
    Filippo continuava a piangere per la vergogna, e sentì suo zio dire a Gabriele di aspettarlo di sotto.
    Senza neanche rendersene conto da quanto piangeva, si ritrovò lavato nel bidè dalle mani dello zio che non smetteva di rimproverarlo per non saper trattenersi. Poi fu spogliato, cosparso di talco e questa volta venne messo in un pannolino per adulti, con sopra una mutandina di plastica trasparente. - Spero di trovare il pannolino asciutto domani mattina! Io e te faremo un bel discorsetto domani, sul tuo comportamento di questa serata- disse Marco -Tieni, visto che sei un bimbetto, puoi dormire con il cuccio.- Concluse, e se ne andò.
    Dopo cinque minuti, Filippo, a letto, si era calmato un po' e stava concentrando le sue sensazioni su quella calda massa che sentiva fra le gambe. Percepiva il pannolino tiepido e accogliente, raccolto intorno ai suoi genitali, da poco depilati. Mise la mano sul rigonfiamento che sentiva e inziò a massaggiarselo...
    Fu così che non sentì aprirsi la porta della sua stanza e qualcuno che piano piano si avvicinava. Una voce lo fece fermare e riaprire gli occhi: - Insomma, cucciolo, sei cattivo anche dopo tutto quello che hai combinato. - Gli disse Gabriele, accostato al suo letto. - Non lo sai che non bisogna giocare con se stessi laggiù? Non toglierti il ciuccio, non serve che tu risponda- così dicendo mise la mano sotto le coperte – Sentiamo un po'...ma questo è un pannolino! Beh, lo zio ha fatto la cosa giusta: se ti fai ancora la pipì addosso, un pannolino è quello che ti ci vuole. Sculacciato, senza peli...con le mutandine fradice di pipì: non solo sei un bambino, ma anche molto cattivo. Eppure, una coccola prima di dormire te la farei...- così dicendo infilò la mano nelle mutandine di plastica e iniziò a massaggiare a sua volta il cazzo di Filippo, già dritto...vedendolo iniziare a succhiare il ciuccio, glielo tolse e lo sostituì col suo dito – Succhialo, succhialo, Filippo! Ciuccialo mentre ti tocco la sotto, sei eccitato eh? Sento che presto farai un po' di cremina nel pannolino...pensa a quante sculacciate, pannolini e vestitini ti aspettano ancora, eh? -
    Mentre diceva così, Filippo non ce la fece più: si sentì esplodere in un orgasmo insostenibile.
    Gabriele gli diede il tempo di riprendere un respiro normale, poi tolse il dito, rimise il ciuccio e gli dice: -Spero che tu diventi più buono, piccolo. Ma prima di allora, ci divertiremo ancora insieme...Buonanotte!- e con un bacio sulla fronte, lo lasciò.

    *************************************
    "Percepiva il pannolino tiepido e accogliente". Immagine da cushypen.com.
    ag_sissy_1

    Edited by pallando01 - 25/1/2018, 21:17
     
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